Il Napoli asfalta l'Hellas Verona in trasferta al Bentegodi con qualche piccolissimo sussulto di sofferenza nel finale di partita, pure sempre in controllo. La buona vittoria in terra veneta che antecede un'altra trasferta in Champions League a Berlino, pietra angolare della stagione, è di ottimo auspicio per la riresa del Napoli ad altissimi livelli.

Qui di seguito i 10 insegnamenti che lascia in consegna il successo contro gli scaligeri di Marco Baroni:

  1. GIOVENTÙ CHE AVANZA

Quei bravi ragazzi dell'Accademy partenopea, un po' sacrificati, un po' dimenticati, talvolta avvalorati solo a parole, finalmente figurano tutti e tre assieme per una decina di minuti nel medesimo match ufficiale, con assoldamento da call of duty e la calibrata flemma agonistica. 

Questi ventitreenni, derubricati alle liste under da qualche anno a questa parte, hanno fatto tanta fatica ad emergere per svariate contingenze sportive e programmatiche del club; adesso però nel pieno della propria verve calcistica reclamano uno spazio da protagonisti ed è soddisfacente vederli associarsi tutti e tre assieme in Serie A pensando a quando militavano nella primavera azzurra (Zanoli e Zerbin acquistati neanche diciottenni) per merito anche di Garcia la cui meritocrazia per l'impegno e la professionalità va declamata.

Seppur in un finale di gara già alle sinossi, Zerbin e Gaetano si ritagliano un occasione da goal a testa e Zanoli si espone difensivamente più che all'attacco, ma con rimostrata propensione alle scalate in avanti, anche sulle marcature.

Fin ora, la vecchia 'next gen' azzurra ha collezionato la miseria di 6 presenze in 3 con un gol all'attivo (Gaetano a Lecce) e appena 111' totali, ma con questo livello di partecipazione complessiva nella squadra e la proficua alimentazione nel gioco, è ipotizzabile che li vedremo subentrare sempre più spesso.

  1. KVARARCIERE

È un leader tecnico fenomenale Kvaratskhelia, quando anche in delle giornate solo apparentemente di tono dimesso, ottimizza la sua presenza a sinistra con giocate penetranti e risolutive. 

I due gol in contropiede che marcano il percorso della vittoria, denotano una nuova serenità, intrecciata a consapevolezza da top player del talentuosissimo Georgiano che, senza colpo ferire, sotto porta trova le giuste proiezioni verso cui far passare la palla, dopo averla orientata sul piede favorevole (primo col sinistro e secondo col destro).

La sua corsa è morbida, caracollante, in certi momenti quasi pesante, ma la sfrecciante progressione in contrattacco illumina il selciato del campo e il tocco palla è sempre una delizia, che sia da fermo o in movimento. Dopo i due gol consecutivi in nazionale, Kvara aggiunge altro olio alla sua tela da artista del calcio, e con i contropiedi fulminei offre nuove proposte dinamiche ai ribaltamenti di campo da un versante ad un altro.

Infine la neo esultanza: Kvara scaglia tre frecce al pubblico, come il mitologico Dio Cupido si narra stoccasse per suscitare il desiderio di nuovi sentimenti. Sarà forse questa la nuova scia di grandi successi che Kvaratshkelia s'impone di seguire, facendo breccia nei meandri del cuore dei tifosi.

  1. INTERCAMBIABILITÀ MODULARE

La tattica è materia ludicamente sprucida; si presta ad interpretazioni e dà luogo a bias cognitivi che fuorviano e destano impressioni talvolta incongruenti con il piano partita.

Forse Garcia non aveva preventivato d'invertire Di Lorenzo di fascia a gara in corso (risultato già benevolo) con il subentrante Zanoli, preservando l'assetto base a quattro uomini in difesa e subendo un solo tiro nello specchio; ma la scelta, seppur non provvida, ha fruttato il riscontro olistico di come i moduli non sono un rebus da confutare e refutare in disamine di gioco, ma conta di più l'utilizzo dei giocatori in quei ruoli cosiddetti 'naturali' ma non unici.

