Ecstasy Aureliana
E' una Napoli euforica quella che si risveglia oggi con i sintomi tipici dei postumi di una sbornia. Tifosi in hangover, ancora storditi dalle prodezze del duo Osimhen – Kvaratskhelia, che in una notte estromettono la vecchia signora dalla lotta scudetto e lanciano un messaggio perentorio a tutti quelli che speravano nella remontada settentrionale in questo 2023.
I cinque gol hanno scavato un profondo solco tra gli azzurri e le inseguitrici; e le parole di un Allegri, ancora intontito dalla scoppola ricevuta, non rappresentano appieno quello a cui abbiamo assistito. Parliamo di un metaforico passaggio del testimone, da chi ha dominato il calcio in Italia negli ultimi dieci anni a chi, almeno per ora, assomiglia a un cavallo che galoppa a briglie sciolte, pronto a tagliare il traguardo e non di corto muso.
Chi non è riuscito a prender sonno ha passato le ore successive allo storico evento inscenando una vera e propria battaglia a colpi di cinguettii e post, ricercando le dichiarazioni belligeranti e guascone della parte sconfitta alla vigilia del match, in un infinito botta e risposta di sfottò.
È nelle pieghe di questo scontro che si nasconde il messaggio social del Presidente Aurelio De Laurentiis - “Estasiato da una squadra fantastica. Sarà impossibile dimenticare questa serata” - Che con poche semplici parole affidate ad un tweet ha dipinto lo stato d’animo di un’intera tifoseria.
Per qualcuno la vittoria di ieri rappresenterebbe la rivincita nei confronti di quella fetta di città che da anni chiede che abdichi dal trono presidenziale, lasciando lo scettro del potere a fantomatici emiri pronti a rilevare il Napoli e che questa estate esortava il popolo azzurro a disertare lo stadio. Ma parlare di rivincita è inappropriato, specie se il protagonista non ha mai sbagliato un colpo, se non quando e fortunatamente per un breve periodo, la sua gestione è coincisa con i desideri del "popolino": grandi investimenti, rinnovi milionari e nomi altisonanti.
Una gestione che fino all’addio di Sarri era stata impeccabile e che aveva portato la squadra a competere punto a punto con chi, protetto dalla miopia e dalla sudditanza verso il sistema, si vantava al grido di “vincere è l’unica cosa che conta”. È con l’arrivo di Ancelotti e l’intenzione di affidarsi a piovre del calibro di Mendes e Raiola, che Aurelio abbandona la guidelines della sostenibilità e il modello business, basato sulla costante ricerca dell’equilibrio tra etica e mercato, che aveva permesso alla società di entrare nel gotha del calcio nostrano ed europeo.
I risultati e una serie di eventi che hanno minato la gestione e la serenità del gruppo squadra, uniti all’inaspettata pandemia del 2020 ci ha colpiti negli affetti e nei bilanci. Le suddette vicissitudini hanno spinto il Cavaliere del lavoro ad una riflessione e al ritorno di quei valori di impresa che oggi ci permettono di posizionarci in cima alla classifica di Serie A e, al contrario delle competitor, di guardare al futuro senza l’affanno di chi deve arginare vere e proprie voragini di bilancio.
Quando questa estate in conferenza il Presidente parlò di scudetto, dalla platea qualcuno sghignazzò e per giorni uno sciame incessante di critiche feroci ronzò attraverso i social, fino a raggiungere il ritiro, disturbando il lavoro della truppa di Spalletti. Sicuramente non quello di De Laurentiis e Giuntoli, che forti delle proprie idee costruivano il miglior Napoli degli ultimi 32 anni.
Gli irriducibili della critica diranno che è solo fortuna, come tanti De Filippo feriti dal Mario Bertolini di turno, il personaggio della commedia “Non ti pago” accusato dal grande Eduardo di non saper giocare al bancolotto. Eppure, se anche fosse, la stessa fortuna è una virtù, una qualità che anche Napoleone preferiva alla bravura nei suoi generali. Ma sono tutte argomentazioni che lasciano il tempo che trovano e che non scalfiscono minimamente lo status di imprenditore lungimirante che il Presidente si è costruito con anni di successi sportivi e di bilancio.
Ed è sempre merito suo se oggi i suoi detrattori, che ad agosto si stropicciavano gli occhi per la presentazione di Dybala chiedendo solo di poter sognare, vivono una realtà che va al di là della fervida immaginazione. Perché al comando si ha avuto la competenza manageriale di intuire che alle volte per “apparare il milione” il centesimo va tolto e non aggiunto, perché il denaro deve essere un mezzo e non il fine.