Se Mino Taveri viene allontanato dalla tribuna stampa del Bernabeu perché in segno di protesta sventola una banconota da cinquanta euro, dopo il rigore fischiato al Real Madrid per fallo di Benatia su Vasquez o se Marocchi si eccita per una vittoria sofferta contro il Verona della sua Juventus in diretta Sky, allora Lele Adani può anche avere un orgasmo quando Leo Messi decide di scrivere la storia con il suo sinistro, a Qatar 2022. A un metro da Bizzotto.

Ci sembra un buon compromesso.

Non c'è grande evento, senza una narrazione eccessiva

Cosa sarebbero state le imprese di Valentino se invece che dal "Rossi c'è!" di Guido Meda, fossero state accompagnate da un laconico "Valentino Rossi ha vinto" di un Alberto Rimedio qualunque?

Stesso quesito per la pallacanestro senza l'inconfondibile voce dall'accento americano di Dan Peterson, che sul finire degli anni ottanta diventa sinonimo di Nba per intere generazioni, il primo a raccontare agli italiani il basket a stelle e strisce, le cui espressioni colorite sono rimaste nel cuore di milioni di appassionati, una su tutte: "Mamma, butta la pasta", modo per dire che il finale della partita era ormai scontato. Fu una specie di folgorazione per il pubblico italiano, travolto dai mille aneddoti e dalle curiose cantilene che il commentatore americano snocciolava in gran quantità durante le sue cronache.

Volendo cambiare sport, ci viene in mente anche e soprattutto l'epopea dei fratelli Abbagnale accompagnati dalla telecronaca iconica del compianto Giampiero Galeazzi che, rauco, innalzava a evento storico una medaglia d'oro vinta in uno sport sicuramente non considerato nazional popolare, almeno fino a quel momento.

Salvate il soldato Adani

In realtà il problema è di Adani, confinato ad essere solo la seconda voce. O meglio, la seconda voce di Stefano Bizzotto, che per quanto professionale e preparato sia, rappresenta pur sempre il prototipo del telecronista secchione cresciuto da Mamma Rai. Troppa differenza tra i due. E questo accentua ancor di più l'entusiasmo del leader carismatico dell'opposizione allegriana per eccellenza di questo paese, creando la percezione che essa sconfini nel fanatismo, che non per forza, però, dev'essere inteso come un valore negativo.

Il calcio in Italia è malato. Da solo non si basta più. Occorre una narrazione che stimoli la fantasia dell'utente finale: il tifoso. Occorre uno shock. E Adani lo è. Un'esagerazione sudamericana. Fatta di mistica e magia. Un racconto appassionato, goliardico, studiato non tanto nella forma, ma nei contenuti. Il successo, in fondo, è sotto gli occhi di tutti e si manifesta con le critiche che l'ex Inter si sta tirando addosso.

La credibilità si ottiene anche tramite prese di posizione trasparenti, quasi sfacciate, che non si mascherano dietro il bigottismo e le frasi fatte dei salotti tv intrisi di una latente faziosità. Il calcio è di tutti. Non solo di chi ne detiene il potere economico e detta l'agenda ai media o, nel peggiore dei casi, decide epurazioni come quelle eccellenti di Maurizio Pistocchi e Paolo Ziliani a Mediaset per imporre i vari Giuseppe Cruciani.

La Rai non si tiri indietro, non abbia paura. Salvi il soldato Adani.