Perciò la varietà, anche avulsa, che il 4-3-3 impone nell'interscambiabilità dei giocatori specialisti dei rispettivi ruoli, è un metodo per escogitare accorgimenti adattivi relativi solo ad alcuni segmenti di partita, che nelle buone sorti, servono a confondere le strategie e gl'asservimenti alle marcature preventive avversarie. Esistono circostanze in cui cambiare modulo sortisce meno effetto che cambiare posizione ai giocatori dello stesso reparto. La vittoria contro l'Hellas docet.

  1. PACCHE PER SPALLE LARGHE

Sono belle le scene di ripristinata armonia tra tutte le componenti dello staff e della squadra, allenatore e alcuni giocatori sugli scudi delle frizioni.

Ma lo scambio di pacche sulle spalle tra Politano e Il mister Garcia, la rinnovata contentezza di Kvara, la panchina che sussulta ad ogni occasione, la fredda maestria di Meret in sventare occasioni pericolose del match, la fantasia di Zielinski, gl'encomi reciproci tra gl'interpreti principali come Raspadori e Simeone ed altre immagini positive, sono un necessario feedback per recensire che la trasferta (burrascosa extra campo per la parte estremista del tifo) in terra scaligera ha consegnato ai tifosi un'unità d'intenti circolare nel club, che alle frange più critiche destava scetticismo, ed un candido spessore umano.

Se Aurelio De Laurentiis aveva professato grande compattezza, la squadra in campo lo ha comprovato. 

  1. LOBOTKA CALAMITY MAN

Stanislav Lobotka contro l'Hellas gioca la sua 16esima partita consecutiva da titolare dall'inizio della stagione, nazionale compresa, e attesta che il suo livello è di assoluta imprescindibilità per le squadre in cui gioca, indipendentemente dalla tipologia di calcio da scegliere. 

Passa dalla sua pitagorica cabina di regia la scelta dei tempi di frequenza di scorrimento del pallone, il riferimento sullo scarico, il pressing di rimbalzo, la copertura di palla nel raccordo di reparto, la soluzione di gioco di comfort. Un giocatore perpendicolare a qualsiasi zona di campo che si proietta sulla palla con invidiabile sapienza tecnica. A Verona spadroneggia nella bassa mediana per almeno 55 minuti con la palla sempre incollata al piede e favorisce tante giocate aposizionali con una vista radar prim'ancora di ricevere lo scarico.

L'istituto statistico Cies in settimana lo ha annoverato tra i primi centrocampisti per precisione di passaggi nella stagione 22/23 con il 94.7% dei traccianti completati. Numeri da migliore assoluto nel proprio ruolo.

  1. L'INTENSITÀ DELLA PRES(ID)ENZA

Poco o tanto da ribadire sulla diplomaticità della presenza, pur sempre tracotante, del presidente De Laurentiis a Castel Volturno per i colloqui privati con la squadra che si adunava giorno dopo giorno al gran completo.

Risultato: il Napoli non è inguaiato e disastrato come si vuole lasciar pensare, i calciatori remano tutti in direzione univoca per vincere le partite giocando al proprio meglio e Garcia vanta la fiducia sincera del gruppo e del board dirigenziale.

Se questa discesa in campo del patron poteva sembrare uno specchietto per le allodole che non sanno vedere cosa adesca dal torbido, Verona rimette tutti i puntini che mancavano alle I di "Rilancio"

  1. PUNIZIONI "FORZATE"

Sono tre i tiri al fulmicotone di Jack Raspadori, due nel primo tempo e una nella ripresa, direttamente da calcio da fermo, con punizioni da mattonelle decentrate che rischiano di perforare le mani di Montipò per la violenza.

