La prima pagina del Corriere dello Sport di stamattina rilancia in maniera forte la difesa di Juventus F.C., depositata ieri l'altro al Collegio di Garanzia presso il CONI, l'ultimo grado di giudizio chiamato a decidere della famosa questione relativa alle plusvalenze fittizie orchestrate dal club di proprietà della famiglia Agnelli.

Nove sarebbero i punti che demolirebbero in maniera netta la pronuncia della Corte di Appello federale ed il suo impianto accusatorio: ho provato a rispondere ad ognuno di essi.

  1. Il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile

    Sull'ammissibilità del ricorso per revocazione si è già espressa la Corte di Appello federale. A seguito della prima pronuncia di proscioglimento, sono emersi "fatti nuovi" nel materiale probatorio (intercettazioni e documenti) trasmesso dalla Procura della Repubblica di Torino, che disvelano l'intenzionalità da parte dei dirigenti nel compiere operazioni dirette all'alterazione del bilancio. Il fatto nuovo che prima non era noto è proprio l'avvenuto disvelamento della intenzionalità sottostante all'alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori (cfr. Decisione n. 63 del 30 gennaio 2023 - Corte Federale d’Appello FIGC).
  2. Violazione del thema decidendum: la Corte ha utilizzato gli elementi provatori dell'inchiesta penale per costruire, in realtà, un'accusa nuova.

    Una nuova accusa, violativa però delle medesime norme. D'altronde, volendo fare un esempio di maggiore praticità, un incidente stradale che provoca lesioni, le quali degenerano causando un decesso, sarà oggetto del medesimo giudizio. La riqualificazione del fatto, anzi, è d'obbligo, ove dalle risultanze processuali, ritenute inscalfibili dalla Procura, si evincano elementi decisivi per la gradazione della responsabilità per la commissione dell'illecito.
    Altro elemento, semmai, che denota una posizione ambigua e contraddittoria è la circostanza che, da una parte, si lamenta la violazione del ne bis in idem, dall'altra, si contesta addirittura una nuova accusa. Delle due l'una: o si è già stati giudicati per la medesima questione (ed in quel caso, i fatti nuovi giustificano la tangibilità della pronuncia e appunto la revocazione), o è un fatto nuovo che merita nuovo accertamento (che, nei fatti, avrebbe portato al medesimo risultato). I crismi della giustizia sportiva sono senza ombra di dubbio permeati dall'esigenza primaria di speditezza, mediante una cognizione del fatto orientata alla salvaguardia dell'economia processuale. Dunque, seppur con i limiti di un 'processo' improntato su principi diversi rispetto a quelli penali, dove le garanzie esplicano al massimo la propria connotazione dilatoria, la revocazione rappresenta la finestra per poter giudicare al meglio una questione che, rebus sic stantibus, non era possibile conoscere all'epoca del giudizio originario.
  3. La Corte avrebbe trascurato le motivazioni difensive dei bianconeri

    La sentenza della Corte di Appello ha affrontato ciascuno dei motivi opposti da Juventus, ritenendoli però insufficienti, contraddittori e irrilevanti. A voler essere buoni. D'altronde, di fronte alla mole sproporzionata di dichiarazioni autoaccusatorie, di fronte alle evidenze fattuali, di fronte alle side-letters, alle fatture falsificate, al libro nero di F.P., qualsiasi difesa avrebbe avuto difficoltà.
    Figurarsi se, poi, disarmata sul piano del merito, l'intero impianto difensivo si sia limitato alla censura formale, al vizio procedurale, all'intervenuta decadenza del termine per l'impugnazione - facendo risalire il dies a quo ai primi articoli di giornali e non già alla trasmissione della documentazione da parte della Procura federale. Una dichiarazione di resa.
  4. L’illecito contestato non sarebbe previsto dal regolamento

    Questo è effettivamente un tema interessante. Vero è che non vi sia una normativa di riferimento che definisca ratione materiae le plusvalenze. Altrettanto, però, va sottolineato come la Corte di Appello abbia argomentato approfonditamente le ragioni alla base della necessità di sanzionare determinati comportamenti. Auspicando, questo sì, un intervento normativo che renda meno larghe le maglie entro cui si inseriscono tutta una serie di operazioni di dubbia legittimità ma che, in assenza di riscontri oggettivi, resterebbero sostanzialmente intangibili. Tornando alle metafore, le plusvalenze fittizie sono le armi di cui la società si è servita per commettere i propri fini illeciti; la mera detenzione di un'arma non è punita dall'ordinamento. Ma il ritrovamento di un arsenale sì, specialmente se, da altre prove (in questo caso, quel ben di dio che ha trasferito la Procura di Torino) si evince che quello stesso arsenale è utilizzato per la commissione di illeciti. E' andata esattamente così.
  5. Mancata valutazione di elementi considerati decisivi

