È il Napoli la prima finalista dell’edizione 2024 della Supercoppa Italia, battuta nettamente la Fiorentina per 3-0 a Riyad, con il vantaggio dell’ex, il Cholito Simeone, e la clamorosa doppietta in pochi minuti da subentrato di Alessio Zerbin, ora la squadra di Mazzarri attende la vincente del match che si terrà questa sera tra Lazio ed Inter, la finale verrà disputata nella serata di lunedì 22 gennaio. Risultato e prestazione che possono dare morale, e che proiettano il Napoli, seppur in una stagione per ora ben al di sotto delle aspettative, alla possibilità di giocarsi un trofeo che i partenopei non alzano dal lontano 2014, quando in finale superarono la Juventus ai calci di rigore.

Napoli-Fiorentina: lo schieramento tattico 

Napoli (3421): Gollini; Di Lorenzo, Rrahmani, Juan Jesus; Mazzocchi, Lobotka, Cajuste, Mario Rui; Politano, Kvaratskhelia; Simeone

  • Napoli stravolto tatticamente, Mazzarri infatti passa alla ‘sua’ difesa a tre in partenza, abbassando notevolmente il baricentro rispetto agli standard delle ultime stagioni degli azzurri. In fase di possesso l’impostazione viene fatta sui 48m, i terzini infatti spingono con più prudenza, soprattutto Di Lorenzo avendo già in Mazzocchi l’elemento di sovrapposizione per Politano; in fase difensiva la squadra si abbassa sui 41m, difesa a cinque con Mario Rui e Mazzocchi a scalare al fianco del trio difensivo, si abbassano sulla metà campo anche gli esterni offensivi.

Fiorentina (4231): Terracciano; Kayode, Milenkovic, Martinez Quarta, Biraghi; Arthur, Duncan; Ikoné, Bonaventura, Brekalo; Beltran

  • Italiano al contrario conferma il suo consolidato 4231, al contrario degli avversari la squadra è molto alta, soprattutto nel secondo tempo, dovendo recuperare lo svantaggio. In fase di possesso il baricentro si alza sui 60m, con i centrali che vanno alle spalle di Arthur vertice basso, che dal centrocampo a due passa a impostare con Duncan che si stacca per aggredire le linee avversarie sulla sinistra, i terzini sono molto alti, soprattutto a destra con Kayode. In fase difensiva la viola sceglie comunque un assetto tattico (come da previsione) rischioso, con una linea difensiva posizionata sui 52m, Duncan sempre molto alto a sinistra a sporcare l’uscita su Mazzocchi/Politano, e i terzini più bassi ma senza rinunciare all’aggressione alta sugli esterni avversari, da cui scaturisce (per un’errata tempistica) il gol del vantaggio azzurro.

Napoli-Fiorentina: i numeri del match 

Prima il tentativo di Garcia, poi quello di Mazzarri di imitare un calcio che non ha nessun presupposto per essere riapplicato a questa squadra, ed allora la presa di coscienza che qualcosa andava cambiato, inevitabilmente, e magari anche contro il dna di una squadra che ha sempre avuto nel dominio del gioco e nella qualità tecnica le sue armi migliori, ed allora ecco che si torna alle origini, alle certezze, dove ci si rifugia quando i dubbi sono tanti e le risposte non arrivano, ed è esattamente quello che giustamente ha deciso di fare Mazzarri.

Il Napoli cambia veste dunque, si abbassa, attende, è aggressivo a centrocampo ma mai rischiando l’inferiorità numerica, e soprattutto mette in condizione i suoi esterni di avere maggiore verticalità, diminuendo il possesso palla, ma utilizzando Cajuste come mezzala di inserimento con Simeone a portare via l’uomo. Il possesso infatti a fine match è del 40% (media del 59.5% in stagione), 8 le conclusioni, 4 in porta, 3 occasioni create, 274 passaggi riusciti (461 per la Fiorentina). 

Ma come Mazzarri ha evidenziato tutti i limiti della squadra di Italiano? Innanzitutto come previsto, il tecnico ex Spezia ha confermato la scelta di alzare la linea difensiva anche in fase di non possesso, e di aggredire i portatori di palla del Napoli grazie alle uscite di Duncan a sinistra e Kayode a destra, andando ad irrompere sulle linee avversarie.

Con questa struttura difensiva una squadra che ama palleggiare e fare possesso aspettando che si crei la giusta occasione, soffre particolarmente, e allora l’unica risposta possibile è la verticalità, ed ecco che il Napoli ne ha aggiunta notevolmente al proprio gioco.

Innanzitutto facendo partire Kvaratskhelia in una sorta di tridente ad albero di Natale (4321), in modo che apportasse maggiore qualità al centro, ed infatti è da lui che scaturisce il vantaggio, venendo incontro alla progressione di Juan Jesus e toccando per il ‘dai e vai’ col brasiliano, e poi l’elemento che ha sorpreso la difesa viola è stato Jens Cajuste, nel primo tempo infatti parte al fianco di Lobotka, ma in realtà gioca esattamente avanti allo slovacco, infatti la sua progressione e il suo passo hanno permesso di spaccare in due la difesa avversaria, il pallone veniva trattato da Juan Jesus che poi aveva due possibilità, scarico su Mario Rui, o progressione personale, a quel punto Kvaratskhelia viene incontro e Cajuste come una sorta di molla si alza e si abbassa a seconda del movimento del georgiano, andando a portare via l’uomo centrale e lasciando così Simeone privo di marcatura al centro dell’attacco (come nel gol del vantaggio).

Cajuste:

Nel secondo tempo la partita è cambiata, la viola infatti ha alzato ulteriormente il baricentro per recuperare lo svantaggio, nonostante l’alto possesso palla (63%), non sono arrivate occasioni, il Napoli infatti si è abbassato e grazie ai costanti raddoppi sulle fasce, e l’aiuto dei braccetti ad allargarsi, gli esterni avversari non hanno trovato varchi e soprattutto non si sono mai trovati in superiorità numerica, ed infatti dei 729 palloni giocati, ben 406 sono stati giocati a centrocampo, per sottolineare l’assenza di profondità concessa dal Napoli che non ha permesso a Beltran o agli esterni offensivi di tagliare dentro, costringendo ad uno sterile palleggio Arthur, che infatti su 96 tocchi, conta 0 passaggi chiave.

La vittoria e la possibilità di giocarsi un trofeo in un momento così complicato di certo fanno morale e danno fiducia, ma la notizia è che finalmente si è accettato di giocare allontanandosi dalla propria natura, consci del fatto che il momento è complicato e in assenza di fiducia proporre un calcio così complicato come quello dello scorso anno è praticamente impossibile, maggiore praticità, verticalità immediata e tanta aggressione a centrocampo senza mai però allungarsi, con una difesa che non concede profondità, queste le chiavi per risalire e cercare di arginare i danni, per tornare a divertirsi poi, ci sarà tempo.