Il trattamento ricevuto da Carlo Ancelotti a Napoli è una macchia che questa piazza difficilmente potrà lavare via, roba da orecchie d'asino e tour per le classi come penitenza vita natural durante. Non tanto per le critiche, quelle fanno parte del gioco, ma per le offese che uno dei tecnici - già allora - più vincenti della storia del calcio ha dovuto subire.

A rendere tutto ancora più rumoroso è stato il suo silenzio. Mai una parola fuori posto, mai un gesto di stizza, mai una risposta piccata. Gli hanno dato del bollito, hanno offeso la professionalità del figlio Davide, e lui muto. Il silenzio dei più grandi. Di chi sa che non deve dimostrare nulla, soprattutto a un ambiente che crede di avere la verità in tasca.

Eppure Carlo Ancelotti è arrivato a Napoli con la voglia di diventare un ambasciatore della città, un divulgatore di bellezza. Voleva essere megafono di una terra bellissima. Dopo aver girato il mondo credeva che le accoglienti braccia partenopee potessero essere un porto sicuro. Ha accettato il contratto meno oneroso della sua carriera pur di provare a scrivere una nuova pagina. E neanche il fantasma dei novantuno punti lo ha fatto vacillare.

Club, squadra e tifosi: nessuno ha capito Ancelotti

Ma Napoli era troppo impegnata a elaborare il lutto dell'addio del fu comandante. Tanto da percepire l'ingaggio di Ancelotti come uno smacco. L'ennesimo dispetto di un presidente senza cuore. Una scelta inopportuna come una risata chiassosa durante un funerale.

Alla mediocrità dell'ambiente si è accodato un gruppo squadra ancora con la testa all'albergo di Firenze e vittima di un ciclo monco. Generali senza medaglia che hanno creduto di essere più importanti del futuro del club. L'idea che potesse esistere un'altra soluzione ha innescato un rigetto per metodologie di gestione dello spogliatoio diverse da quelle di una scuola superiore.

All'università le regole sono diverse. La responsabilità del miglioramento è ribaltata sullo studente. Il professore spiega, ma non controlla. Chi ha voglia di migliorarsi emerge. Gli altri abbandonano gli studi.

Anche il club ha sbagliato tutto. Si è trovato l'allenatore italiano più vincente della storia tra le mani e non è stato in grado di percepire la sua grandezza preferendo assecondare i capricci di squadra e città, rinunciando all'opportunità di approfittare dell'esperienza di un tecnico da Real Madrid pur di provare a non disperdere il valore dei cartellini. Quando a muovere le strategie è la vanità, i progetti diventano fragili e non durano a lungo.

Carlo Ancelotti è stato un'occasione sprecata per tutti. L'uomo giusto al momento sbagliato. In fondo, però: "L'esonero di Napoli è stato un bene per entrambi".

https://www.youtube.com/watch?v=DiL-lvrlkdY&t=2860s
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