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Logo Serie A 2024/2025
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La Lega Serie A che storicamente è stato uno dei campionati più prestigiosi al mondo, si trova ad affrontare una crisi di credibilità e competitività. Disuguaglianze economiche troppo nette tra i club, gestione regolamentare preistorica e di conseguenza un’appeal nazionale in netto calo soprattutto tra i giovani. Il massimo campionato italiano appare come un format che ha perso la capacità di innovare, attrarre spettatori ed investimenti.

Per evitare un declino finanziario inarrestabile è di fondamentale importanza apprendere da modelli ormai economicamente consolidati di altre nazioni come la Premier League inglese, o addirittura la NBA in America con l’obiettivo di creare un sistema moderno ed equilibrato, magari in alcuni tratti replicabile dalle serie inferiori, e che sia coinvolgente per lo spettatore.

 

Sostenibilità finanziaria

Il calcio è un’industria, i club che militano all’interno delle leghe sono vere e proprie aziende che producono flussi di danaro per auto-sostenersi e fare business. Poter pensare di emulare le scelte fatte dalla Premier su una distribuzione più equa dei diritti televisivi sarebbe un inizio ma occorre fare delle riflessioni. La vendita dei diritti televisivi è l'elemento fondamentale da cui dipende la sopravvivenza del sistema calcio in Italia. Ma nonostante le assemblee, i continui confronti tra club, le alleanze, le finte offerte al rialzo e le minacce relative all'autoproduzione del canale di Lega, il calcio italiano ha deciso di non cambiare. Piuttosto che assumersi il rischio d'impresa e vendere le partite direttamente ai tifosi, il Presidente F.I.G.C. Gabriele Gravina e soci hanno preferito “cedere” all'unica proposta - rigorosamente al ribasso rispetto all'anno precedente - ricevuta da DAZN e Sky che insieme, una volta rotto il porcellino di ceramica, hanno realizzato un'offerta da 900 milioni di euro dei quali 700 erogati da DAZN e 200 da Sky. Cifra del tutto insufficiente per gestire un sistema in equilibrio già precario. Basti pensare che in Premier League l'attuale valore dei diritti tv si aggira intorno ai 3,5 miliardi di euro. Oggi, a distanza di qualche mese dall'inizio del campionato, non è un buon momento per DAZN. Nel caos andrebbe aggiunto l'aumento dei prezzi degli abbonamenti di inizio anno, il netto calo di audience che registra una perdita di 10 milioni di utenti rispetto alla stagione scorsa ed ultimo ma non ultimo per importanza, un prodotto tecnicamente vuoto e privo di sostanza che oggi rincorre i clienti con offerte in saldo che minimizzano ulteriormente il valore del nostro calcio. Male, molto male! 

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Nonostante l'evidenza dei fatti, uno degli elementi portati spesso in primo piano è la pirateria audiovisiva. Impossibile negarne l'esistenza, ma voler necessariamente addurre grandi responsabilità ai corsari del web significherebbe credere alle favole. Le principali responsabilità dei deficit economici e gestionali del sistema Calcio sono da attribuire al Presidente F.I.G.C. Gravina - protagonista di intensi dibattiti politico-sportivi - il quale punta al suo terzo mandato in Lega. Ha reso pubblica una sua ricandidatura alle nuove elezioni di Lega che si terranno il 3 Febbraio 2025. Scelta inconcepibile e alquanto singolare. Lo slogan ridondante sembrerebbe essere ancora il solito, banale, retorico, scialbo: “SAVE THE BRAND” senz'anima.

Per poter restituire alla Serie A il reale valore economico che merita, sarà necessario ripartire da manager giovani e ambiziosi che ridiano quel brio alla passività invisibile che oggi, purtroppo, ci contraddistingue.

Gabriele Gravina - Presidente F.I.G.C. dal 2018
Gabriele Gravina - Presidente F.I.G.C. dal 2018

Il Salary Cap contro le disuguaglianze

Per ridurre il divario tra i club, è da valutare la possibilità di introdurre un Salary Cap. Un tetto salariale, massimo e minimo (Soft Cap) che ha la funzione di limitare il budget per gli stipendi che sostengono tutte le società per le loro squadre anno per anno. Questo strumento che ormai viene utilizzato in altri sport come la NBA o la F1 con concetti diversi, è indispensabile per rendere meno squilibrato un determinato sport e, almeno in teoria, le squadre più blasonate non avrebbero gran vantaggio rispetto ai team più “piccoli”. Incentiverebbe una gestione finanziaria più sostenibile, ed eviterebbe che i club si indebitino per provare a rincorrere risultati a breve termine.

