Ma il mercato non era in mano a Conte?
In poco più di trenta giorni dall'arrivo di Antonio Conte sulla panchina del Napoli la scena è già cambiata. L'ex Ct della Nazionale è stato accolto come l'unico in grado di risollevare un progetto che dopo l'ultima desolante stagione sembrava destinato a un triste declino. L'unico uomo capace di commissariare la smania di protagonismo, sempre troppo ingombrante, del presidente Aurelio De Laurentiis.
Le cose, in fondo, stanno andando proprio così. Eppure dopo le ultime vicende di calciomercato, sul banco degli imputati c'è sempre e solo la società. Come dichiarato dal tecnico durante la conferenza stampa di presentazione, l'unica richiesta in sede di accordo è stata quella di avere potere assoluto relativo a ogni decisione tecnica riguardante la rosa.
Il primo risultato ottenuto è stato quello di "riallineare il club". De Laurentiis avrebbe voluto fare tabula rasa, senza guardare in faccia a nessuno, ma alla fine ha vinto la linea Conte: rifiutata ogni offerta per Kvaratskhelia e braccio di ferro per reintegrare Giovanni Di Lorenzo già con l'anima a Torino sponda bianconera.
Del tecnico la decisione di voler valutare durante i ritiri l'intera rosa. Processo che per forza di cose ha rallentato il mercato azzurro. Sempre di Conte la decisione di non cedere Anguissa per far posto a Kephren Thuram, poi andato alla Juventus dopo che il Napoli lo ha mollato. Sempre del tecnico la richiesta di tenere fuori dal progetto calciatori con la valigia in mano ma che al momento non hanno ancora accordi con altri club, riducendo all'osso una rosa che fino al 31 agosto avrebbe potuto sopperire - almeno numericamente - a delle mancanze oggettive.
In tre anni, Conte guadagnerà quanto il cda del Napoli negli ultimi 20 - compensi di Chiavelli esclusi - non si capisce perché venga trattato come un corpo estraneo al club. Come uno totalmente esente da colpe se le cose vanno male e segreto del successo se le cose vanno bene.
Una distribuzione di responsabilità per nulla onesta intellettualmente. Una condizione tossica per il club che rischia di implodere stritolato dalla morsa del potere contrattuale enorme dato al tecnico e una pressione mediatica ingestibile per un club di esile dimensione politica come il Napoli.
Il rischio trappolone è sempre dietro l'angolo e il club dovrà conviverci per tutta la durata del rapporto. L'unico che ha il potere di proteggere e compattare l'ambiente attorno al club è solo Antonio Conte.