Negli ultimi giorni sta venendo a galla, come fosse escrezione animale, una teoria piuttosto singolare e sicuramente fantasiosa. Quell'idea secondo cui i colpevoli dovrebbero essere riabilitati in un meccanismo che porterebbe vantaggi a tutto il sistema; a quel modello che in realtà è stato penalizzato da mosse spregiudicate che sono state ritenute fraudolente. I 15 punti di afflizione comminati alla Juventus dopo la riapertura del processo plusvalenze - in prima battuta chiuso con un non luogo a procedere, e riconsiderato dopo le schiaccianti prove contenute nel castello accusatorio raccolto dalla procura di Torino - hanno fatto sì che nascesse questa sorta di movimento trasversale composto da alcuni giornalisti che si stanno facendo megafono di certi interessi. Tanti professionisti mediatici coinvolti. Anzi, troppi.

Ormai è chiaro che ciò che è stato stabilito qualche settimana fa dalla Corte della FIGC (che ha quasi raddoppiato le richieste di Chinè, tanto era viscoso il fluido emerso dalle carte) può essere soltanto la punta di un iceberg giuridico. C'è un altro processo che potrebbe essere ben più serio, dall’andamento maggiormente tellurico e decisamente più devastante nelle macerie che nel caso lascerà: l'indagine sull'accordo sottobanco tra calciatori e dirigenti della Juventus per non pagare delle mensilità che poi sarebbero state elargite in maniera “non convenzionale” e, pare, non regolare.

In questo nuovo filone sono coinvolti, appunto, i player, ma rientrano anche altre figure. Come ad esempio Maurizio Sarri, il quale, ieri sera, con grande nonchalance - a margine della partita dei quarti di finale di Coppa Italia che ha visto la sua Lazio uscire sconfitta dal terreno dello Juventus Stadium - ha detto che, in quanto all’epoca tesserato, ha semplicemente fatto un favore al club nell'accettare un accordo che tanto limpido ora non appare. Dal mondo bianconero molti hanno letto queste dichiarazioni come un atto d'amore del tecnico toscano nei confronti della Vecchia Signora. In realtà le cose stanno un tantino diversamente: quello di Sarri è un atto di pubblica accusa. O, per meglio dire, è una manifesta ammissione del fatto che ci sia stata una trattativa. Roba da "bazarioti" più che da professionisti del pallone.

Scudetti veri spacciati per falsi storici

In base a quanto sta emergendo sull'affaire mensilità è lecito pensare che alcuni risultati sportivi possano finire nell'occhio del ciclone. Ed è proprio il campionato 2019-2020 quello sul quale insistono le procedure atipiche di cui abbiamo scritto poc'anzi. In quella stagione la Juventus ha vinto il suo ultimo scudetto. In sella c'era Sarri Maurizio, il tecnico che ieri ha praticamente ratificato che il club ha richiesto ai suoi tesserati una sorta di favore ma che, secondo ciò che filtra dalle indagini, sarebbe stato ricambiato con un passaggio di danaro avvenuto senza la benedizione delle norme.

E con questo veniamo al punto nodale: qualche giornalista ha parlato di ennesimo scudetto di cartone nel caso in cui la giustizia sportiva sovvertisse il verdetto del campo. Secondo questi professionisti della penna - o della tastiera, dipende da come usano svolgere le loro mansioni - uno scudetto eventualmente revocato da un illecito commesso non avrebbe i crismi della validità morale.

Sorge un dubbio: andando a ritroso nel tempo, e si dovessero ipoteticamente evidenziare altre condotte "ballerine", perché ogni società frodata da una pratica illecita non dovrebbe chiedere – ed ottenere – risarcimento per il maltolto? Perché di questo parliamo: se dovessero essere verificate le responsabilità della Juventus nella trattativa con i calciatori e con altri tesserati, allora sarebbe lecito riassegnare quel tricolore. Quello che qualcuno, con una provocazione puerile e pure parecchio stupida, definisce “scudetto di cartone”, sarebbe invece un titolo lecito e pulitissimo.

