Le vicende di questi ultimi giorni legate al tifo del Napoli sono ben note: la protesta fuori lo stadio, il silenzio in curva, le mazzate tra gruppi organizzati in Curva B, il segnale distensivo della curva A fino alla sua protesta per le modalità di vendita dei biglietti di Champions League in trasferta.

Un caos generale che è avvenuto in concomitanza della sonora sconfitta del Napoli proprio contro il Milan in campionato; un silenzio di tomba nel quale si sentivano i tifosi avversari, che sicuramente ha inciso in parte sull'atteggiamento della squadra di Spalletti. In generale uno spettacolo triste nonostante le quasi 50.000 presenze, situazione che ancora una volta conferma che, senza un'organizzazione dei cori per tutti da parte dei gruppi, l'atmosfera risulta davvero deprimente.

Faccio fatica a dire la mia sul tifo in maniera netta: è fondamentale avercelo dentro e fuori lo stadio, così come evitare che navighi nella prepotenza o illegalità. Posso solo sperare che venga raggiunto un compromesso che permetta di mantenere entrambe le cose, perché come detto non ci siamo: sono (ri)abbonato alla Curva B da qualche anno, lo sono stato per oltre due lustri negli anni bui post-Maradona e faccio parte di quei tifosi leggermente defilati dal cuore principale, che cantano di rimbalzo in ogni partita.

Nell'analizzare chi ha torto o ragione, a partire dai gruppi organizzati, è necessario innanzitutto non mettere in conto livello di istruzione o quartiere di provenienza, che porterebbe ad un discorso stupidamente classista che comprende tutti o nessuno a priori: nelle 20.000 persone che frequentano le curve la stragrande maggioranza è lì per tifare e godersi lo spettacolo, come il sottoscritto.
Poi ci sono qualche centinaio di tifosi che crede veramente in "Napoli siamo noi" - grossa cazzata, Napoli è di tutti e nessuno - e ha l'arroganza di pensare di dover avere una corsia preferenziale quando arriva allo stadio, scacciando gli altri dai posti centrali e saltando le file quando c'è (c'era) la vendita dei biglietti fisici, in maniera prepotente e talvolta violenta.

Tutte cose che ho visto in prima persona e quindi non per sentito dire, la soluzione è evitare che ciò accada con i mezzi a disposizione - vedi la sola vendita online, al netto delle problematiche tecniche e di comunicazione - o fare in modo, in qualche maniera, che queste persone vengano isolate o "educate" nel capire che i tempi sono cambiati dagli anni 80', e che tutti hanno gli stessi diritti anche se non vanno sempre in trasferta o tifano a squarciagola ogni secondo. Le analisi sommarie sul tessuto sociale ed economico della città lasciamole fuori dallo Stadio, che non è luogo né argomento per trattarle in maniera adeguata e corretta.

Arriviamo alla Società Sportiva Calcio Napoli, di cui apprezzo la volontà nel trattare i tifosi alla stessa maniera, ma che ad oggi pecca ancora nella forma più che nella sostanza. Dalle dichiarazioni spesso poco empatiche di De Laurentiis alla comunicazione frammentata e tardiva della messa in vendita dei biglietti o delle regole di utilizzo dello stadio; oppure decisioni incomprensibili come la vendita non contemporanea e il costo identico tra i settori superiori e inferiori, che hanno decisamente meno visibilità. È ovvio che con i gruppi dei tifosi organizzati bisogna avere una comunicazione più puntuale e precisa, senza dover scendere a compromessi ma nemmeno ignorare che esistano, con un malcelato classismo che fa il male della squadra, dell'ambiente e di riflesso anche di tanti altri tifosi.

Di certo eliminare gli ultras dalle curve, pensare che tutti siano violenti e rendere lo stadio un teatro silente è la scelta più sbagliata che ci possa essere. Il tifo e il baccano sono componenti fondamentali per lo spettacolo e per la squadra di casa, necessitano di organizzazione ed è questo che bisogna tornare a fare, trovando la forma e la sostanza migliori possibili.

[Crediti | Foto: Antonio Fucito]