Speriamo che Aurelio De Laurentiis non ci caschi. Qualcuno a lui vicino, che tiene al Napoli più che al proprio ego, gli faccia aprire gli occhi. Gli spieghi in che guaio rischia di cacciarsi. In queste ore di riflessione sul futuro di Rudi Garcia, di fatto già esonerato, inizia a circolare con insistenza il nome di Antonio Conte. Il tecnico salentino è da sempre il preferito del Presidente. Incarna il suo ideale di allenatore: carismatico, maniacale, ambizioso. Già in passato i due si sono annusati. Poi arrivò Ancelotti.

In questo periodo storico, invece, sembra delinearsi il più classico degli ora o mai più. Troppi i parametri che sembrano incastrarsi. Insomma, ci sono tutti i presupposti per far scattare il trappolone. Conte, oltre che un discreto vincente, si è dimostrato soprattutto una bomba a orologeria. Un ordigno pronto a farsi brillare alla prima difficoltà. Lo ha fatto alla Juventus, all'Inter e al Tottenham. Società che, a differenza del Napoli, hanno spalle politicamente forti da resistere ai suoi veri e propri attentati mediatici. Se partendo dallo status di inadeguato, Sarri è riuscito a gettare le basi della dottrina asedicista, Conte ha il potenziale per fondare un vero e proprio partito di governo. Non gli serve altro che reimpastare il programma lasciato in eredità dall'ex comandante e sciorinare massime con voce rauca in conferenza stampa. Un paio di bombette ben assestate e il giocattolo Napoli rischia di fare una brutta fine.

Non sarà il modulo a salvare De Laurentiis dal trappolone

"I moduli sono una fissazione tutta italiana. Contano i principi di gioco". Non sarà, purtroppo, il modulo a evitare quello che ora dopo ora sembra diventare sempre più inevitabile. Antonio Conte non è più quello di quattro anni fa. Nei fatti, la sua carriera ha già iniziato la fase calante. Ed è un uomo troppo intelligente per credere che verrà a Napoli a imporre il suo 352 nudo e crudo. La rosa azzurra non è numericamente attrezzata e sarebbe un suicidio non sfruttarla al meglio. L'ennesimo suicidio della stagione. E, a differenza di quanto dimostrato da Garcia, Conte alla sua pellaccia ci tiene tanto. Tanto che Napoli non l'avrebbe accettata in estate, nel post Spalletti, ma ora che è sull'orlo di una crisi di nervi un pensierino ce lo sta facendo. Il che significherebbe rinunciare alla sua prima scelta: la Roma. La piazza giallorossa sarebbe il suo palcoscenico ideale. Se a Napoli la qualificazione Champions resta un traguardo da festeggiare lanciando uova al bus della squadra, nella capitale rischia di farti diventare il nono Re di Roma. Dopo Totti, s'intende.

Ingaggio di Conte e scarso feeling con l'Europa

Il 2 novembre prossimo - ricorrenza quanto mai emblematica - l'ingaggio di Conte raggiungerebbe i requisiti temporali per rientrare nel decreto crescita. Ma resterebbe comunque fuori dagli standard del club partenopeo. Per ritornare in Italia, il tecnico un sacrificio lo farebbe anche, riducendo le richieste dai 12 agli 8 milioni circa. Otto milioni che al lordo, proprio in virtù del decreto crescita, peserebbero sui conti del club come un ingaggio netto da circa 6 milioni. Cifra in ogni caso mai raggiunta da De Laurentiis per un allenatore. Il miraggio Mondiale per Club potrebbe però dopare le regole finanziarie del club, fino a spingere la proprietà a fare un all in disperato. Oltre l'ingaggio poi ci sarebbe la durata del vincolo da discutere. E più alto sarà l'ingaggio, più lunga sarà la durata, più Antonio Conte avrà un potere contrattuale enorme. Inoltre, non va dimenticato che il pedigree europeo dell'ex Ct della Nazionale non brilla particolarmente. Lo scorso anno, con il Tottenham, è stato eliminato agli ottavi dal Milan, e i suoi migliori piazzamenti restano una finale e una semifinale di Europa League perse con Inter e Juventus. Non proprio il massimo.

Resta fuori dubbio che, in questo momento, l'eventuale annuncio di Conte nuovo allenatore del Napoli sarebbe uno shock fortissimo. Una sferzata di ottimismo per una piazza depressa più di quanto sia stata capace di eccitarsi per lo scudetto. Ma è anche vero che un club deve sapere cosa può permettersi e cosa non può permettersi. E, soprattutto, non ripetere gli stessi errori. Come quello commesso quando si è scelto Carlo Ancelotti. Dal divorzio il Napoli ne uscì anche bene mediaticamente. Sul tecnico caddero tutte le colpe e lui non fece nulla per difendersi, anzi. Ma con Conte questa strada non sarebbe percorribile perché è disposto a tutto pur di salvaguardare la propria immagine. Inoltre, ha la capacità di fiutare il pericolo prima che si manifesti e l'abilità di sferrare il primo attacco. Insomma, Aurelio: ma te la senti davvero?