Otto anni prima dell'urlo, la definizione del Genio.

L’impresa sportiva più grande di tutti i tempi. Stadio Atzeca, Città del Messico. La mano de Dios, che solo Lui poteva pensare. Perché "non si ruba ai ladri". Perché bisogna aver vissuto l'orrore della guerra, direttamente o indirettamente, per capire il gesto più discusso della storia calcistica.

Chi giudica non sa, non può sapere. Non conosce la vita e le sue mille sfaccettature. Ma Diego Armando Maradona, spinto dalla testa, con il cuore che batteva per tutti i morti ammazzati, decise di fare di più.

Raccontare quei secondi è impossibile. E comunque, meglio del telecronista Victor Hugo Morales, non si può fare. Le gesta, la corsa, i tocchi più memorabili di ogni tempo. Proprio agli inglesi. Solo a loro poteva farlo e solo a loro lo fece.

Ci stava riuscendo anni prima, in modo quasi uguale, ma decise di non saltare il portiere. Poco male. Dio scelse un'altra data e bene fece. Perché in un quarto di finale di un Mondiale il sapore è diverso.

Si fermò il tempo. Nulla fu più come prima. Saltò il mondo. Un minuto ragazzo argentino aveva messo la Terra in ginocchio. Nel modo più incredibile.

Da quel 22 giugno del 1986 ogni cosa legata al Calcio non ha più senso, se paragonata a quei pochi minuti. Dalla mano di Dio al Gol del secolo. Quella gara decretò, ove mai ce ne fosse stato ancora bisogno, Maradona come il più grande di sempre. Nei secoli dei secoli. Era troppo per tutti noi.

Aquilone cosmico, da che pianeta sei venuto?

Victor Hugo Morales
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