Nino D'Angelo si racconta: dal ragazzino con il caschetto all'uomo di successo
«Sono stato un fenomeno di razzismo tra i più eclatanti. Mi hanno insultato, volevano distruggermi; il ragazzo col caschetto emblema del terrone si è preso il peggio e gli devo tutto. Ora lo ringrazio» - è quanto dichiara Nino D'Angelo in un'intervista a La Stampa.
Il cantautore espone il peso che ha portato addosso durante l'inizio della sua carriera come musicista, dalle critiche musicali ricevute per l'uso dialettico della lingua napoletana, ai pregiudizi riguardanti la città di provenienza: in quel periodo c'era una Napoli stratificata in base al posto in cui si era nati e cresciuti, le differenze tra "i ragazzi del Vomero" e "i ragazzi di Secondigliano". Peso che se all'inizio gli sembrava essere un ostacolo insormontabile, nel corso della sua carriera si è rivelato il trampolino di slancio per arrivare lì dove è arrivato ora. Sarà il 29 giugno la data ufficiale del concerto allo stadio Diego Armando Maradona di Napoli, che vedrà ospiti 80 mila spettatori.
Sarete in 40mila: ci sarà anche quella Napoli che l’ha ostacolata? - è la domanda che pone un giornalista, a cui il cantante risponde: «Secondo me si, qualcuno negli anni è perfino venuto in camerino a scusarsi. Questo è il concerto della vita. Siamo in pochi alla mia età a riempire gli stadi». Parole in cui lascia trasparire la gratitudine che mostrava nei confronti di chiunque seguisse il suo percorso all'esordio - «venivo da una realtà talmente difficile che mi sembrava tanto anche quel poco degli inizi e ringraziavo tutti come mi venisse regalato» .
Nel corso dell'intervista al cantautore si argomentano e si approfondiscono le difficoltà che si possono trovare lungo il percorso, quando si decide di rincorrere un obiettivo. Ma si definisce anche che la costanza, il coraggio e l'umiltà alla fine trionfano sempre, anche quando bisogna fare i conti con i muri dei pregiudizi e delle differenze tra Nord e Sud, che non siamo riusciti ancora ad abbattere.