Ma non finisce qua: nelle ultime ore siamo assistendo ad un altro sport, ancora una volta giocato da certi professionisti mediatici. Alludiamo all'idea secondo cui la penalità della Juventus - e con questo ritorniamo al processo in essere, quello che ha determinato il meno 15 - generi un sistema debole perché affligge la società più ricca che darebbe (darebbe, ribadiamo) lustro al movimento intero. In soldoni, la tesi è la seguente: questi teorici del nulla pretendono che il club piemontese sia sollevato dalle sue responsabilità - comprovate nel primo grado di giudizio – e risarcito dei punti sottratti. Ciò col fine di rendere il campionato, udite udite, credibile. Siamo al paradosso, alla farsa, alla commedia delle miserie umane: un club che ha aggirato le norme deve essere salvato, sollevato e rivalutato per rendere credibile un sistema che con un modo di agire dissoluto è reso poco credibile dal reo che diventa magicamente vittima. Qua ci sono gli estremi per l'internamento coatto.

A questo coro composto da troppi autoreferenziali professionisti si è aggiunto anche qualche esponente politico. Il ministro per lo sport Andrea Abodi ha alluso ad una Juve troppo afflitta perché non era sola nell'oscura manovra: “il sistema calcio deve farsi un profondo esame di coscienza. Certe cose non si fanno da soli. I tecnicismi vanno spiegati anche all’opinione pubblica, che deve comprendere. Il rischio, è di mettere la questione sul piano di una partita di calcio dove c’è chi non capisce, ma si lamenta”.

La politica che ingerisce per ristabilire lo status quo ante bellum nonostante sentenze provate? Pare di sì a leggere le parole del collega di governo del suddetto capo dicastero che di lavoro fa il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché vicepremier, ma che nella vita sembra essere il più classico dei “petrusino ogne menesta” considerando la sua propensione a mettere becco in ogni questione nazionale. Dal cibo al pallone, passando per l'arte, la musica, il cinema, la radio, il taglio e cucito e chissà in quante altre realtà c'è la firma di Matteo Salvini: “Da tifoso milanista, non sono difensore della Juventus – ha spiegato l'onorevole lombardo - mi è sembrato strano che in un sistema dove pare che tanti, se non tutti, hanno usato certi metodi, sia solo contro la Juve che si sia intervenuto a gamba tesa". Che tenera consonanza amorevole tra maglie a strisce.

Serie A: cocchi di mamma e poveri calimeri

In realtà l'unica politica che si osserva è quella tipica cisalpina dei figli e dei figliastri. Ieri è andata deserta l'assemblea degli azionisti della Sampdoria, società che versa in condizioni che definire disastrose è un eufemismo. Ferrero, il presidente, non si è dato alla macchia. Servono immediatamente undici milioni, una cifra che va trovata entro e non oltre il 16 febbraio per regolare gli stipendi altrimenti scatteranno i punti di penalizzazione in classifica. In realtà quest’ultimi potrebbero essere due, per iniziare un processo ben più grave che, a cascata, potrebbe produrne altri, fino a costruire penalità molto debilitanti e che renderebbero ancora più nera la classifica agonizzante del club genovese.

Nulla di anomalo se leggiamo le regole. In questo caso non si osservano difese d'ufficio né astruse teorie in favore di Ferrero e del club. Nessun giornalista sta pensando che bisogna archiviare la pratica come se nulla fosse accaduto. L'indicazione che si registra, pertanto, è chiara e lineare: i soldi vincono sullo sport. Quindi si possono condurre in maniera libertina alcune operazioni finanziarie perché c'è l'alibi morale del sistema che deve reggersi. Se a farlo è la squadra più potente. Se, di converso, a muoversi nel cono d'ombra sono la Samp, il Chievo o qualsiasi altra società di seconda e terza fascia, nessuno si agita dai giornali amici nelle cui redazioni sono appesi vessilli e sciarpe di colori ben riconoscibili.

Il sistema Serie A vive tranquillamente senza certe compagini. Questa è l'idea che in certi ambienti viene sponsorizzata ed offerta ad un pubblico troppo tifoso per capire il danno culturale che si sta perpetrando. Ma in realtà quello che non si è compreso è che il modello sta implodendo. proprio perché si è permesso alla squadra più rappresentativa di comportarsi in maniera finanziariamente dissoluta. E non lo dice chi scrive, lo affermano le sentenze che, sia chiaro, possono essere ribaltate nei successivi gradi di giudizio. Verdetti che, però, attualmente decretano che la più conosciuta ed influente delle squadre del calcio italiano, tra le più importanti in Europa, è stata penalizzata per una condotta errata.

Questo modo di operare va condannato, non giustificato in nome di una presunta e più alta ragion di stato. Questi giornalisti di plastica che parlano di scudetto di cartone dovrebbero pensare a raccontare il vero piuttosto che accontentare i potentati di turno. Comprendiamo che, bene o male, un piatto a tavola bisogna pur metterlo, ma nella vita si campa anche di integrità morale. E professionale.