La Corte d’Appello Federale, preso atto delle nuove prove presentate, ha comminato alla Juventus una penalizzazione di 15 punti da scontare nella stagione in corso, accogliendo e inasprendo la richiesta iniziale di 9 punti presentata dal procuratore Chinè. Le motivazioni della sentenza arriveranno entro 10 giorni. Da lì in poi la Juventus avrà 30 giorni di tempo per presentare ricorso al CONI.

Un duro colpo, dunque, per il club bianconero, che parrebbe essere solo il preludio ad ulteriori azioni sanzionatorie da parte della UEFA; senza dimenticare che il 27 marzo si terrà l’udienza preliminare per l’inchiesta Prisma, nell’occasione il giudice Picco, stabilirà se il club e i 12 indagati andranno a processo o meno.

La reazione della Juventus

Non si è fatta attendere la risposta dei legali del club che in merito all’accoglimento del ricorso per revocazione hanno parlato di “palese disparità di trattamento ai danni della Juventus e dei suoi dirigenti rispetto a qualsiasi altra società o tesserato” e aggiungendo che “alla sola Juventus e ai suoi dirigenti viene attribuita la violazione di una regola, che la stessa giustizia sportiva aveva ripetutamente riconosciuto non esistere”.

Ma cosa ha portato alla revoca del processo che in primavera si era concluso con l’assoluzione di tutti i club coinvolti? Le prove prodotte dai magistrati di Torino - che indagavano nell’ambito dell’inchiesta Prisma, attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, ma soprattutto col ritrovamento di documenti compromettenti nella sede bianconera e in casa di alcuni dirigenti - hanno spinto il capo della procura federale a contestare il fatto che le plusvalenze avevano come unico scopo quello di coprire le perdite. Da qui la richiesta di una pena “afflittiva per portare la Juventus fuori dalla zona delle Coppe Europee”.

Gli avvocati della vecchia signora avevano presentato una memoria difensiva per l’udienza nella quale la revocazione era definita “inammissibile in ragione dell’assenza dei presupposti applicativi di tale mezzo di impugnazione straordinario” sottolineando come non si possa essere “perseguiti o condannati per un reato per il quale si è già stati assolti a seguito di una sentenza definitiva”.

Dare continuità alle indagini è l'unica soluzione

Su una cosa sentiamo di concordare con gli avvocati bianconeri e cioè che ci saremmo aspettati una qualche penalizzazione anche per gli altri otto club imputati e che a vario titolo hanno partecipato al meccanismo delle plusvalenze fittizie. Siamo consapevoli che non può essere aperto un procedimento senza che vengano presentate nuove prove e nel caso specifico la Corte ha giudicato sulla base di quelle prodotte dall’inchiesta Prisma e che avevano come protagonisti la Juventus e i suoi dirigenti, ma cosa aspettano le altre procure nazionali a far luce su quanto accade nel mondo del calcio?

La Juventus è assolutamente protagonista dei fatti che le vengono contestati, ma non è la sola che ha agito, bensì con la collusione di altri club che si sono avvantaggiati non solo da un punto di vista amministrativo, ma che da questo sodalizio hanno avuto un ritorno in termini sportivi. In tanti, ad esempio, si sono affrettati nel dire che non esiste malafede nel mondo arbitrale, ma che bisogna parlare di una umana - e difficile da debellare - sudditanza nei confronti di un club prestigioso. A questo punto però potrebbe valere anche l’idea per la quale tale sudditanza possa spingere un direttore di gara ad avere un atteggiamento diverso anche nei confronti di un club contiguo.

Trattasi ovviamente di banale congettura, ma tutte le ipotesi, anche le più fantasiose, finiscono per essere motivo di discussione nel mondo del tifo, alimentando polemiche e un senso di complottismo che alla fine si traduce con perdita di valore del nostro campionato. Già ci dobbiamo scontrare con un sistema di infrastrutture ormai inadeguato, con un decremento generalizzato del livello tecnico delle squadre rispetto al passato, e se a questo aggiungiamo il tarlo per cui la competizione sia falsata o quantomeno indirizzata su binari preimpostati, comprendiamo meglio il perché di un diffuso calo d’interesse per il calcio italiano dentro e fuori i nostri confini.

Una nuova post Calciopoli è il danno peggiore

Sappiamo che la Juventus, come nel 2006, ha i mezzi per venir fuori da questa inchiesta e che probabilmente stiamo assistendo semplicemente ad un passaggio di mani da un potere ad un altro, ma per quanto altro tempo l’intero movimento potrà nascondere polvere sotto al tappeto? Già diciassette anni fa avevamo avuto la possibilità di fare tabula rasa e ripartire con un progetto serio e sostenibile del calcio, di renderlo finalmente uno sport con regole precise e non un “giuoco” nel quale fosse possibile barare o fare i furbi, ma abbagliati dal trionfo mondiale abbiamo preferito credere che l’attuale calcio italiano sia un modello da seguire. Inutile dire che ci sbagliavamo.

Oggi ci viene data una seconda possibilità, ma dobbiamo avere il coraggio di coglierla, di smetterla di ragionare come tifosi legati ognuno all’interesse per la propria squadra e trasformarci in amanti, nel senso più puro del termine, del calcio. Azioni forti implicano uomini disposti a perdere quei benefit acquisiti nel tempo per abbracciare nuovi ideali e far fronte comune nel nome di una rivoluzione sportivo-culturale che è cioè che manca quando la protagonista è quella sfera di cuoio che abbiamo iniziato ad inseguire sin da bambini.

Il calcio è musica, danza e armonia. E non c’è niente di più allegro della sfera che rimbalza” (Edson Arantes do Nascimento, Pelè)