Per il Napoli di Conte la ricerca della bellezza non deve essere un mantra
Il Napoli ha espugnato Empoli centrando così la terza vittoria di fila il campionato, avvio di Serie A che vede gli azzurri primi in classifica con un vantaggio di due lunghezze sull’Inter di Inzaghi, campione in carica.
L’inizio di stagione, dopo una brutta scoppola di Verona, è stato senz’altro un percorso positivo quello degli azzurri a livello di risultati, ma non in pochi si sono interrogati sulle prestazioni della squadra azzurra, “accusata” di essere poco spettacolare e troppo operaia. Ma ha senso muovere queste obiezioni?
Definire il concetto di bellezza
Partiamo da un assunto: nel calcio il risultato è senza dubbio una cosa importante, probabilmente quella più significativa, ma non è tutto. Lo sport è anzitutto un’emozione marcatamente soggettiva, che è quella che poi muove la passione dei tifosi, dopodiché in una competizione, così come nella vita, oltre al risultato conta anche come si raggiunge un obiettivo. Per cui - per chi scrive - è sbagliato sostenere un motto “vincere è l’unica cosa che conta” perché non sarebbe corretto pensarla in questo modo, anche perché presuppone un’implicita allusione al raggiungimento dell’obiettivo con mezzi consentiti o meno, e questo assunto va rigettato con decisione.
Esistono tanti modi di vincere
Quel che però è il punto focale di questa riflessione è un altro: vincere non è l’unica cosa che conta, ma ci sono tanti modi di vincere. Nel calcio sicuramente le squadre italiane che ricordiamo con piacere sono il Napoli e la Roma di Spalletti, il triennio azzurro di Sarri, l’Inter di Inzaghi, squadre che sono andate oltre il pur simbolico trofeo, perché rimaste impresse nella memoria collettiva per la spettacolarità del gioco espresso.
Senza dubbio chi scrive ha apprezzato tantissimo queste squadre, ma non è scritto in nessun codice e/o legislazione che tutte le squadre vincenti debbano “giocare bene” ed “essere spettacolari”; sia perché queste espressioni sono ambigue (essere spettacolari può avere tante accezioni: si può essere tali anche nella grinta, nella fase difensiva, nella riconquista del pallone) sia perché la spettacolarità non è prerogativa di tutti.
Antonio Conte infatti è senza dubbio un grande allenatore, ma non ha mai fatto utilizzo del calcio “dominante e spettacolare” nella sua carriera. Il tecnico salentino ha sempre prediletto un calcio tatticamente valido, pragmatico e operaio al tempo stesso, forse logorante nel lungo periodo, e non è un caso che nei vari top club allenati non abbia mai fatto più di 3 stagioni, ma senza dubbio efficace sin da subito.
Il Napoli che ha ereditato Conte era una squadra devastata nell’anima dopo un’annata balorda e sciagurata: la società ha fatto una grossa parte con il mercato estivo, ma Conte con il suo modo di fare in poco tempo ha già ottenuto una squadra credibile nella ferocia, nella voglia e, per ora, anche nei risultati. Per quanto questa squadra non sia “spettacolare” come potuta ammirare in passato, dobbiamo davvero dilaniarci per le caratteristiche di questo Napoli?
Ad avviso di chi scrive, no. Avessimo voluto qualcosa di diverso avremmo dovuto fare altre scelte in Estate, ma che probabilmente avrebbero ridimensionato il progetto nella costruzione tecnica della rosa, datosi che il Napoli senza le coppe europee ha sicuramente perso parte del suo appeal. Davvero avremmo voluto questo? Chi scrive ne dubita fortemente.
Il bene del Napoli viene prima di tutto
È sacrosanto analizzare le prestazioni perché il risultato di una singola gara può essere casuale, altre vanno valutate anche dal contesto in cui ci si trova (o si sta cercando di uscire - ndr) e analizzato singolarmente. Non è il caso di dilaniarsi troppo per la ricerca del bello: l’edonismo non può essere fine a se stesso e rischia un divenire controproducente per il Napoli stesso. Con la situazione attuale chiederlo a prescindere dal risultato sarebbe un clamoroso autogol.