Benjamin Franklin diceva che “nella vita nulla è inevitabile, tranne la morte e le tasse”. Ma se la scienza medica fa ogni giorno passi da gigante e la recente manovra salva calcio ha trovato il modo per rimandare gli annosi balzelli, a Napoli ogni stagione ci ritroviamo ad affrontare un evento quanto mai prevedibile e ineluttabile: il calo di Piotr Zielinski.

Il polacco aveva lasciato Napoli, prima di imbarcarsi con i suoi compagni di nazionale verso i mondiali in Qatar, regalando agli ospiti del Maradona una pennellata d’autore nella spettacolare vittoria per 3-2 contro l’Udinese. Un parabola disegnata magistralmente dal suo destro che superava l’incolpevole Silvestri e si insaccava alla sua sinistra nell’angolo più remoto.

È stato quello l’ultimo squillo di una stagione giocata, fino a quel momento, ad alti livelli e che gli aveva permesso di chiudere il 2022 e la prima parte di stagione con un bottino di 6 gol (3 in A e 3 in Champions) e 7 assists. Era anche riuscito a trovare la personale marcatura con la sua Polonia, risultando alla fine della seppur breve avventura uno dei migliori della spedizione mondiale, ma il ritorno in Italia ci ha restituito uno Zielinski spompato, privo di quegli strappi che caratterizzano le sue giocate e incapaci di far valere le sue eccezionali doti balistiche.

Un destro ciabattato a S.Siro - da quella mattonella che lo ha visto spesso letale - doveva farci drizzare le antenne, ma avevamo attribuito la mediocre prestazione ad un problema generale, in una serata dove tutta la squadra non si era rivelata all’altezza. Il secondo indizio la prestazione appena sufficiente contro la Juventus, in una serata dove tutti i compagni sfoderavano una prova maiuscola e infine il terzo, a determinare l’amara prova, contro la modesta Cremonese con 30 minuti di anonimato che lo hanno visto spettatore non pagante nell’eliminazione in Coppa Italia.

Qualcuno ha già provato a giustificare le performance attribuendole ad una questione contrattuale, col calciatore in scadenza nel 2024 e il Napoli che avrebbe offerto un rinnovo al ribasso rispedito al mittente dall’entourage del ragazzo. Che Piotr abbia uno stipendio gravoso è cosa nota, parliamo di circa 4 milioni bonus compresi e, difatti, anche questa estate giravano voci su un suo possibile addio, direzione Premier, che non sarebbe stato ostacolato dalla società. Alla fine, la volontà di restare a Napoli fece la differenza, con Zielinski carico per la sua settima stagione in maglia azzurra, iniziata sotto ottimi auspici e che ci porta oggi alle solite riflessioni.

Francesco Guidolin, suo allenatore ai tempi di Udine quando era poco più di un ragazzino, ha sempre speso parole al miele per Piotr, innamorato dei suoi “due piedi da favola”, ma bacchettandolo spesso perché “uno con le sue qualità deve segnare almeno 10 gol a stagione”. Forse è questo il suo grande limite, quello di non riuscire a dare continuità e pieno sfogo a quelli che sono mezzi tecnici superiori alla norma.

Parliamo di un professionista di 28 anni, nel pieno della maturità calcistica che a cadenza stagionale si ritrova a combattere contro se stesso e un calo di performance che non possiamo più considerare casuale. Sarà un limite mentale, di personalità o altro, non è nostro compito stabilirlo e nemmeno ci interessa farlo, ma quello che più ci preme capire è per quanto tempo ancora dobbiamo credere - a questo punto sperare - che in lui scatti quella scintilla che lo porti a risplendere nel gotha dei centrocampisti europei.

Questa estate il Napoli si ritroverà a fare una scelta importante: riconoscere un trattamento superiore e quindi non in linea con quella che è la nuova politica sugli ingaggi o decidere di salutarsi e mettere Zielinski sul mercato. Una scelta non facile, ma è stato lo stesso Aurelio De Laurentiis a parlare di un mercato che deve essere all’insegna della sostenibilità economica e di possibili “sgarri” al monte ingaggi solo a patto di avere gente motivata.

Mettere in dubbio la professionalità o le motivazioni del ragazzo è fuori discussione, ma già dai prossimi impegni dovrà dimostrare che questo inizio di 2023 è stato caratterizzato da un semplice e fisiologico calo, dovuto in parte anche all’affaticamento mondiale e che è pronto a riprendere con le sue giocate le redini di un reparto dove Elmas scalpita e Ndombele, dopo un lungo apprendistato, si candida ad un minutaggio superiore.

Questa è una stagione che può rappresentare la chiave di volta nel cammino dell’intera gestione De Laurentiis e scrivere una pagina memorabile della quasi centenaria storia del club. E per farlo abbiamo bisogno di rendere straordinario l’ordinario, cancellando i limiti che ci hanno ridimensionato in passato, aggrappandoci ai nostri interpreti migliori, a chi da anni veste con orgoglio i nostri colori e ai suoi due piedi da favola.