Venerdì 20 gennaio la Corte d’appello Figc si unirà per decidere se le nuove prove, prodotte dall’attività investigativa della Procura di Torino, daranno seguito alla istanza di revocazione presentata dalla procura federale, portando di fatto alla riapertura del processo d’appello sulle plusvalenze che in primavera aveva visto assolti tutti i club coinvolti.

Nel caso di via libera a procedere si arriverà al dibattimento vero e proprio, con alla sbarra 52 dirigenti e i 9 club presenti nelle carte che i magistrati torinesi hanno inviato alla Federazione – oltre alla Juventus anche Sampdoria, Empoli, Parma Genoa, Pisa, Pescara, Novara e Pro Vercelli - accusati a vario titolo per operazioni di compravendita il cui unico scopo era quello di generare plusvalenze fittizie, andando di fatto anche ad incrinare, attraverso questo rapporto di connivenza, il valore di lealtà sportiva sul quale il calcio dovrebbe poggiarsi.

Il Napoli, assolto in appello, non sarà coinvolto da questo nuovo procedimento, in quanto quello di Aurelio De Laurentiis non è uno dei club coinvolti nell’ inchiesta Prisma. Inchiesta che oltre alle plusvalenze, tende a far luce su tutta una serie di operazioni finanziarie che hanno portato al rinvio a giudizio di 12 alti dirigenti bianconeri, tra i quali spicca il nome di Andrea Agnelli che il 28 novembre scorso ha rassegnato le dimissioni dal CDA della Juventus, lasciando la carica di presidente.

Dopo Calciopoli, dunque, un altro terremoto si appresta a scuotere il calcio italiano dalle fondamenta, ritrovando nell’epicentro dello scandalo il club di proprietà dell’impero Exor.

Lo stesso Stefano Bertola, direttore finanziario del club, in una intercettazione parla di “situazione veramente complicata” e di come, con un richiamo all’inchiesta del 2006, questa volta se la siano cercata da soli, attraverso una serie di misure correttive, illegali secondo la Procura, al punto da concretizzare un’ipotesi di frode nei confronti degli azionisti.

Durante una delle perquisizioni gli agenti delle GDF hanno rinvenuto in casa di Cherubini, braccio destro del DS Paratici ora dirigente del Tottenham, un documento alquanto esplicativo. Un vero e proprio libro nero sul quale sarebbero segnate tutte le operazioni condotte in maniera spregiudicata dal dirigente, il quale - su mandato di Andrea Agnelli - avrebbe avuto il compito di aggiustare i conti e rientrare di una serie di investimenti, come i 300 milioni complessivi per CR7, risultati poi catastrofici sia da un punto di vista sportivo che economico finanziario.

Già nel 2019 si era dovuto provvedere ad un aumento di capitale da trecento milioni e di ulteriori quattrocento nel 2021, che servirono a evitare il collasso. Uno tsunami che dal 2018 aveva portato le perdite a oltre seicento milioni di euro.

Ecco la necessità di attuare una serie di manovre necessarie a contenere le perdite, senza però andare a depotenziare il valore tecnico della squadra e anzi continuando una dispendiosa campagna acquisti attraverso investimenti milionari in termini di cartellino e ingaggi.

Da qui la formulazione delle varie ipotesi di reato che vanno dal falso in bilancio all’aggiotaggio. Fu proprio durante il lockdown del 2020 che la società, attraverso una nota ufficiale, comunicò di aver trovato un accordo con i calciatori che rinunciavano, spinti in un atto sentito nei confronti di chi soffriva per le ristrettezze dovute alla pandemia, a quattro mensilità. I magistrati attraverso le loro indagini, confermate dagli stessi calciatori durante gli interrogatori, hanno scoperto che in realtà i pagamenti vennero solo posticipati attraverso una serie di scritture private, da qui la famigerata “carta Ronaldo”, non praticabili per chi è quotato in borsa e non può avvalersi di informazioni riservate. Oggi lo stesso CR7 chiede, attraverso i suoi legali, il pagamento di 19 milioni che non gli sono stati corrisposti come quota parte del contratto firmato con i bianconeri.

Oggi il calcio italiano vive una situazione tragica e se non fosse per l’intervento dello Stato con decreti ad hoc e il pressappochismo degli organi di vigilanza sportivi, si farebbe fatica ad organizzare un torneo con i soli club in regola. Tra l’altro lo stesso Gravina, presidente della Figc, si è sempre fatto promotore di un garantismo quantomai inopportuno alla luce di quello che la magistratura ha evidenziato, salvo poi puntare il dito contro il sistema delle plusvalenze, ma senza aver mai posto le basi per combatterlo concretamente.

Gli oltre 4 miliardi di debiti che il calcio italiano ha prodotto sono una spada di Damocle, una zavorra che purtroppo non permetterà al movimento di fare tabula rasa e ripartire nell’immediato seguendo un percorso virtuoso, ma per il bene dell’intero movimento ci auguriamo un primo passo concreto verso un sistema realmente meritocratico, che premi gli onesti e punisca finalmente i furbetti. Prisma o poi dovrà succedere.