Alle pendici di un tellurico Vulcano - fortunatamente (ma non per tutti, ndr), ed esclusivamente, per motivazioni sportive - giace un popolo incandescente, scalpitante, palpitante, pregno di una passione viscerale per la maglia della propria squadra di calcio. Combattuto ma sempre schietto, l’unico perno che resta saldo e inscindibile è - e sarà sempre - l’amore eterno che legherà sempre questo rapporto.

Il capoluogo della Campania Felix si è sempre arrogato del culto del bel gioco che da sempre ha contraddistinto la squadra azzurra, caratteristica di cui la platea azzurra è sempre andata fiera, ancor più di trofei e titoli da sbandierare. Vinicio, Pesaola, Rambone, Di Marzio: i nomi dei padri fondatori di un’ideologia, di un pensiero, una filosofia hegeliana da mostrare a mo’ di vanto, a spalle larghe e petto in fuori. L’immagine fugace di un simbolico trofeo che svanisce al cospetto della razionale e visibile realtà di una bellezza a cui poter assistere ogni settimana.

Una tifoseria imborghesita?

Ebbene, dopo aver conquistato un meritato scudetto la tifoseria azzurra viene tacciata di improvvisa borghesia. Avida e materialista. Insensibile e incurante di una riconoscenza mai sopraggiunta al lavoro della società di Castel Volturno.

Motivo? Il mancato contendere - e allo stesso tempo nel difendere - il titolo acquisito pochi mesi or sono.

Verosimile?

Se basiamo le nostre fondamenta sulla storia di questa tifoseria ci sarebbero non poche perplessità a tale riguardo.

Sì è mai assistito a rivolte di massa in questi anni di digiuno tricolore?

Sì è mai avuto il sentore di imminenti ritorsioni durante gli anni di calcio arrembante e di puro agonismo come quello prodotto da Walter Mazzarri?

Sì è mai notato un reale distacco da questa squadra da parte della città con l’avvento del calcio europeo portato da Rafa Benitez?

E della disarmante bellezza del triennio di Maurizio Sarri?

Eppure non si è vista una sola ombra di vittoria se osserviamo l’albo d’oro degli almanacchi. O quantomeno, si è notato lo snob delle piazze vuote di Napoli per la conquista di trofei di secondo livello (o così decantate dal ridondante orgoglio dei media del Nord) come una Supercoppa o una Coppa Italia?

Napoli non è succube del trionfalismo ma del suo immaginifico idealismo. Sprezzante del pericolo, dell’azzardo se volete, ma soprattutto del puro, sano e genuino divertimento. Tutto questo Napoli lo ha fatto addirittura vincendo, e lo ha fatto talmente bene da potersi consentire di festeggiare il titolo di Campione per due mesi di fila. Chi non vince con tanto di onore al merito di certo non se lo può permettere.

Napoli, una questione di personalità

Se ad oggi Garcia non è ancora riuscito nel dare questo tipo di garanzia ai supporters azzurri è per un’identità probabilmente non ancora raggiunta a causa di altalenanti risultati, accompagnate da titubanti prestazioni. In realtà nemmeno il suo modo di comunicare rassicura più di tanto, permaloso a tratti, con un self-control sicuramente da rivedere.

Il tutto rispecchia ancora le incertezze che la squadra riscontra sul rettangolo verde, un discorso che va al di là delle presunte preferenze patriottiche e conservatrici del 4-3-3 o di chissà quale profezia tattica, bensì di una predisposizione a compiti e posizioni di ambigua consistenza.

Sì, per un’identità multitasking in cui si fa fatica a riconoscersi, Napoli ha probabilmente il diritto di imborghesirsi, come durante la gestione Ancelotti, con le variopinte trame dalle poche idee ma ben confuse.

A Napoli ci si imborghesisce per il nuovo che avanza per restare ancorati alle nostalgie del passato? Nemmeno questo tema convince granché perché l’ambiente di Partenope ha amato e supportato gli stravolgimenti tecnici e tattici del passato adottati dai vari Rino Marchesi, Marcello Lippi e Vujadin Boskov, con giovani promesse che sostituivano e superavano le predomine gerarchie, aggiungendo vigoria e freschezza atletica all’obsoleto passeggio del sedicente veterano.

Napoli non si emargina in uno scacchiere tattico predefinito, si rispecchia nell’agognata personalità che orgogliosamente rivendica.

Questa basta e avanza.

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