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Lukaku esultanza Napoli-Como
Lukaku esultanza Napoli-Como

Uscire da una narrazione vittimistica: è questo lo step che deve fare la piazza di Napoli arrivata a questo punto della stagione. E, se è vero che l’Inter ha una rosa profonda, attrezzata per affrontare cinque competizioni (cinque, non tre), e che le sta consentendo di mantenere un buon rendimento in tutte le coppe che sta disputando, è vero anche che il Napoli non ha intrapreso questa stagione con l’intenzione di giocare d’azzardo con la fortuna.

Obiettivo uno: ricostruzione

Una premessa, innanzitutto: Antonio Conte è alla prima stagione di un progetto che prevede una durata di tre anni. E, se si tiene presente questo, allora si capisce facilmente che l’obiettivo della prima stagione non poteva che essere quello della ricostruzione. Si tratta di un dato inoppugnabile, confermato peraltro da tante dichiarazioni di Conte e di Manna, ma puntualmente omesso in molte analisi. La ricostruzione, nel caso del Napoli, è da intendersi sì nel senso di mettere da parte le macerie della passata stagione, ma anche e soprattutto nel senso di costruire un primo nucleo di calciatori su cui basarsi nella conduzione del progetto tecnico (sempre a condizione che Conte decida di restare). 

E, dopo aver speso 150 milioni in estate, possiamo dire che l’obiettivo è stato raggiunto. Buongiorno, McTominay, Neres e Lukaku, infatti, sono i quattro innesti che sono serviti a ricostituire la spina dorsale degli azzurri. E poi c’è il gruppo storico, recuperato alla causa grazie al lavoro meticoloso di Conte che – per la situazione da cui partiva il Napoli e per il cammino sinora fatto – ha prodotto risultati per certi versi inaspettati. Nella stagione 2022/23 sono stati infatti Kim, Kvaratskhelia e Osimhen i principali protagonisti della vittoria dello Scudetto, oggi invece tra i veterani non c’è nessuno che faccia da frontman rispetto agli altri perché tutti (Meret, Rrahmani, Olivera, Di Lorenzo, Lobotka e Politano) stanno mantenendo un livello omogeneo – alto, beninteso – nelle loro prestazioni. E questo è senza dubbio il merito principale di Conte.

Esultanza del Napoli al gol di Billing nell'1-1 con l'Inter

Insomma, il fatto che sia stato raggiunto molto presto l’obiettivo concordato tra società e allenatore ha consentito al Napoli di fare subito dell’undici titolare il suo punto di forza. Già dal mese di settembre, infatti, Conte ha avuto tra le mani un gruppo di “titolarissimi” su cui fare affidamento. Titolarissimi, però, da intendersi non come calciatori che hanno un minutaggio leggermente più alto nel contesto di una rosa a cui un tecnico attinge a piene mani facendo leva sul turn over, ma come “super titolari”, cioè come formazione tipo che Conte difficilmente modifica per non intaccare determinati equilibri. Spesso e volentieri anche quando il contesto tattico di una partita lo richiederebbe. 

Non che ci sia qualcosa di sbagliato, per carità. Anche perché massimizzare le risorse immediatamente disponibili è una strategia pienamente nelle corde di un tecnico bravissimo a lavorare sugli impatti a breve termine come Conte. Ma il fatto che si sia lavorato principalmente sull’undici titolare non vuol dire affatto che il Napoli abbia una rosa corta. Anzi: senza timore di smentita, possiamo affermare che la rosa del Napoli non sia né corta né lunga e che sia, piuttosto, adeguata alla stagione che deve affrontare. Il concetto di profondità o meno di una rosa, infatti, è sempre relativo e, in quanto tale, va parametrato agli impegni che ha una squadra e alle sue ambizioni.

Rosa corta: mito o realtà?

Lo dicevamo in partenza: il Napoli non ha deciso di cominciare la stagione sfidando il destino con l'alibi del solo campionato da affrontare. Nessuna società sarebbe così improvvida, figuriamoci un club che pianifica meticolosamente ogni propria mossa come quello azzurro. Per provare quanto si sta affermando basta fare i conti con i numeri alla mano: in trenta partite, infatti, sono tredici i calciatori che hanno superato i 1000'. A questi vanno aggiunti poi Raspadori e Simeone, il cui impiego sommato ammonta a 1315', Okafor, che sta iniziando già a mostrare alcuni guizzi e un discreto stato di forma, e Billing e Gilmour, due ottimi ricambi nel reparto in cui prima, più di tutti, si diceva che il Napoli fosse corto: il centrocampo.

Contati tutti insieme, dunque, Conte ha a disposizione diciotto giocatori pienamente abili e arruolabili. Un numero più che sufficiente per affrontare il campionato, sopperire agli infortuni dei titolari e incidere sui match a gara in corso, come peraltro ha dimostrato il cammino degli azzurri dalla trasferta di Udine in poi. Se il Napoli resta ancora attaccato alla vetta a undici incontri dal termine, allora, vuol dire che non c'è stato alcun miracolo perché i risultati sin qui arrivati sono il frutto coerente della programmazione disegnata dai vertici societari di concerto con l'area tecnica. Insomma, anche se tutto il lavoro di campo che c'è dietro non va mai dato per scontato, non possiamo considerare che 57 punti in 27 partite siano arrivati per caso. Anzi.

E allora veniamo alle conclusioni, che poi rappresentano il punto di partenza da cui è cominciato questo ragionamento: bisogna uscire dalla narrazione vittimistica della rosa corta. Un racconto privo di riscontri con la realtà che è stato smentito ancora una volta, per stare alla cronaca di questi giorni, dalla partita con l'Inter. Un racconto che però, in compenso, ha fatto sì che tirasse una brutta aria intorno alla squadra una volta che è cominciata la fase clou della stagione. In politica si usa il concetto di utile idiota per indicare il ruolo di quegli sprovveduti che, con argomenti tendenziosi e superficiali, finiscono inconsapevolmente per fare il gioco del nemico. E allora viene da chiedersi per chi, a Napoli, stanno giocando stampa e tifoseria.


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