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Conte e Kvaratskhelia
Conte e Kvaratskhelia

Il Napoli di Antonio Conte incassa la prima sconfitta del 2025, cedendo il primato in classifica all’Inter. Tre punti nelle ultime quattro partite: un trend negativo che, di fatto, equivale a una crisi. Un bottino magro non solo per una squadra che ambisce allo Scudetto, dissipando così il vantaggio accumulato sui nerazzurri, ma anche per chi punta a un piazzamento in Champions League.

Scorrendo quella cloaca chiamata social network, la colpa di questa situazione verrebbe attribuita esclusivamente al mercato invernale, ritenuto un impoverimento della rosa. Il problema, però, è che si preferisce guardare il dito anziché la Luna, scaricando ulteriori responsabilità su Manna e sulla società, andando ben oltre quelle che – senza dubbio – sono le loro colpe reali.

Tutto pur di non guardare la Luna. Tutto pur di non accettare l’unica verità, scomoda e indigesta, per il tossico fan club di Conte (ancora più velenoso di quello che fu per Sarri): il mercato di gennaio è stato solo la conseguenza delle scellerate decisioni prese in estate da Antonio Conte. Dunque, tutto ciò che ne è derivato è esclusivamente sua responsabilità.

Ma andiamo con ordine.

La mancata cessione di Kvaratskhelia a giugno

Antonio Conte era disposto a farsi incatenare ai cancelli di Castel Volturno pur di trattenere Kvicha Kvaratskhelia la scorsa estate. 210 milioni di euro per un pacchetto comprendente il georgiano e Victor Osimhen. Conte pose il veto: “Me la vedo io”. Da manager quale si professa, era convinto di poter ricucire un rapporto ormai logorato dai petrodollari provenienti dalla Torre Eiffel. Così, si oppose alla cessione, ritenendo – a ragione – Kvaratskhelia un punto fermo da cui ripartire.

Peccato che il suo intervento si sia rivelato vano, come lui stesso ha ammesso in conferenza stampa, alzando bandiera bianca e scaricando sulla società ogni responsabilità riguardo al futuro del giocatore. Futuro che, già da giugno, appariva segnato. Il Napoli ha così rinunciato a un’autentica fortuna – anzi, un barile di soldi – che avrebbe permesso di rinforzare adeguatamente la squadra. Invece, a gennaio, la lacuna lasciata vuota è stata tamponata alla meno peggio con l’arrivo di Noah Okafor, una mossa più dettata dalla disperazione che da una visione strategica.

Sia chiaro: Giovanni Manna ha le sue colpe, come lui stesso ha ammesso, per essersi incartato in trattative complesse che non gli hanno lasciato margine per sondare altre opzioni. A sua discolpa, però, va detto che il mercato invernale è notoriamente difficile e, soprattutto, dura solo un mese, contro i tre della sessione estiva. Magari, con un’estate gestita diversamente, Neres avrebbe trovato un compagno sulla fascia sinistra invece di sentirsi isolato come accade ora.

L'imbarazzante ingaggio di Romelu Lukaku

Che Lukaku non fosse più quello del biennio interista sotto la guida di Conte era palese. Lo si era già visto lo scorso anno a Roma, dove aveva faticato sia con Mourinho che con De Rossi. “Datelo in mano al Comandante”, diceva il fan club (tossico) di Antonio. Il risultato? Ad oggi, appena sei gol su azione in ventiquattro partite giocate.

Conte e Lukaku a colloquio durante una partita del Napoli
Conte e Lukaku a colloquio durante una partita del Napoli

E dire che a Verona sembrava che senza Big Rom non si potesse giocare a calcio… Il Napoli, invece, si ritrova con un problema da 60 milioni di euro che difficilmente porterà benefici economici. Un capriccio costato la possibilità di puntare su un attaccante giovane e futuribile, come da tradizione partenopea. Basta guardare al passato recente: da Cavani a Higuaín, da Mertens a Osimhen, il Napoli ha sempre avuto bomber di razza in grado di lasciare il segno.

Lo scarso minutaggio di Raspadori e, in generale, dei nuovi acquisti

Per vedere Giacomo Raspadori titolare c’è stato bisogno di un cataclisma che spazzasse via l’intera fascia sinistra. Il risultato? Due gol in due presenze, un terzo del bottino stagionale di Lukaku, ottenuto con un decimo del suo minutaggio. Lo stesso discorso vale per Phillip Billing: solo l’ansia di perdere Anguissa per squalifica contro l’Inter ha spinto Conte a schierarlo, dopo oltre un mese dal suo arrivo.

E ora, quanto tempo servirà per vedere in campo Okafor? Non che sia il salvatore della patria, ma tra snaturare una squadra che da mesi gioca con un modulo ormai rodato e tornare a uno schema che già faticava a funzionare con la rosa al completo, la scelta sembra ovvia.

La presenza di Okafor avrebbe fatto più danni del ritorno al 3-5-2? Non avremo mai la controprova, ma considerando l’impatto positivo avuto da Billing al debutto, il dubbio è lecito.

Il mercato estivo è Made in Conte e quello invernale no?

Si è letto ovunque che il mercato estivo sia stato opera di Conte. Logico: il Napoli ha speso oltre 150 milioni di euro senza incassare quasi nulla. Ma a gennaio, quando si è risparmiato, improvvisamente la colpa ricade solo sulla società. Quindi, Conte fa il manager solo d’estate? Billing è arrivato senza il suo consenso? E Rafa Marín? E Billy Gilmour? E le permanenze di Zerbin e Folorunsho?

A Conte vengono riconosciuti i meriti per un mercato estivo faraonico, ma i demeriti vengono scaricati sulla società. Una disparità di giudizio che spiega perché questa città sia sempre stata dominata nel corso della sua millenaria storia: antropologicamente parlando, l’invasore nuovo è sempre meglio di quello vecchio. Il pedigree di Conte sembra contare più di vent’anni di gestione oculata che hanno portato il Napoli a essere una delle potenze del calcio italiano.

Le allucinanti dichiarazioni di Conte

La conferenza stampa prima di Como-Napoli è stata uno spettacolo desolante, un’involuzione dialettica e lessicale da parte di Antonio Conte. Con una squadra ancora in lotta per lo Scudetto, alla vigilia di una partita delicata, un allenatore non dovrebbe presentarsi davanti alle telecamere per eludere le domande sul proprio futuro, salvo poi aggiungere: “Mi piacerebbe allenare una squadra già in prima linea”. Una mancanza di rispetto per i tifosi (tranne il suo fan club, per cui qualunque parola del Messia è legge) e per la squadra stessa, lasciata verbalmente sola.

Inoltre, Conte ha dichiarato che ovunque sia andato ha sempre lasciato il club più ricco rispetto al suo arrivo. Provate a dirlo alla dirigenza dell’Inter: 23 milioni per Lazaro, 20 per Eriksen, 25 per Sensi, stipendi faraonici per vecchie glorie come Vidal, Kolarov e Sánchez. Giocatori di cui l’Inter si è liberata solo di recente, dopo anni di pesante impatto sul bilancio.

Ho concluso, vostro onore.


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