Alla lunga, lunghissima lista delle opinioni non richieste e non necessarie che hanno accompagnato le ore successive alla sentenza esecutiva della Corte d'Appello Federale della Figc, che ha penalizzato la Juventus con un meno quindici dal sapore e la consistenza di un antipasto gourmet - rispetto agli ulteriori filoni di inchiesta la cui uscita è prevista a giorni - si uniscono le dichiarazioni catenacciare di Andrea Abodi, che neanche alla luce del lavoro di più giudici, sportivi e ordinari, riesce a esporsi con nettezza su una situazione che, ultra garantismo a parte, sembra avere dei contorni ben definiti.

C’è un’esigenza che deve essere soddisfattaperché spiegare è importante quanto decidere. Aspetto le motivazioni e chi ha la responsabilità spieghi questa decisione e perché non ne sono state prese altre

Se pensate di aver appena letto le dichiarazioni di uno dei tanti talent ex Juve che popolano il dibattito televisivo, vi sbagliate. E di grosso. Sono parole e musica del Ministro dello Sport di questo paese.

Ora, già è faticoso comprendere le prime pagine italiane che ignorano i principi del diritto sportivo alla base del lavoro, prima di Chinè per riaprire il caso plusvalenze, poi della Corte d'Appello a potenziarne la richiesta di penalizzazione, figuratevi quanto possa essere deprimente ascoltare il vuoto delle dichiarazioni della carica più alta in grado nel settore dello sport italiano.

A rendere ancora più stonata l'uscita di Abodi è un dettaglio non di poco conto relativo al suo incarico: il suo magistero è responsabile anche delle politiche per i giovani, la cui passione è messa a dura prova dall'ennesimo scandalo made in Italy, il più classico degli "Italian Job" come titolato dalla stampa d'oltremanica.

In epoca social, il potere di sotterrare la polvere sotto il tappeto del non detto è quasi svanito. Ormai viviamo in un mercato globale e le informazioni viaggiano da un continente all'altro in tempo reale, come anche le brutte figure. E il loro strascico è potentissimo, in termini d'immagine che per forza di cose si trasforma in danno economico.

Da un neo ministro ci saremmo aspettati maggiore coraggio. Se non altro dovuto alla trance agonistica di avere l'opportunità di determinare nei giorni di maggiore adrenalina del suo mandato, e quindi a coscienza libera, senza vincoli consolidati nel tempo. Invece, sin da subito, un velo di fastidio, nel trovarsi pronti via con la patata più bollente degli ultimi sedici anni, lo abbiamo percepito.

Non che ci aspettassimo qualcosa di estremamente eroico, non è questo il paese giusto, ma che almeno non si andasse nella direzione opposta a quella tracciata dai giudici, alimentando un sospetto circa le motivazioni che hanno spinto alla sentenza afflittiva. Da un ministro, che è anche responsabile dei giovani oltre che dello Sport, non arriva il migliore dei messaggi.

A naso, ci sembravano questi i giorni migliori per ricorrere finalmente al tanto acclamato garantismo, ma in difesa del verdetto appena pronunciato, sia chiaro.

Invece, la fretta nervosa manifestata da Abodi di conoscerne le motivazioni ha un sotto testo che ci racconta di una sua perplessità circa la decisione. Forse siamo troppo esigenti e malpensanti, vero. Ma i sensi di colpa per le nostre ardite aspettative svaniscono leggendo il comunicato dei legali della Juventus, sovrapponibile alle riflessioni del ministro, eccezion fatta per il tono sicuramente più sfacciato.

Tra l'altro lo stesso Abodi, nei primi giorni dello scandalo, si augurava che ci fossero anche altri club coinvolti nelle indagini, in modo da poter fare finalmente pulizia. Come se la sola Juventus non fosse abbastanza per iniziare a porre dei provvedimenti.

Il calcio italiano è crollato. Ci sono solo macerie. Non c'è più nulla da preservare. La stagione della ricostruzione dovrebbe essere iniziata da un pezzo. Temporeggiare non fa altro che allungare l'agonia. Ci sono altri processi in vista, altre sentenze e altre motivazioni da attendere, senza farsi prendere dai dubbi, magari accogliendo con determinazione, entusiasmo e voglia di ricominciare sul serio.

E possibilmente alimentando un sentimento di fiducia per chi è chiamato a giudicare. Perché di garantismo alternato questa nazione sta morendo e prima di essa è morto quello che un tempo neanche troppo lontano ne rappresentava un'eccellenza. In venti anni la Premier ci ha divorato. E i soldi non sono piovuti dal cielo d'Inghilterra per miracolo. Li ha calamitati la competitività che è alla base dello sport e che gli inglesi hanno saputo interpretare e far loro, creando un sistema tifoso centrico.

In questo momento avremmo bisogno di qualcuno che si assumesse la responsabilità anche tramite la scelta delle parole. Perché chi ha abusato della sua storia e del suo potere lo ha fatto per il proprio tornaconto, non per salvare il movimento, come si vuol far credere. E se vengono condannati anche i potenti tramite l'utilizzo del diritto, in questo maledetto paese allora i giovani di cui è responsabile il ministro avranno un motivo per continuare a credere nelle istituzioni.

Abbiamo disperato bisogno di una figura che attacchi il futuro e che non si senta legato a principi di conservazione di un sistema arrivato al capolinea. Credevamo di avere un nuovo Ministro dello Sport, ma a quanto pare ci ritroviamo un altro Ministro della Difesa. Difesa ad oltranza.