Su Napoli e i napoletani se ne dicono tante. Per l’immaginario collettivo, ad esempio, siamo maestri nell’arte dell’arrangiarsi e sempre pronti a tendere la mano a chi ne ha bisogno o capaci di risolvere i problemi di una giornata con un sorriso e addirittura abituati a campare vivendo alla giornata. Inutile dire che tanti sono gli stereotipi ormai difficili da spezzare, ma in alcuni casi aiutano a capire, almeno in parte, le contraddizioni di un popolo dalla cultura millenaria come quella partenopea.

Dei napoletani si dice anche che vivano la passione per la propria squadra come nessun’altra tifoseria in Italia, qualcuno dice nel mondo. Eppure, io che sono nato e cresciuto a Napoli, non riesco a riconoscere nei miei concittadini questa fama. Sia chiaro, non nego che ci sia un grande trasporto per i colori azzurri, ma non al punto da definire quella partenopea la “miglior tifoseria” d’Italia, figuriamoci del mondo.

Molti di voi, lo so, staranno storcendo il naso e ognuno, a modo proprio, starà rivivendo aneddoti unici legati ad una partita o comunque al calcio e che dovrebbero, di diritto, posizionare i napoletani in cima a questa ipotetica classifica. Eppure, nonostante anche io abbia i miei ricordi, fatti di commoventi emozioni, di canti e giornate passate senza voce, proprio non ci riesco.

Potrei toccare diversi argomenti per dare forza alla mia tesi, ma in risposta all’articolo di Guido Olivares, mi voglio soffermare sulla ormai ripetitiva situazione biglietti. Lo so, ho toccato quello che per molti è un nervo scoperto, ma credo sia giusto provare ad affrontarlo in maniera distaccata, senza condizionamenti e quanto più fredda possibile.

Ci si è chiesto, alla luce degli oltre centomila spettatori portati allo stadio da Milan e Inter per la Coppa Italia, come sia possibile che a meno di una settimana dalla partita con la Cremonese, i biglietti non siano ancora disponibili. I commenti sono i soliti e il più delle volte non si interrogano su quali siano le motivazioni, ma preferiscono chiudere la querelle parlando di disorganizzazione, poca attenzione verso i tifosi o l’evergreen “siamo la bancarella del torrone”.

La strategia di vendita del Napoli

Che il Napoli, per scelta commerciale, abbia impostato una politica attendista nella vendita dei biglietti è cosa risaputa, ma che il ritardo nell’avviare la prevendita dei prossimi eventi casalinghi sia in parte attribuibile a quanto accaduto domenica nei pressi di Arezzo – feroci scontri tra ultras che hanno bloccato per ore l’autostrada del sole – nessuno ci pensa? In fondo la giustizia sportiva e ordinaria non si sono ancora espresse e se la sfida alla Juve, data la tempistica, non permetteva interventi, non si può dire altrettanto per le prossime partite. Immaginate cosa vorrebbe dire vendere dei biglietti per poi vedersi chiudere le curve e organizzare i rimborsi, una situazione non piacevole e che, alla luce di quanto ci ha raccontato il passato, meglio evitare.

Basta tornare indietro di un anno, era il 13 gennaio 2022 e il Napoli, in lotta per il primato in Serie A, sfidava la Fiorentina, non la Cremonese - con tutto il rispetto - agli ottavi di Coppa Italia. Per l’occasione il Napoli si adoperò per realizzare un mini abbonamento che, a partire da 25 euro per la curva, permetteva di assistere a quella sfida e a quella di campionato con la Sampdoria. Sapete quanti biglietti furono staccati? La miseria di cinquemila tagliandi contro i viola e poco più di ottomila con i doriani. Nemmeno quindicimila tifosi, mentre la Roma, in coppa Italia contro il Genoa, si presenterà all’Olimpico con sessantamila tifosi al proprio fianco.

Vogliamo parlare delle sfide europee? Sempre nella passata stagione, Napoli – Leicester, partita decisiva per il passaggio alla fase ad eliminazione diretta e solo undicimila biglietti venduti. Mentre, sempre la Roma faceva il tutto esaurito nella terza coppa continentale contro il Bodo Glimt, una squadra da dopolavoro ferroviario norvegese, dopo aver preso sei palloni sei in trasferta.

E che dire degli abbonamenti? Per anni ci si è lamentati della mancanza di riduzioni, ma quest’anno come è andata a finire? La risposta dei supporter azzurri ai prezzi promozionali per le famiglie, gli Under14, prelazione e sconti per le partite di Champions è stata meno di diecimila sottoscrizioni, e nonostante tutto abbiamo assistito a tweet al veleno di chi si sentiva discriminato perché nel 2022 la SSC Napoli aveva previsto un prezzo ridotto per le donne, riducendo la lotta per la parità di genere a un mero esercizio di polemica decontestualizzata.

Gli incontentabili

Quando sono arrivato a Napoli vincere con la Juve era come vincere lo scudetto e oggi se non si vince 10-0 con l’Ascoli sono tutti dispiaciuti

Diego Armando Maradona

La verità è che siamo incontentabili, fu lo stesso Diego a dirlo. E questo modo di approcciare al nostro essere tifosi ci ha portati negli anni a credere che quello che stiamo vivendo sia tutto dovuto. Che andare in Champions è l’obiettivo minimo, che le Coppa Italia vinte valgono quanto il Birra Moretti e che disertare lo stadio per le partite non di cartello sia giusto.

Oggi ci ritroviamo ad essere una squadra che per media spettatori è distante dalle milanesi, dalla Roma e che se la gioca con Lazio e Fiorentina, squadre che nella migliore delle ipotesi hanno un quinto dei nostri tifosi. C’è chi dice che la condizione economica, la carenza di parcheggi e trasporti o le condizioni dello stadio incidano in maniera significativa su questi dati, ma sicuri di voler ridurre tutto a questo? Certe difficoltà non sono esclusiva di Napoli e provincia ed infatti, in determinati eventi, queste criticità svaniscono per far spazio ad una vera e propria caccia al biglietto. Tutti disoccupati con famiglia a carico quando bisogna criticare i prezzi dei tagliandi, ma pronti ad aprire il portafogli per il telefonino all’ultimo grido o per prenotare residence da mille e una notte a Formentera. Perdonerete quest’ultimo passaggio con il quale si è voluto generalizzare una condizione che non appartiene a tutti, ma che rappresenta uno spaccato della realtà.

Il Napoli può e deve migliorare nel customer relationship, affidandosi anche ad un management capace di intercettare le esigenze e premiare quei tifosi che non hanno mai fatto mancare il proprio sostegno – tengo a precisare che non c’è riferimento ai gruppi organizzati violenti – ma allo stesso tempo i tifosi devono interrogarsi e chiedersi se sono sempre stati accanto alla squadra al di là del risultato o della competizione. Questa estate la società, per la prima volta e in maniera concreta, ha fatto un passo importante verso i sostenitori azzurri, trovando però la sola risposta dall’esiguo zoccolo duro e scontrandosi invece con l’indifferenza e le accuse di una frangia che chiedeva di disertare lo stadio.

Bisogna invece ritrovare quella purezza del tifo incondizionato che ci ha contraddistinto per decenni e che ci rendeva unici nel panorama italiano e riconosciuti in quello mondiale. Tornare ad essere il dodicesimo uomo in campo e un’unica voce a sostegno della maglia azzurra. Tornare al principio, rivivere un nuovo inizio e riscoprire quanto è bello essere napoletani e tifosi del Napoli.


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