Chi vi scrive, negli ultimi mesi è stato fortemente critico col Calcio Napoli. Le avvisaglie di una stagione sinistra s'erano colte già al rosso delle sere estive, quando, in lontananza si percepiva l'eco frizzante di una perturbazione che, sottovalutata e forse addirittura negata, ieri si è palesata nella bufera del Maradona.

Tanto tuonò che piovve. L'esperienza Garcia, dopo un mese di accanimento terapeutico, figlio di una ulteriore ed ennesima indecisione, volge al termine, con l'onta della sconfitta casalinga contro la penultima in classifica, in un finale che il De Laurentiis produttore avrebbe scartato per quanto banale e scontato.

Il Napoli di Garcia era una squadra morta, tenuta in vita artificialmente da una contingency peggiore del buco; il tentativo, grottesco ancorché inusuale, di colmare deficit strutturali (di allenamento, di staff, di preparazione) con la presenza del 'padrone' a bordo campo, senza soluzione di continuità, non è riuscito a nascondere il grande problema di questo semestre horror della SSCN: l'assenza di una strategia di medio-lungo raggio, l'aver abdicato alla programmazione in ossequio ad una presunzione, quella di comprendere meglio e prima degli altri dove va il mondo, che ben presto è precipitata nella iattura di scelte fondate solo e soltanto su un intuito e su convinzioni ottimistiche rivelatesi approssimative.

Le avvisaglie, dicevamo; dalla conferenza stampa di presentazione a Capodimonte, Monsieur non aveva nascosto la sua eresia. Tradendo così la superficialità alla base della scelta del tecnico, venduta come ossequiosa a principi di calcio che, in sostanza, lo stesso Garcia ha provveduto coscientemente a distruggere.

La mancanza di una area tecnica responsabilizzata, chiamata cioè a rispondere di ciò che accade, senza poter edulcorare responsabilità in una 'marea di non dirtelo' (cit.), è stato l'ecosistema ideale per coltivare un disastro che soltanto le qualità intrinseche della rosa son riuscite a circoscrivere.

Il prossimo allenatore si ritroverà una squadra con un piede e mezzo agli ottavi di Champions League, al quarto posto in campionato, un trittico di partite importanti da giocare sui nervi, più che sulla tattica e, cosa da non sottovalutare, un mercato invernale alle porte e un trofeo da provare a vincere a gennaio. Difficile, forse impossibile, trovare una panchina migliore al momento; oltretutto, subentrando a Rudi Garcia, l'allenatore che ha distrutto il giocattolo, il nostro personalissimo Neville Chamberlain, bersaglio perfetto degli inevitabili raffronti, arte in cui in questa piazza s'eccelle.

In questa ottica, con gli occhi della Storia, Rudi Garcia potrebbe essere raccontato come il male necessario, il viatico per ritrovare una nuova via fatta di progetto, di competenza, magari anche di impopolarità, e per non sentirsi depositari di una verità assoluta che non conosce benefici del dubbio.

Questa stagione resta alla portata del Napoli; trovare la sinergia col gruppo squadra, scosso dall'esperienza Garcia e dunque desideroso di nuovi stimoli, sarà la chiave per risollevarsi. Ora che Rudi Garcia ha distrutto il fantasma di Spalletti, un totem che, probabilmente, ha inconsciamente turbato una squadra passata dalla meticolosità del lavoro quotidiano al situazionismo episodico degli ultimi mesi.

La scelta della società sul successore ci racconterà anche le ambizioni del club. Sul tema, le prossime ore saranno decisive; ma quel che è chiaro è che, per quanto funesta, l'esperienza Garcia può rappresentare quello scossone fondamentale per un De Laurentiis che, nel languore del post Scudetto, ha tralasciato aspetti e fattori che fino a ieri erano la sua forza.

Adesso ha l'occasione per dare finalmente un senso sportivo e di risultati a quella Nuova Era tanto sbandierata in estate; che per essere altrettanto vincente necessita di dirigenti risoluti, autorevoli e che godano di fiducia e autorevolezza a Castel Volturno. Che dunque operi una netta separazione dei poteri tra proprietà, management e area sportiva, con un tecnico forte e uno staff riconoscibile. Che sia risoluto sui dossier rinnovi, che sul mercato di gennaio si faccia trovare pronto, senza indugiare troppo alla ricerca del pollo al tavolo (che poi, la storia insegna, si finisce per essere spennati).

Ogni crisi è sempre una opportunità. E ci sono tutte le carte in regola perché questo assunto trovi l'ennesima dimostrazione. D'altronde, dalle ceneri di Gattuso, a sua volta figlio del disastro del post Sarri, è nato il capolavoro del 2022-2023. Dall'addio di Benitez, nello scetticismo di tutti, il Napoli guidato da Maurizio Sarri ha stregato il mondo. E dall'apatia di Donadoni, prima ancora, nacque il primo grande Napoli del millennio, guidato da Mazzarri.

Non resta che attendere; e capire se è ancora il domani l'orizzonte di De Laurentiis.

https://youtu.be/AerX6_bduG0?si=bNW-tDlyYU_qjD6B
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