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Valon Behrami
Valon Behrami

Valon Behrami, ex Napoli ed ora opinionista di DAZN, ha rilasciato un’intervista al Mattino per parlare del Napoli.

Cosa ha detto lo svizzero

«Quando giocavo non pensavo che avrei fatto questo lavoro dopo». Siccome non ho i social, con l'amico Marco Parolo ho deciso di mettere su una trasmissione per parlare con le community di tifosi online.

“Step on Football" nasce dal nostro desiderio di provare a parlare con la gente perche ci sono tanti punti di vista nel calcio. Ci piace metterli insieme e riuscire ad analizzarli. E onestamente mi piace il fatto di avere il contatto con la gente, chattare con loro e rispondere alle loro curiosità».


Strano ma vero, perché lei i social non li ha.

«È vero: sui social non esisto più. È stata una scelta fatta di comune accordo con mia moglie Lara che aveva anche più seguito di me».

Come mai?

«Arrivi a un certo punto nel quale devi scegliere se vuoi proteggerti e rimanere una coppia autentica o diventare una coppia social. E diciamoci la verità: di questi tempi non è che le coppie social funzionano troppo. E poi sto meglio cosi anche per quello che è il mio lavoro di adesso. Ogni tanto vedo su X che ci sono insulti uno dietro l'altro e francamente non so come oggi riuscirei a gestire una cosa del genere. Non faccio più il calciatore, sono più fragile nel lavoro di opinionista perché sono all'inizio e devo imparare ancora tanto. Diciamo che lasciare i social è stata una scelta legata alla privacy, ma anche voleva essere l'occasione per dare un esempio alle nostre figlie. Non è quello il futuro che mi piacerebbe per loro: tutto il giorno a postare foto. Mi piacerebbe imparassero a fare altro”.

E loro come la vivono?

«Sono due ragazzine di 16 e 9 anni. La più piccola non ha ancora il cellulare, la maggiore l'ha avuto solo l'anno scorso. Cerchiamo di farle vivere in un altro modo».

E con i social come si regola per sua figlia?

«Li ha ma tutti profili chiusi. Magari all'inizio si ribelleranno sia lei che la sorella più piccola, ma sono sicuro che poi seguono l'esempio che hanno in casa».

Proprio a "Step On Football" rispondendo alle domande dai social lei ha fissato la data nella quale il Napoli vincerà lo scudetto...

«Ho studiato il calendario. Se il Napoli sarà primo il 6 aprile, poi vincerà il titolo. Non vedo come possa calare la tensione con partite sulla carta dove parti sempre favorita. E poi c'è Conte che non lo permetterebbe alla squadra: piuttosto ribalta lo stadio. Certo, fino a quel giorno ha ancora scontri diretti ed insidie. Ma la sensazione che ho oggi è quella di una  squadra molto forte”.

Se lo aspettava?

«No. Così come non mi aspettavo questo Conte così evoluto».

Ovvero?

«Conte è un allenatore che non trova compromessi in se stesso. Vuole il massimo anche quando la squadra non è da sogno. Non so dove trova la fame per andare ad evolversi ancora».

Da Conte a Spalletti, il Napoli che domina il campionato ha il comune denominatore di un allenatore carismatico, lei che conosce questa piazza si è fatto un'idea del perché?


«A Napoli o prendi un comandante o fai fatica. Ci sono troppi fattori ambientali che ti possono portare dalle stelle alle stalle. È una città nella quale senti l'umore della gente, ti svegli la mattina e capisci se il Napoli ha vinto o ha perso. Da giocatore non sempre hai la  sensibilità per capire il momento. Se invece hai un comandate che si mette davanti, è lui il leader e tu devi fare solo il calciatore in campo. Fuori ci pensa lui. Seguire quella linea a Napoli è fondamentale. Se ascolti solo una voce e quella voce ti convince perché ne hai piena fiducia, il discorso cambia. Il comandante si prende gli alti ed i bassi”.


Nota delle analogie col Napoli dello scudetto di Spalletti?


«Con Spalletti c'era l'incoscienza e la voglia di diventare vincenti trascinati dall'entusiasmo e dallo spettacolo. Questa è una squadra più pragmatica, segue alla lettera quello che vuole l'allenatore e ha dentro una mentalità vincente. Quando giochi a 150 all'ora è difficile che ti vengono a prendere. Vedo una squadra in totale controllo a livello tecnico e mentale della partita. A questo Napoli basta una situazione di gioco per chiudere i conti, perché si muovono tutti in maniera perfetta».

Lei ora è passato dall'altra parte, quella dell'intervistatore: com'è avere Conte in diretta?

«Conte gestisce lui l'intervista. Se non ha voglia di rispondere parla lui per 3 minuti e ti fa scadere il tempo. Ma così manda un messaggio alla squadra».

Quanto è difficile fare domande a caldo ai protagonisti dopo le partite?

«Oggi gli allenatori si arrabbiano tutti. Nicola è uno di quelli che apprezzo di più, so che non mi risponde male e abbiamo tanta confidenza. Il filtro della tv è una barriera importante, se ci vediamo fuori abbiamo un modo di comunicare diverso, ma la tv azzera tutti i rapporti. È difficile capire che non c'è malizia quando fai un'analisi, io non voglio mai provocare».

Lei che idea si è fatto del mercato invernale del Napoli?

«Questo gruppo adesso è primo e gioca una volta a settimana, se porti un top player, che magari ha anche uno stipendio astronomico, quasi delegittimi quello che hanno fatto fino a ora e fai porre dei dubbiai giocatori: "Non si fidano di me?". E chiaro che la gente voglia il super nome ma se non riesci a prenderli meglio restare così. L'unica paura è quella di un ipotetico infortunio».

Giro di curiosità su Valon Behrami: per strada la riconoscono ancora anche se non si tinge più i capelli?

«Ho smesso di tingerli quando ho smesso di giocare».

Perché?

«Lo facevo per motivi scaramantici. Quando mi sono rotto il ginocchio non avevo i capelli ossigenati e mi sono messo in testa che mi fosse successo per quello».


Andiamo avanti: è vero che lei è diventato calciatore quasi per caso?

«Confermo. Da bambino facevo solo atletica e infatti quel lavoro mi è servito tanto anche per il calcio e si vedeva: tecnicamente non ero uno con i piedi vellutati. Poi un giorno, per caso, un mio compagno di scuola delle elementari mi dice che il papà ha bisogno di un giocatore per una partita amichevole. "Ti passiamo a prendere noi". Gioco per la prima volta, vinciamo e faccio 3 gol. In quel momento ho capito che bastava così poco per essere felici. Nell'atletica è difficile trovare queste soddisfazioni».


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