La chiamano ludopatia per suscitare empatia, per dare un nome diverso a quello che è in realtà. Soprattutto ora, che i diritti tv non si vendono alle cifre richieste, dopo uno scandalo finanziario terminato con un'ammenda da solletico per preservare quel brand che va tutelato. Non chiamatelo calcioscommesse, no: nuoce gravemente alla salute della Serie A.

Negli '80 era solo calcioscommesse

L'Italia del pallone ha riscoperto la ludopatia, disturbo che non fu però accostato allo scandalo che nel 1980 sconquassò il calcio portando a decine di arresti, calciatori, allenatori e dirigenti squalificati e che infine portò alla retrocessione in Serie B di Milan e Lazio e penalizzazioni ad Avellino, Bologna e Perugia. All'epoca il calcioscommesse era calcioscommesse, non c'era bisogno di minimizzare quanto uscito fuori perché non c'erano diritti tv da vendere che nessuno voleva. Non c'era bisogno di chiamarlo ludopatia, facendo passare i diretti interessati come povere vittime incapaci di intendere e volere.

Senza voler essere necessariamente garantisti o giustizialisti, viene difficile pensare che gli attori coinvolti in questo giro lo facessero meramente per un disturbo. C'è sotto dell'altro, lo stesso che c'era sotto quarant'anni fa e che ora si cerca di nascondere sotto al tappeto, perché devono venire gli ospiti a casa e c'è bisogno di sfoggiare l'argenteria migliore per fargliela comprare.

Il grande lavoro di Gravina per preservare l'immagine della Serie A

Gabriele Gravina si sta dando parecchio da fare negli ultimi due-tre anni. Davvero belli (per lui, s’intende) i tempi in cui le uniche preoccupazioni fossero di carattere sportivo, con una nazionale che non vede un mondiale dal 2014 e i club della Serie A che sono sempre più poveri al cospetto degli altri quattro campionato europei. Contraddistinti dal ‘rispetto delle regole’ i tempi in cui c'era necessità di preservare il brand Juventus dallo scandalo plusvalenze (per non citarne i pregressi), arrivando al traguardo del patteggiamento definito il "risultato più bello per il calcio italiano". Gratificanti i tempi in cui la Serie A si vendeva da sola e non c'era bisogno di tingere d'oro un bastone di legno per dire che era un lingotto.

Il signor Gravina, che attraverso le ultime dichiarazioni fa capire di essere letteralmente fuori dal mondo, cerca di portare ai minimi termini la gravità di quanto accaduto scrollandosi ogni responsabilità di dosso. Ma il popolo il gioco lo ha capito. Eccome se lo ha capito. Il tentativo di far passare in cavalleria - per l’ennesima volta - quanto sta accadendo non sarà ignorato. L'auspicio è che volino le giuste teste: quelle dei colpevoli, come fu negli anni '80, e di chi governa questo calcio malato che ha anche l'indecenza di nascondersi dietro il nome di un patologia che rappresenta un problema reale.