Altra cocente sconfitta per il Napoli, ormai incapace di incidere contro le dirette avversarie, che troppo facilmente portano a casa il risultato, come successo nella serata di domenica, quando il Milan pur sfoggiando una delle peggiori prove offensive dell’ultima parte di campionato, ha conquistato i tre punti con il gol decisivo di Theo Hernandez nel primo tempo.

Quinta partita in trasferta consecutiva senza reti per il Napoli, che scivola al nono posto, a sette lunghezze da un’Atalanta sempre più lanciata verso la Champions League; al contrario il Milan, nonostante una gestione discutibile del match e tante assenze, tiene il ritmo delle primissime della classe, portandosi a -1 dalla Juventus, Inter ancora distante.

Milan-Napoli: lo schieramento tattico 

Milan (4231): Maignan; Calabria, Kjaer, Gabbia, Theo Hernandez; Adli, Bennacer; Pulisic, Loftus-Cheek, Leao; Giroud

  • In fase di possesso baricentro alto sui 50m, terzino sinistro in spinta con a destra Calabria (e poi Florenzi) bloccato a formare una difesa a tre, con preventiva su Kvaratskhelia, in avanti Loftus-Cheek, come da previsione, a ridosso di Giroud, con i due che più di una volta si sono scambiati posizione; in fase difensiva la squadra si abbassa notevolmente (41m), passando ad una sorta di 433 con Loftus-Cheek che da vertice alto passa al vertice basso con i due mediani che si allargano formando una linea a tre di centrocampo, anche Theo Hernandez scala , in particolare nella seconda frazione dove i rossoneri hanno principalmente contenuto.

Napoli (352): Gollini; Rrahmani, Ostigard, Juan Jesus; Di Lorenzo, Anguissa, Lobotka, Zielinski, Mazzocchi; Kvaratskhelia, Simeone

  • In fase di possesso la linea a tre si tiene in posizione con Lobotka sulla linea di metà campo, sulle mezzali Anguissa leggermente avanzato rispetto a Zielinski, a sinistra inoltre con un Kvaratskhelia in posizione centrale la fascia se la prende Mazzocchi, con numerose percussioni in uno contro uno, al contrario dall’altro lato Di Lorenzo su Leao rimane basso; in fase di non possesso la squadra passa alla difesa a cinque, i due quinti di centrocampo scalano, la squadra comunque rimane sui 50m, ma proprio per questo soprattutto nel secondo tempo si allunga creando troppa distanza tra la linea di centrocampo e quella difensiva.

Milan-Napoli: i numeri del match 

Il match è stato equilibrato, poca qualità da ambo le parti, alla fine a decidere è un errore grossolano a difesa schierata del Napoli, con i difensori che guardano il pallone e si disinteressano completamente di Theo che indisturbato scatta arrivando a tu per tu con Gollini, che non è perfetto nell’uscita e si fa bucare dal francese. I numeri testimoniano un equilibrio spezzato solo da un’ingenuità azzurra, 2 grandi occasioni per parte, con 12 conclusioni per gli ospiti (0.67 xG) e 10 per i padroni di casa (0.90 xG).

Ma la sensazione è che la squadra di Mazzarri poteva e doveva fare decisamente meglio, soprattutto con un Milan così in difficoltà. Partendo dall’approccio alla gara, il Napoli entra in campo bene, Anguissa abbozza un paio di giocate sull’esterno tipiche della passata stagione favorendo il movimento di Di Lorenzo verso l’interno, scelta poi non riproposta durante il prosieguo del match.

È questo il primo punto da analizzare, il Milan stava andando in difficoltà con questa posizione del numero 99 avversario proprio perché creava un 4 vs 3 a centrocampo, andando in inferiorità numerica, con Mazzocchi che si stacca andando a fare l’esterno e Di Lorenzo che entra, a questo punto due le scelte del capitano, scarico su Simeone che viene incontro o palla in profondità per Kvaratskhelia che taglia a destra, il Milan così era in affanno perché sistematicamente sotto di un uomo a centrocampo visto lo schieramento a tre in fase difensiva, inspiegabile la scelta di non spingere su questa soluzione.

