È insolito vedere il Napoli sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport, ma per questa fresca domenica d’agosto c’è da rilevare un’eccezione: la Rosea ha intervistato Khvicha Kvaratskhelia, il cui volto è chiaramente finito in prima pagina.

Potrete leggere qui su Napoli Network l’intervista integrale al campione georgiano.

Khvicha al primo anno si è preso tutto: scudetto, MVP della Serie A e gol più bello. Pensava di poter avere un impatto così devastante?

“Credo sia stato un anno incredibile per tutti, non solo per me. Nessuno si sarebbe aspettato lo scudetto dopo 33 anni, ma la nostra preparazione e la volontà hanno fatto la differenza. Non ci sono meriti personali per questo risultato”.

Quando avete capito di avere in mano lo scudetto?

“Dopo la gara con la Juventus era chiaro a tutti che eravamo vicinissimi e da lì ogni gara era una festa in attesa dell’aritmetica. Sono stati giorni indimenticabili”.

A cominciare proprio da quella notte di rientro da Torino. Il gol di Raspadori ha portato Napoli a riversarsi per strada per un abbraccio tricolore.

“Il nostro manager ci aveva avvertito di cosa sarebbe potuto succedere: ma non puoi immaginare una cosa così è stato choccante. Ci abbiamo messo un’ora per uscire dall’aereoporto. È stato emozionante e commovente muoverci tra la folla, sentire la gente che invocava i nostri nomi. Li abbiamo realizzato di essere ad un passo dallo scudetto, quella sera è stata indimenticabile ed io ho ancora il famoso cappello di carta”.

Beh c’è tutto il senso di Napoli in quella notte. A proposito, è riuscito a scoprirla un po’?

Purtroppo non riesco ad uscire molto perché non potrei gestire questo immenso amore delle persone. La cosa che mi ha sorpreso di più appena arrivato era che la gente subito mi riconosceva, anche quando ero mezzo sconosciuto. Sono riuscito a visitare Pompei con la mia famiglia però. Di Napoli amo due cose, i paesaggi ed i tramonti. Forse ce ne è una terza, quanta è buona la pasta al pomodoro! La adoro”.

Parliamo di calcio.Si può dire che Spalletti è stato come un padre?

“Si. E non riuscirò mai a ringraziarlo abbastanza. È stato una svolta per la mia carriera: mi ha dato la possibilità di giocare ad altissimi livelli e mi ha sempre sostenuto, anche nei momenti più difficili. Se sono diventato quello che sono, il merito è suo”.

Il presidente De Laurentiis merita un grazie?

“Certo, ha avuto tanta fiducia in me. Ha creduto in un ragazzo sconosciuto facendo un investimento importante. Ha corso il rischio…”

E adesso come può aiutarla Garcia?

“Migliorando la mia qualità. Per ora stiamo studiando il suo modo di fare calcio e ogni giorno impariamo qualcosa di nuovo. Mi piace come uomo e come allenatore e sono sicuro che ci aiuterà a vincere ancora”.

Il Napoli può ripetersi?

“Ovviamente giocheremo per vincere ogni gara, poi vedremo se saremo in grado di ripeterci. Rispettiamo tutti, ci sono molte squadre forti che giocano bene. Ma credo anche che le avversarie non siano così felici di sfidarci”.

Lei ed Osimhen formate una delle coppie più belle d’Europa. Vi siete trovati in modo naturale?

“Sapevo che era un calciatore molto forte, mi ha colpito però la sua umiltà: si entra subito in sintonia con lui ed il nostro feeling si vede pure in campo. Anche se non lo vedo, so già dov è, so come servirlo, mi sembra di sentire sempre il suo movimento. E vale lo stesso per lui”.

“Kvaradona” è un soprannome che le piace oppure le mette troppa pressione?

“Mi rende orgoglioso ovviamente. Ed è pure una grande responsabilità essere accostati ad un calciatore del genere”.

Lei è il mito delle nuove generazioni: i bambini indossano tutti la 77, come si faceva con la 10 di Diego. Rimarrà per sempre un’icona di Napoli.

“Incredibile pensare che dopo 33 anni c’è una nuova generazione che ha preso me come riferimento. Ma non sono solo i bambini, anche gli adulti ci trasmettono un amore così grande da farti sentire responsabile della loro felicità. Loro ci danno motivazioni ed energia che poi trasformiamo sul campo come motore per la vittoria. Il loro sostegno non ci è mai mancato”.

In Italia c’è un altro mito georgiano, ma nel basket: che rapporto ha con Shengelia?

“Toko è un grande della pallacanestro maschile e lo stimo tantissimo. Abbiamo un ottimo rapporto, è venuto a vedermi anche ad Udine la sera dello scudetto. E poi è tornato a Bologna dove gioca: li ci siamo scambiati le maglie”.

Mito per mito: sogna di diventare il Curry del calcio?

“Non mi permetterei mai di dire che posso essere alla sua altezza. Ma posso garantire che farò di tutto per lasciare il segno nella storia di questo sport”.

A proposito di meglio, quanto pesó aver sbagliato quel gol in Champions all’andata contro il Milan in avvio e poi aver fallito il rigore al ritorno? Sarebbe cambiata la storia del Napoli in Europa?

“Questo non lo sapremo mai. Però dagli sbagli si impara e si migliora. Da quell’episodio ho imparato tanto, ho capito dove posso e dove devo migliorare. In Champions meritavamo di più, ma possiamo riprovarci il prossimo anno”.

Dopo l’eliminazione Leao postó una sua foto con scritto “crack”.

“Mi piace la sua semplicità, la sua umiltà. Sul campo è un campione e fuori non è da meno. Lo rispetto tanto, mi ha reso felice con quel gesto così gentile. Ci siamo scambiati la maglia e gli ho augurato il meglio, perché se lo merita davvero”.