La denuncia di Luciano Spalletti sulla questione tifo al Maradona, al termine di Milan Napoli di Champions League, è di una portata straordinaria. Degna del miglior comunicatore che abbia mai presieduto il complicato ministero della panchina azzurra.

Ha mostrato coraggio Luciano. Nessun giro di parole. Anzi. Ci ha messo faccia e corpo. Un ultimatum a Napoli, chiaro e definitivo. Non si torna più indietro. E proprio in queste ore, inizia a produrre i suoi effetti con un avvicinamento che sa di storia tra club e Ultras, la cui lettura meriterebbe un approfondimento a parte. Ma ora, occhio di bue su Spalletti.

Troppa grazia

Troppa grazia. Perché il mister è l'ultimo che in questa vicenda avrebbe dovuto pagare, anche se il conto fosse stata una risposta democristiana a una domanda sul caso. In estate, i suoi dubbi sulla permanenza erano concreti. Le uova al bus della squadra, rea di aver lottato per lo scudetto fino alla ventisettesima giornata per poi qualificarsi "solo" per l'Europa che conta, lo avevano ferito oltre misura. Magari si è fatto una risata leggendo l'invito ad andarsene da Napoli, previa restituzione Panda. Ma sarà stata sicuramente amara.

"Chi usa il calcio per fare casini, deve restare fuori", tuonò nelle ore successive agli scontri tra Ultras romani e napoletani sulla A1. Un atto criminale, quello, che è costato la possibilità, per tutti, di seguire la squadra in trasferta nei due mesi successivi. I più caldi della stagione. A differenza delle giustificazioni alle quali oggi goffamente ci si aggrappa, Badia al Pino non ha inneschi esterni al mondo dei gruppi organizzati che, in quell'occasione, hanno scelto per tutti, sacrificando la squadra sull'altare dei conti in sospeso tra bande.

Tutto quello che viene dopo, non può essere raccontato senza tali premesse. E abbiamo evitato di posizionare lo start di questa vicenda in tempi ancora più remoti. Per non spostare troppo l'attenzione. Ma assicuriamo i lettori che le origini di tale eutanasia della passione risalgono all'estate 2007: presentazione di Hamsik e Lavezzi.

La Panda tenetevela, me ne vado lo stesso

"Quello che è accaduto al Maradona, in campionato, contro il Milan, me lo porterò dentro per tutta la vita". Il dolore di Spalletti è già definitivo. Cicatrizzato. L'elaborazione del lutto è già avvenuta. Il futuro del mister è lontano da Napoli e crediamo che stia contando i giorni che lo separano dalle sue innocenti paperelle, nei luoghi in cui il suo calcio resta idealizzato e non rischia mai di sporcarsi con il fango che producono i mortali.

Ma l'occasione che il destino gli sta riservando, Luciano vuole sfruttarla come si deve. Dando tutto e anche di più. Perché la storia passa oggi. E non fa fermate. Sessantaquattro primavere gli sono bastate per capire come funziona la vita. Napoli resterà Napoli anche dopo di lui. La sua non è di certo presunzione di credere che possano cambiare le cose. E forse neanche gli interessa. Per Luciano, Napoli insieme a tutte le sue contraddizioni smetteranno di esistere fra poco meno di due mesi. Gli resteranno i successi e i suoi ragazzi che ama definire sensibili: un aggettivo che nel calcio moderno sembra più un insulto, ma al quale lui riesce a donare un'accezione nobile e romantica.

Due mesi per prendersi tutto quello che può e poi scappare via, lasciando nella sua stanza d'albergo i ricordi spiacevoli e riempiendo la valigia con la pace nell'anima di chi non ha cambiato il mondo, ma solo il suo destino.


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