Dopo la Supercoppa, il Milan perde anche a Roma contro la Lazio e scivola a meno dodici dal Napoli - "forse troppi" come dice rammaricato Tiribocchi a Dazn - incassando sette gol nelle ultime due apparizioni. Gli azzurri ora hanno quattro partite di vantaggio dalla prima inseguitrice utile e fanno registrare il distacco più ampio mai accumulato in un girone di andata da quando esistono i tre punti. Il vantaggio numerico degli uomini di Spalletti, arrivati a questo punto, non è più solo numerico. Ma anche e soprattutto psicologico.

Pioli is under fire

I novanta minuti appena terminati dell'Olimpico e quelli di ieri a San Siro dell'Inter ci raccontano di competitor nervose e sfiduciate. Gli uomini di Pioli, proprio contro la Lazio, lo scorso anno fecero un vero e proprio capolavoro, battendo la squadra di Sarri con una prestazione maiuscola e di carattere, mettendo due mani sullo Scudetto. Questa sera di quel Milan si è visto nulla. Una squadra in balia dell'avversario, piena di incertezze e che non trova soluzioni alternative alla mancanza dei suoi uomini chiave.

Il fluido magico di Maldini sembra essere finito. Nessuno degli acquisti fatti quest'estate è riuscito a dare ossigeno a un gruppo squadra che pare svuotato della rabbia agonistica dimostrata fino al match che di fatto ha decretato l'inizio della fine del ciclo Pioli, quello della vuelta del Cholito per intenderci.

Dopo tutto, il fatto che il mister lo ricordasse in ogni intervista post partita, per due mesi consecutivi, la dice lunga su quanto il trauma riportato da quella partita fosse insormontabile. I tre tiri tentati questa sera nel primo tempo sono il dato più basso fatto registrare dai rossoneri in questa stagione. Cartina tornasole di un'involuzione tattica ormai difficile da invertire. Almeno con gli uomini a disposizione. In verità non è mai stata la tattica il punto di forza del Milan, ma una capacità di determinare dei suoi uomini chiave. Una coincidenza di fattori convergenti che si sono alternati in un equilibrio irripetibile.

Gli errori estivi in sede di mercato, invece, hanno trovato la loro continuità. L'involuzione tattica di Pioli, infatti, coincide paradossalmente con il suo recente rinnovo per altri due anni e conseguente aumento di stipendio da 2 a 3 milioni netti all'anno. Uno sforzo importante per la politica di riduzione costi messa in atto dai rossoneri, che adesso dovranno friggere il pesce con l'acqua avendo esaurito gran parte della liquidità alzando il monte ingaggi con i rinnovi recenti e costretto a fronteggiare quello spinoso di Leao.

Il Napoli attacca il futuro

Semmai ce ne fosse bisogno, i cicli lampo di Milan o Inter, che hanno avuto la fortuna di bagnare il loro periodo migliore con uno scudetto, certificano ancora una volta la capacità programmatica del Napoli, che da anni riesce a essere una competitor credibile seppur sempre in evoluzione, nonostante un patrimonio storico, economico e un ambiente non abituato a competere.

Teniamocelo stretto questo Napoli. Teniamoci stretta l'idea di calcio che mette in campo e di come la attua. E teniamoci strette anche le griglie estive. Il Napoli non ha mai sposato la filosofia all in. Non si è mai precluso il futuro. Ha sempre lasciato spazio a margini di miglioramento. E lo ha fatto anche quest'estate. Come Spalletti ha fatto dell'occupazione degli spazi il suo segreto tattico, la dirigenza ha fatto dell'attacco del futuro il suo mantra.

Il futuro è sempre più azzurro, e i margini di investimento aumentano ancora di più. C'era chi diceva che la gestione De Laurentiis fosse arrivata al capolinea delle proprie capacità economiche. Si sbagliava, il meglio deve ancora venire.