Antonio Polito, giornalista del Corriere del Mezzogiorno ha espresso le sue considerazioni in un editoriale. Ha infatti dichiarato: "Il presidente del Napoli, attribuendosi personalmente la colpa degli insuccessi, reitera l’errore di gestione che ha commesso, e dunque fa temere che lo commetta ancora.

Al momento però in cui si è raggiunto il risultato più grande, e cioè l’agognatissimo scudetto, Adl è stato tentato anche lui dal richiamo tutto partenopeo del «grandomismo», del paternalismo, dell’artefice solitario e insuperabile. Il suo stile imprenditoriale, intendiamoci, è sempre stato molto personale anche in senso positivo. Lo si vede dai successi della sua attività nel cinema, ma lo si è visto anche negli anni di crescita continua del Napoli. C’è stato un punto però in cui, una volta diventati una delle società di calcio più importanti d’Europa, bisognava fare un salto di qualità proprio nel senso dell’efficienza imprenditoriale, cioè esattamente sul terreno in cui Adl eccelle e grazie al quale ha fatto la differenza. Invece, a scudetto raggiunto, sono state compiute delle scelte contrarie a questo spirito. Soprattutto il presidente ha tentato di accreditare l’idea che tutto fosse dovuto a lui e che, chiunque fossero i suoi collaboratori, e perfino i suoi giocatori, sarebbe bastata la sua mano, la sua guida, per ripetere all’infinito successi che nello sport non sono invece mai acquisiti per sempre.

L’errore di non sostituire Giuntoli

Dal punto di vista della gestione di un’azienda, il vero errore è stato piuttosto, a mio parere, la mancata sostituzione di un dirigente come Cristiano Giuntoli con un manager di esperienza e qualità equivalente. È stato lì che Adl è sembrato dire: tanto l’azienda la gestisco io, non importa chi la dirige. Una presunzione del resto non solo sua, ma tipica in generale delle aziende familiari, nelle quali il fondatore e patron fatica a lasciare le redini a un professionista, e però così facendo impedisce alla sua impresa di crescere oltre un certo tetto.

Se un errore è stato commesso, dunque, esso è proprio di logica imprenditoriale. Ed è per questo che non siamo d’accordo sulla necessità che il presidente chieda scusa ai napoletani per ciò che non va sul campo. Sembra confermare infatti l’idea che tutto dipenda da lui. Mentre così non può essere a questi livelli di professionismo. Vi sembrerà spietato, ma io avrei preferito che avesse licenziato qualcuno per ciò che non funziona, piuttosto che assumersene la responsabilità”.