Uniformità di giudizio non significa vittimismo
Inizia il campionato e con le polemiche abbiam cominciato. È sempre stato così, da che si ha memoria. Non esiste un campionato in cui non ballino teorie, dubbi amletici e complotti chimici a dir si voglia.
Anche questo ha il suo lato affascinante, lo ammettiamo. Da qui partono i più disparati sfottò che si leggono sui social, che si sentono tra amici di fede diversa. Quest'anno è stato diverso, perché il tutto si è alimentato prima dell'inizio di Frosinone - Napoli, cioè la gara inaugurale del campionato 23-24. Il tutto nasce, ovviamente, dalla diatriba, se tale si può definire, tra il Napoli di De Laurentiis e la FIGC capitanata da Gravina. I famosi 3.2 milioni che in realtà dovrebbe il neo CT della nazionale italiana Spalletti versare nelle casse del suo ex club e che in realtà vedrà - molto probabilmente - un dissidio unicamente tra le ultime due parti in causa citate. Ma questa è un'altra storia.
Quindi, a detta di molti, il Napoli sarà "tenuto d'occhio" per tutto il campionato, addirittura per "impedirgli di vincere". E così che, dopo 7 minuti di gioco, il Napoli subisce un rigore per fallo (dubbio) del neo acquisto Cajuste. L'arbitro prima lascia correre, ma dopo pochi secondi fischia il penalty. Chiaro atteggiamento di chi il dubbio lo ha. Rigore confermato e gol del Frosinone. Ma il Napoli è troppo più forte dei ciociari e vince la gara in scioltezza.
Ma se di fronte ci fosse stato un avversario più ostico? Domanda complicata, anche se lo scorso anno il Napoli è andato in svantaggio numerose volte e sempre è riuscito a ribaltarla. Fu quella la più grande, e decisiva, novità rispetto agli anni precedenti. Gli uomini di Spalletti non si disunirono mai. Ma chiaramente con Rudi Garcia la storia può tranquillamente essere diversa, considerando anche le variazioni tecnico tattiche che il francese pian piano sta apportando.
Il giorno dopo, precisamente nel posticipo domenicale Udinese - Juventus, gli uomini di Allegri ricevono un rigore - non dico dubbio perché il fallo di mano è evidente, ma quantomeno contrario al protocollo subentrato quest’anno del ‘no ai rigorini’, fischiato senza esitazione da parte dell'arbitro. Tiro dagli undici metri trasformato da Vlahovic, 0 a 2 e partita finita. Le immagini fuoriuscite quest’oggi, precisamente quelli che dovrebbe avere l'uomo al VAR ma che non ha, mostrano in realtà due dinamiche differenti.
Nel caso di Frosinone - Napoli, con l'azione a rallentatore, si vede chiaramente che lo svedese Cajuste prima tocca il pallone, il calciatore frusinate entra a gamba tesa e poi viene colpito. La dinamica, quindi, cambia. Un rigore non netto come sembrava, ma che alimenta molti dubbi. Anzi, rivedendo le immagini, forse il rigore non c'era. Così come a Udine. Vedendo i rallenty del giorno dopo, forse il calciatore fruliano ha il braccio dietro il corpo e soprattutto è molto vicino a cross. Anche in questo caso il rigore è molto dubbio e aggiungerò discutibile.
Episodio simile è accaduto in Premier League, il miglior campionato al mondo. Durante Totthenam - Manchester United, la gara di cartello. Un mani in area che sembrava evidentissimo non è stato fischiato, dopo averlo rivisto al VAR. Quindi nel big match della Premier viene negato (giustamente) un rigore per fallo di mano, mentre in Italia, in una gara non di cartello, un fallo di mano molto meno grave viene sanzionato con la massima punizione, senza che l'arbitro, tra l'altro, si sia recato al VAR.
Differenza sostanziale, bene sottolinearlo. È sempre rischioso scrivere o parlare di queste dinamiche, perché il filo che mantiene l'equilibrio spesso si sposta verso il vittimismo. Ma il vittimismo, in realtà, non fa parte del nostro modo di fare. Lo respingiamo. E lo facciamo con forza. Uniformità di giudizio, quella chiediamo e cerchiamo. Uniformarsi agli altri campionati europei, soprattutto a quello inglese. Aver introdotto il VAR avrebbe voluto dire annullare gli errori. E la discrezionalità dell'arbitro dovrebbe andare a farsi a benedire, detto molto sinceramente. E chiedere a gran voce uniformità di giudizio - evitando modifiche ad un protocollo univoco che, inizialmente, non lasciava adito a presunti sovvertimenti - non significa assolutamente fare vittimismo. Sono due cose ben distaccate e diverse.
Così come non è vittimismo sentire ancora beceri cori inneggianti il Vesuvio partire dalle curve (ma non solo curve) avversarie. È stato lo stesso Rocchi a parlare di pugno duro. Pugno duro che, come volevasi dimostrare, NON si è visto. Ma su questo - purtroppo, è per l’ennesima volta - non avevamo minimamente dubbi.