    Qui, mi si passi il termine, siamo in piena supercazzola. Peraltro, riprendendo il punto 3. Non merita altro spreco di bit.
  6. Vizio procedurale: mancato deposito da parte della Procura Federale della nota Covisoc del 14 aprile 2021

    Tralascio, per non infierire. Dico soltanto che questa, stando a Tuttosport del 26 gennaio, sarebbe la prova regina del teorema accusatorio. Sic transit...
  7. Sproporzionalità della sanzione

    Tema oggettivamente interessante. Non tanto sulla questione della sproporzione, quanto sull'iter che ha portato all'irrogazione dei 15 punti di penalizzazione a fronte dei 9 richiesti da Chinè in dibattimento.
    Ho accennato alla eccentricità del processo sportivo rispetto ai canoni del giudizio ordinario; diverse sono le premesse, diverse sono le conseguenze.
    E' la Corte di Appello a ribadire l'estraneità delle tutele penalistiche nell'ambito del procedimento sportivo, citando anche decisioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la quale, sul tema ha affermato «l'estraneità in radice delle evocate tutele penalistiche rispetto alle sanzioni aventi natura disciplinare, indipendentemente dalla relativa intensità. Vero è che una penalizzazione disciplinare resta comunque distinta ratione materiae da quella penalistica (da ultimo Grande Camera della Corte Edu, Gestur Jónsson e Ragnar Halldór Hall c. Islanda, ric. nn. 68273/14 e 68271/14, 22.12.2020) ed un simile principio è per certo ancora più forte se riferito all'autonomia che deve essere riconosciuta e garantita - come si è detto - all'ordinamento sportivo nel quale ammende, squalifiche inibitorie o punti di penalizzazione sono misura tipica, ben nota agli affiliati (che ne sono avvertiti accettando di assoggettarsi alle relative regole) ed esclusivamente afflittive all'interno del detto ordinamento».
    Quindi, l'ordinamento sportivo, che si riconosce come tale su base volontaria, successiva all'adesione alla Federazione, è dotato di un ventaglio di possibili opzioni sanzionatorie piuttosto ristretto: i punti di penalizzazione rappresentano tra i pochi spazi di graduazione della sanzione.
    La quale, oltretutto, in un modello di tale fattura, per poter spiegare i propri effetti deve essere effettivamente afflittiva; il collegio che ha giudicato, inasprendo la penalizzazione rispetto alla richiesta della Procura, ha nei fatti adottato il principio in parola, garantendo la primaria funzione che l'ordinamento sportivo attribuisce agli organi di giustizia federale: quella di neutralizzare gli illeciti attraverso i propri poteri disciplinari.
  8. Mancato riferimento all’art. 6 del Codice di Giustizia Sportiva

    Trattasi di altra, ennesima, censura meramente formale. Peraltro, caratterizzata dall'assoluta inutilità.
  9. Omessa l’attenuante circa la presenza “del modello di organizzazione, gestione e controllo della società”

    Last, but not least. Il ribaltamento della realtà che avrebbe fatto impallidire Huxley e Arthur Blair. Proprio un giorno dopo che un membro del collegio dei sindaci ha denunciato la sua costernazione di fronte ad un atteggiamento di totale incuranza di qualsiasi regola di prudenza economico finanziaria, con revisori e sindaci tenuti all'oscuro di manovre illecite. In pratica, la presenza di strutture adibite al controllo interno, sarebbe da considerare, per la difesa, una attenuante: e dunque andrebbe ritenuta come una circostanza in grado di affievolire l'afflittività della sanzione. Chapeau. Al mio paese, se una società si dota di organi di controllo ulteriori per poi provare ad infinocchiarli andrebbe punita maggiormente, non graziata. A meno che... la Juventus non abbia deciso di costituirsi, come parte lesa, nei confronti dei propri dirigenti. Sarebbe l'unica cosa possibile, l'unica auspicabile. Ma, ahimè, l'unica cosa che non succederà mai.