La differenza tra il monte ingaggi annuo lordo di una big del calcio italiano, come Inter o Juventus - che supera i 100 milioni di euro - e quello di squadre come Empoli, Lecce, Cagliari o Venezia - che si aggira attorno ai 20 - rende il campionato poco equilibrato sia dal punto di vista economico che sportivo. Tutto ciò si traduce in disparità evidenti nel costruire le proprie squadre. I club sono costretti a compiere vere e proprie magie gestionali, ed allo stesso tempo rendersi ecologici a livello finanziario ma competitivi sul campo per sopperire a queste diversità. Talvolta le società “minori” sembrano essere forzate - viste le disponibilità economiche notevolmente limitate - a fissare obbiettivi stagionali poco motivanti che danneggiano la competitività del campionato.

Lo spettatore potrebbe risultare essere poco attratto da uno show predeterminato per il quale vede contendersi il primato molto spesso tra le solite sorelle localizzate a nord che si suddividono la bellezza di 27 trofei in trent’anni. Juventus con 14 campionati, Inter con 7 e Milan con 6 sono i tre club che hanno vinto con più costanza al netto di eventuali - ma legittimi - retropensieri. Napoli, Roma e Lazio invece sono riuscite a vincere appena un campionato degli ultimi trenta senza riuscire a ripetersi, pur svolgendo in alcuni casi, come dicevamo prima, capolavori imprenditoriali che tuttavia vengono tutelati poco da un sistema malandato.

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Regole obsolete. Riformare subito

La Serie A oggi soffre di un sistema gestionale vincolato a regole obsolete che insidiano la competitività e la spettacolarità delle partite e dei campionati. Altro problema cruciale è rappresentato dal tempo di gioco. Le partite di calcio hanno una durata di 90 minuti più eventuale recupero. Ma per quanto tempo si gioca realmente? In Premier League le partite durano poco più che in Italia con una media di 60 minuti di gioco effettivo per partita contro i 55 della Serie A. Questo gap tra il tempo di gioco da cronometro e quello effettivamente giocato riduce l’interesse del pubblico che percepisce un gioco poco dinamico e spesso spezzettato. Personalmente sogno un calcio in cui quando ci si ferma, anche il cronometro si ferma.

L'introduzione del tempo effettivo di gioco come nel basket ad esempio, rappresenterebbe una riforma necessaria al regolamento per restituire a questo sport la sua essenza più pura: l'intensità e la correttezza. Oggi, invece, siamo spettatori di una versione diluita del calcio in cui il più furbo la passa liscia mentre il tempo reale di azione sul campo è soffocato da interminabili interruzioni alla faccia del fair game. Lo show è caratterizzato dalle lente passeggiate durante le sostituzioni, dalle continue sceneggiate e/o proteste per i falli subiti e dalle lunghe attese per le decisioni arbitrali con supporto VAR. Il tempo effettivo di gioco eliminerebbe queste noie ingiustificabili garantendo maggiore equità, a beneficio di tutti, spettatori e giocatori. 

È tempo di liberarsi dall'approvazione passiva dei tempi morti e di restituire al calcio il ritmo e la trasparenza che merita. Ridurre i profetici 90 minuti - più recuperi palesemente non reali - ad un tempo effettivo più breve (es.: 60 minuti) come accade in altri sport. Questo non solo migliorerebbe lo show, ma uniformerebbe le condizioni di gara per tutti i club in ogni partita senza lasciare nulla al caso.

Inoltre, rielaborare il format del campionato in stile NBA o nuova Champions - che dir si voglia - con una competizione iniziale "tutti contro tutti" in stile Regular Season, seguita da una fase finale ad eliminazione diretta, potrebbe rivoluzionare il fascino del campionato permettendo lo svolgimento di una stagione avvincente dal punto di vista puramente sportivo. Così facendo ne guadagnerebbe lo spettacolo e di conseguenza il cliente sarebbe ulteriormente invogliato dalle novità a seguire la competizione, la quale, risulterebbe ancor più appassionante ed imprevedibile.

 

La Serie A deve reinventarsi per ritrovare l’appeal che sta mancando. E’ estremamente importante adottare modelli gestionali più equilibrati e regole che siano rispettate in modo omogeneo e che promuovano una competizione sana e reale, non una rincorsa superflua al rilancio economico.


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