È una soluzione che rompe l'impasse della tecnica balistica e propone una nuova soluzione gol del Napoli dal limite dell'area - così come già paventata con Osimhen - di calciare verso la porta in maniera devastante. Quindi arriverà anche l'occasione in cui l'angolazione sarà corretta per gonfiare la rete.

Per il momento Raspa, sobbarcandosi di questa responsabilità con i tre tentativi del Bentegodi e un'insolita scelta di repertorio, mette benzina nei quadricipiti per tirare ancora punizioni da goal. Un plus valore in altre situazione di gioco, per contornare l'area avversaria e tentare di guadagnare fallo in assenza di spazi agevoli da individuare.

  1. L'IGNOMINIA TERRITORIALE

Episodi turpi e dequalificanti refertati dagli spalti del pubblico Veronese che avallano l'atavica rivalità territoriale tra Napoli e Verona e le profonde inimicizie tra le tifoserie (tra l'altro, non meno importanti i 36 Daspo per i supporters azzurri macchiatisi di tafferugli con la polizia fuori lo stadio).

Ma più che scandalose e deprecabili sono le azioni compiute da taluni facinorosi scaligeri che hanno rovesciato birre e altri oggetti dal piano superiore sporgente sulla tribuna stampa ricoperta dai giornalisti campani, tra cui figurava anche l'analista tattico del Napoli Ettore Prota, il quale ci ha rimesso lo strumento di lavoro e ha dovuto rinunciare alla sua professione per la maleducazione imperante in quello e in altri settori. Il Calcio Napoli ha già sporto denuncia alla procura federale nazionale definendosi "esterrefatti dell'accaduto".

Episodio, non inedito a Verona, sempre più increscioso e che mal si adatta alla rivoluzione sistemica che si pretende avvenga nel calcio, fuori e dentro il terreno di gioco.

  1. I SUPPLENTI IN CATTEDRA

È giusto tessere le lodi di chi sa farsi trovare pronto nel momento in cui viene chiamato in causa come nei casi di Natan, oggi in pianta stabile nel reparto difensivo dopo un piccolo periodo di adattamento al nuovo contesto e un'eredità pesante da raccogliere; Cajuste che ha tanto di Anguissa nel suo volume di gioco, ne ricalca il modello di centrocampista totale ed affonda nel campo box to box senza risparmiare contrasti e giocate di fino; ed infine i due attaccanti Raspadori e Simeone.

Se quest'ultimo è il sostituto "morfologico" di Osimhen, Raspadori da centrattacco, attinge dal suo eclettismo la possibilità di fare cose anche differenti all'interno del campo, che increstano un bagaglio di conoscenze tattiche non distanti da quella quelle del centravanti tipico. Ecco perché coloro che sono stati chiamati a dover apportare man forte alla squadra preservando la levatura tecnica offrono la conferma dell'omogeneità della rosa del Napoli, l'alto livello di competitività e valori individuali in linea se non migliori di quelle della passata stagione.

  1. NEO-POLITANO

Dopo una prestazione da MVP con due assist ed un gol, le parole concilianti di Matteo Politano nel post partita sono un monito per scontentare i demolitori assorti dentro un presaggio di cattivi rapporti tra i senatori del gruppo e l'allenatore.

Essendo un giocatore che vive nel gruppo squadra da quattro anni, con due trofei in bacheca, tanti spettacolari gol segnati è un po' di esperienza maturata all'ombra del Vesuvio, non risultano per nulla anacronistiche le parole dell’esterno d'attacco romano che a Napoli ha trovato la sua consacrazione calcistica e quando si esalta sa essere decisivo e uomo squadra.

L'abbraccio figurato dei giocatori con l'allenatore, che la sua intervista restituisce all'ambiente, è un buon segnale per la prosecuzione del mini ciclo di partite  già iniziato, che si concluderà a metà Novembre, quando Politano anche grazie ad atteggiamenti coerenti con le sue parole confida di tornare in nazionale così come merita di essere.