Un castigo di Dio nel nome di Kim
Napoli conserva e difficilmente dimentica. La cessione di Kalidou Koulibaly ha lasciato un vuoto difficilmente colmabile. Sì, perché l’amore che questa città nutre (si parla al presente perché è un sentimento che non cesserà mai) nei confronti del colosso senegalese andava oltre le gesta calcistiche che hanno deliziato durante i suoi otto anni di permanenza, ma anche per il suo senso di appartenenza a questa terra.
La sua partenza, inoltre, è avvenuta durante la pervadente depressione del popolo azzurro, perché oltre a Koulibaly i sostenitori azzurri videro salutare anche i capisaldi della loro squadra, i punti di riferimento dello spogliatoio, calciatori che hanno indossato e onorato di gran lunga questi colori nell’ultimo decennio: Insigne e Mertens.
L’approdo di Kim Min-Jae: il gigante buono
Per sostituire il 26 azzurro la società scelse di percorrere la pista estera, ma non di quelle di maggior prestigio, bensì quella turca, pescando - dopo non poche cotonanti trattative - in casa del Fenerbahçe.
Un giovane coreano di un metro e 90 - Kim Minjae - il quale, con un bel sorriso da folletto sempre stampato sul volto si presentò nel ritiro alto Atesino a colpi di karaoke e tanta voglia di recare allegria ai propri compagni. Ma tra A-sedicisti e cuori infranti le perplessità restarono. E continuarono a regnare, specie dopo le prime sgambate e amichevoli durante il ritiro pre campionato.
Il confronto con Koulibaly era sulla bocca di tutti, probabilmente anche di quella del sottoscritto, forse perché troppo abituato agli imperiosi disimpegni e allo stile di gioco che contraddistingueva il sempre amato napoletano d’Africa; ma soprattutto perché Kim destava l’impressione della facile e precaria impulsività, le sue giocate e gli svarioni che subiva la difesa napoletana durante le sue prime uscite non davano segnali ben auguranti per il reparto difensivo.
…ma l’uomo crebbe e si plasmò
Giorno dopo giorno gli scenari cambiarono totalmente, il gran lavoro di Cristiano Giuntoli consegnò una rosa soddisfacente e completa in ogni reparto, è da lì in poi anche i rumors di mercato che avevano preceduto il suo arrivo a Napoli si confermarono in toto.
Kim Minjae non ha impiegato molto tempo nell’adattarsi ad un calcio meno pragmatico di quello praticato fino a quel momento e imparare le ‘nuove regole del gioco’. Anzi, probabilmente il suo impatto è stato migliore a quello che ebbe l’attuale difensore del Chelsea, anch’egli proveniva da una squadra e da un campionato meno gettonato rispetto al nostro (Genk, Belgio).
In coppia con Rrahmani formano un duo praticamente perfetto. Regia e direzione della linea difensiva, accompagnano l’azione e compattano i reparti con le giuste distanze. Un ulteriore test Kim lo ha affrontato dopo l’infortunio del suo compagno di squadra, il difensore kossovaro, difatti, al termine dell’incontro di Cremona, ha riportato la lesione del tendine dell’adduttore lungo della gamba sinistra.
Il colosso coreano ha dovuto condividere il proprio reparto sia con Juan Jesus che con Leo Ostigard. Il risultato? Non ha fatto una piega!
Kim Min-Jae: il colosso coreano
L’infortunio di Rrahmani ha comportato anche una leggera modifica sull’abituale raggio d’azione. Nonostante sia un destro naturale ed è sempre stato utilizzato sul centro destra di una difesa a quattro, Minjae è stato schierato sin da subito sul centro sinistra ottenendo ottimi risultati, con la presenza a turno di calciatori con un piede sinistro dominante come Juan Jesus e Ostigard si è riadattato nella sua posizione originaria.
La dote di maggior rilievo resta la capacità di concentrazione per l’intera partita, se a questa aggiungiamo l’efficacia che riesce ad ottenere nel raggio dei primi 5 metri nell’ anticipare l’avversario equivale a discutere di un calciatore dal grande potenziale. Strapotere fisico nel primo contrasto, uno scatto da giaguaro, scaltro, tempestivo, un vero e proprio tormento, un castigo di Dio per chi gli si pone contro.
I margini della perfezione
È da pochi mesi in Italia ma ha già dimostrato di caricarsi un grado di responsabilità importante, perché in assenza di un veterano come Rrahmani dirigere un reparto di una squadra che ambisce ai primi posti non è cosa da tutti.
Ha grandi capacità fisiche ma anche una discreta tecnica, la specialità del cambio gioco è una dote importante nel calcio moderno, specie se parliamo di un difensore che ha anche l’incarico di costruire il gioco dal basso. La sua accelerazione gli consente di eseguire incursioni in avanti e trasformare un’azione difensiva in offensiva. I margini di miglioramento potrebbero rasentare la perfezione, obiettivi che probabilmente un calciatore dalla forte personalità come Kim Minjae ha l’ambizione e il dovere di porsi.
Migliorare la postura che assume il suo corpo nel porsi nei confronti dell’avversario poter risparmiargli energie e razionarle per l’intera stagione. Tenere a bada la foga agonistica e controllarne gli inarrestabili impulsi potrebbero risultare un toccasana in particolari occasioni e - soprattutto - in particolari partite. Insomma, parliamo di deduzioni e ipotetici accorgimenti che l’ex calciatore del Fenerbahce ha tempo e modo per poter correggere.