Dopo il gol del capitano Di Lorenzo, le telecamere sono andate dritte sul coach Rudy Garcia. Il francese si è girato verso la panchina e ha sbuffato. Uno sbuffo liberatorio, dopo almeno 3 palle nitide sprecate dagli azzurri. Perché sa che il Napoli, nonostante il momentaneo vantaggio in terra portoghese, non è guarito. La smorfia di chi sa che l'ennesimo calo del secondo tempo merita di avere la massima attenzione?

Uno "sbuffo" che, probabilmente, si quantifica come un fardello pesante da trascinare, di chi sa che da queste parti, ma in generale quando si sostituisce un tecnico campione in carica, non ti perdonano niente. Di chi sa che dovrà andare oltre le sue possibilità per entrare nel cuore dei tifosi. Ma soprattutto dei calciatori.

In risposta al brusio della platea partenopea che, per l'ennesima volta, vede uscire Kvara per Elmas e non, ad esempio, un sempre più spento Anguissa. E proprio Kvara, appena seduto in panchina bagnato fradicio con la chioma da attore hollywoodiano, si lagna e si ritorna a chi sbuffa. Sbuffa il georgiano, perché non trova il gol. Lo fa perché tutto ciò che fino a pochi mesi fa gli veniva naturale come bere acqua, non gli riesce. Sbuffa perché non è mai pericoloso, non crea superiorità, si arrabbia, si danna. Ma niente. Sbuffa perché sa, in cuor suo, che il Napoli ha bisogno del suo smisurato talento per poter tornare a sognare la gloria. O almeno qualcosa che minimamente gli si avvicina.

Garcia e Kvara. Due sbuffi in una serata ancor più negativa di Genova sotto il profilo del gioco. Due sbuffi che testimoniano, ove mai ce ne fosse ancora bisogno, delle difficoltà di questo inizio di stagione. Chi sia il maggior responsabile non è importante. Quando l’andazzo volge sul negativo le colpe sono di tante componenti. Ma è lo stesso quando le cose vanno bene.

Il Napoli ritornerà a fare il Napoli solo quando a sbuffare saranno gli avversari. Ma ad oggi sembra un miraggio.