Anguissa:

Inspiegabile come un primo tempo (a parte l’inizio gara) totalmente regalato ai rossoneri, ed il motivo, soprattutto in fase offensiva (oltre a quello che abbiamo già visto) è abbastanza chiaro, la scelta di Zielinski dal primo minuto è infatti risultata dannosa per un centrocampo che sull’out di sinistra non è risultato mai pericoloso, ma soprattutto con il polacco non ha mai aiutato Mazzocchi in sovrapposizione, lasciando l’esterno italiano sempre in 1 vs 1, senza mai creare superiorità, e di conseguenza, pericolosità offensiva.

Non a caso è stato l’ingresso di Lindstrom a rivitalizzare un match che era praticamente spento, più che un secondo tempo in ripresa infatti, si deve parlare di un ultimo quarto d’ora in ripresa, il Napoli infatti per un possesso palla (60%) statico e un giro palla orizzontale e mai in verticale, ha fatto fatica anche solo ad entrare in area, con l’ingresso del danese al minuto 76 la partita è cambiata, e l’occasione migliore la crea proprio il numero 29, ancora una volta come con il Verona, subentrato da mezzala, e questo fa tutta la differenza del mondo.

Il Napoli tocca 12 dei 22 palloni totali in area dal 75’ in poi, e lo fa perché l’ex Francoforte, che è troppo leggero per giocare a tutta fascia, da dentro al campo grazie alla sua grande maturità tattica nonostante l’età giovane e alla sua capacità nel controllo nello stretto, riesce a scambiare e ad alzare la linea della squadra entrando in area da portatore di palla o inserendosi senza, ed in più lascia anche più spazio al terzino sinistro facendo quello che sarebbe toccato a Zielinski, portando via l’uomo verso l’interno, o viceversa, scambiandosi di posizione.

 Qui Olivera va verso l’interno, attirando il suo marcatore, a questo punto arriva il raddoppio al limite dell’area per evitare che parta il tiro dalla distanza, e allora ecco Lindstrom che si allarga (partendo da centrale) sfruttando tutta la corsia a disposizione. In questa posizione di mezzala (che diventa trequartista tra le linee in fase offensiva) in appena 42 minuti giocati (ultimi due match) ha collezionato 4 passaggi chiave, con 30 tocchi di palla (1 passaggio decisivo ogni 8 tocchi) e 2 grandi occasioni create, augurandoci di non doverlo più rivedere relegato esterno in un ruolo che mai gli apparterrà.

Ma l’errore più grande non sta nella titolarità di Zielinski, o nella scelta di accentrare Anguissa, limitando così anche Di Lorenzo, ma sta nell’identità della squadra. Mazzarri era partito (a detta sua) da principi molti vicini a quelli di Spalletti, studiandolo a fondo (sempre a detta sua), poi col passaggio alla difesa a tre si è subito pensato ad un ritorno alle origini, quando si è in difficoltà d’altronde, l’istinto ci porta a ritornare sulle nostre certezze, seppur passate, ma poi è arrivato San Siro, è arrivata una squadra con la difesa a tre, che passa a cinque, ma che lascia 30 metri di campo a Theo indisturbato alle spalle della linea, ma che allo stesso tempo con un possesso tanto sostanzioso (60%) quanto sterile, non fa movimento in avanti e non crea profondità e trame di gioco riducendo il tutto ad una costruzione passiva e laboriosa, fin troppo.

E allora ecco il tema dell’identità, come gioca il Napoli? A questa domanda qualche mese fa avremmo risposto che la squadra (al tempo) di Garcia aveva diversi problemi e che tatticamente era allo sbando, oggi a questa domanda probabilmente non c’è risposta vista la confusione e i cambi di piano gara in corso (per paura più che per risolvere il match). Il primo punto per risolvere un problema, è sempre quello di individuarlo, ma se per la totale apatia tattica questo passaggio viene meno, allora il primo passo dopo l’errore, inevitabilmente, è quello di ripeterlo.