Rudi Garcia sbagli, ma con la sua testa
Un inaspettato pareggio contro l'Union Berlino spiega il Napoli targato Garcia. Esistono due o più Napoli all'interno della stessa partita. Uno bello da vedere, che si rende costantemente pericoloso, che crea interessanti trame di gioco e che riesce a mettere in un angolo gli avversari. Poi viene fuori la metà oscura, per dirla alla Dylan Dog, un Napoli che subisce, che sbaglia le preventive, che fa fatica ad uscire palla al piede ed incapace di ribattere gli attacchi avversari.
Un'altalena costante a cui ormai ci stiamo sempre più abituando. E che, purtroppo, storia insegna, mai ha portato qualcosa a qualche beneficio. In questi momenti, un allenatore, già autodelegittimizzatosi con la successiva spinta del presidente Aurelio De Laurentiis, intraprende la strada più sicura. Quella del 433 e dei titolarissimi. Cioè quello per cui, tra l'altro, l'anno scorso si è vinto. Anche se, in cuor suo e nella mente, vorrebbe quanto prima spazzare via questa dinamica tattica a favore della sua idea che tanto fa fatica ad esporre. E, di conseguenza, è quasi naturale appoggiarsi agli interpreti che più di tutti quello schema lo hanno in testa.
Il ritorno dei titolarissimi e la gestione dei cambi
Ma quando si sceglie questa strada, i titolarissimi, è pacifico che il resto del gruppo squadra un po' ne risenta, soprattutto se sono stati tutti, chi più e chi meno, importanti per il traguardo storico dello scorso anno. Il vero ed unico ballottaggio resta il solito: il terzino sinistro. Il rischio è enorme. Perché se la demotivazione dei panchinari può raggiungere vette inesplorate, anche la tenuta fisica dei titolarissimi rischia di essere un fattore molto importante ed incisivo nei momenti clou del campionato e della Champions League.
Anche e soprattutto perché ad esempio proprio contro il Berlino, sull'1 a 1, il primo cambio lo fai al minuto 79. Inspiegabilmente, tra l'altro. Nel calcio di oggi le 5 sostituzioni (quasi metà squadra) sono determinanti ed importanti per i club che hanno la famosa panchina lunga e variegata, oltre ad essere un enorme volano per la squadra che, sulla carta, è più forte della contendente. Quindi se il Napoli è più forte dell'Union, i cambi possono tranquillamente essere più decisivi delle sostituzioni avversarie.
Garcia scelga come vuole perdere
Ma se il primo arriva a 10 minuti dal termine, la possibilità di portare a casa la partita si riduce sempre più al lumicino. Garcia è un allenatore che sembra quasi non voler cavalcare la sua idea di calcio. Ne parla, ma le parole non diventano azione. E se non c'è azione, difficilmente c'è reazione. Il tecnico francese vada avanti con la sua idea, sbagli col suo pensiero calcistico. Se reputa che il 433 è oggi più un problema che un beneficio, lo cambi. E lo faccia definitivamente, onde evitare di passeggiare sempre su questo filo immaginario che divide la qualità con l'improvvisazione.
Vedremo poi se la sua idea ha portato benefici oppure no. Tanto l'alternativa è continuare così con la sicurezza che, al di là degli obiettivi che saranno raggiunti o meno, non sarà lui l'allenatore del Napoli del prossimo futuro. Manca pochissimo alla matematica qualificazione agli ottavi. Ma guai a sottovalutare il Braga, anche perché la partita si giocherà a Fuorigrotta ed oggi il Napoli, in casa sua, è una squadra in netta difficoltà.
Garcia davanti a lui ha un bivio: o finire la sua avventura col 433 (oggi, domani o tra qualche mese poco importa), oppure portare il suo credo (se ne ha uno), per capire se la fine di questa ormai triste storia avverrà con le sue mani oppure se si potrà raccontare di un Napoli cambiato in positivo. Lo faccia, non abbia rimpianti. Come giusto che sia, tra l'altro.
Dovesse mai farlo, in un momento così cruciale della stagione, si renderebbe conto che il materiale umano e tecnico che ha a disposizione è di "sistema". Sono tutti grandi calciatori in quel tipo di filosofia e dettame. In "quel sistema", appunto. E che hanno allergia al cambiamento, perché perderebbero punti di riferimento. Un pó come successe a Carlo Ancelotti. E se non ci è riuscito chi faceva zittire Ronaldo o Benzema, dubitiamo che possa riuscirci un allenatore che l'anno scorso era in Arabia.
Cambi, il tecnico francese. Forse si renderà definitivamente conto che questa squadra nasce da anni, mattone dopo mattone, seguendo una precisa filosofia, e che vuole giocare in un certo modo. Attendiamo questo "cambio" con ansia. Lo facesse per amor suo, che per amor del Napoli poi si vedrà.