Oscar Wilde diceva “è sempre bello essere attesi e non arrivare”, in costante ritardo rispetto ad un orologio che scandisce il tempo altrui. Che vive di consuetudini alle quali crediamo di dover sottostare, schiacciati da scadenze universali che finiscono solo per mortificare chi opera nella consapevolezza delle proprie competenze. Si può essere in ritardo ad un appuntamento, rispetto ad una consegna, altrimenti si finisce per parlare di un concetto vuoto, lasciato alla libera interpretazione degli spettatori interessati e non.

Anni di azioni consapevoli, di un'operatività che esula da canonici schemi mascherati da dogma ai quali piegarsi, di successi sportivi ed imprenditoriali, per poi ritrovarsi vittime di un isterismo mediatico ingiustificato. Un isterismo che non sfiora la dirigenza azzurra, in placida attesa sulle rive del fiume di scorgere il cadavere del proprio nemico.

I più fantasiosi hanno attribuito l'immobilismo all'addio di Giuntoli, come se una società, un'azienda dal respiro internazionale e da centinaia di milioni di fatturato, si lasci destabilizzare da un addio. Quando basterebbe tornare allo scorso ritiro, ricordandosi che Kim arrivò solo di questi tempi e la rosa venne completata, con ben tre innesti, dopo la prima giornata di campionato.

La poca perspicacia con la quale si propende a puntare il dito verso la società azzurra, picchiettando sull'immaginario quadrante di un orologio che punta l'ora X, è una procedura con la quale solo chi non impara dai propri errori finisce per sottostare. Esasperati dalla tempra di un club che sa quello che vuole e che persegue i propri obiettivi con la calma di cui solo i forti dispongono. Ci fosse qualcuno capace, a ragione, di accusare il Napoli di essere in ritardo, questi potrebbe essere solo il Napoli stesso. Perchè solo tra le ermetiche mura della cerchia dirigenziale del presidente De Laurentiis è possibile dare valore al tempo, decodificarlo secondo i parametri operativi aziendali, conoscerne limiti e termini.

Il Napoli ha deciso di essere spettatore disinteressato di un teatrino che, ogni estate, si anima al solo scopo di arricchire chi vive di improbabili esclusive o che indirizza la disinformazione per agevolare l'amico procuratore di turno. Una scelta ben ponderata e per la quale la società sapeva di dover pagare il prezzo, quello di essere costantemente esposti alle preoccupazioni di una piazza che fatica ad allontanarsi dagli schemi comuni.

Non è pressapochismo e nemmeno presunzione, si tratta solo di abbandonarsi all'idea che un campionato vinto non cambia di colpo le regole del gioco e che per migliorare una squadra già forte il margine di errore si riduce al lumicino. Giusto quindi prendersi il tempo necessario per formalizzare la mole di lavoro con la quale gli obiettivi sono stati individuati e smussare gli angoli di trattative nelle quali la società, ha più volte dimostrato, di non voler lasciar nulla al caso.

Non può non essere poi presa in considerazione l'esigenza del tecnico e del suo staff di valutare tutti i calciatori in rosa, con la prime amichevoli che hanno visto ad esempio sia Elmas che Raspadori disimpegnarsi nel ruolo di mezzala, al contrario della scorsa annata quando venivano impiegati, con diverse prerogative, nel tridente offensivo.

La prima giornata, contro un avversario tutt'altro che irresistibile, ci dà, inoltre, eventuali ed ulteriori margini per poter operare senza assilli, magari permettendo ad elementi come Ostigard, dopo un anno di apprendistato alla corte di Spalletti, di potersi affermare non solo come interessante prospetto, ma elemento da inserire in maniera stabile nelle rotazioni, in una stagione che al contrario di quella passata andrà giocata tutta d'un fiato e nella quale il norvegese brama minutaggio.

Per non parlare del vice Anguissa che, quest'anno, assumerà un ruolo non secondario e che dovrà integrarsi perfettamente nel terzetto di centrocampisti, dovendo poi sostituire il camerunese quando a gennaio sarà impegnato con la sua nazionale in Coppa d'Africa. Un elemento il cui destino è legato anche alla permanenza di Demme che, se confermato in rosa, recriminerà ben oltre i 142' con i quali ha chiuso l'ultima stagione, mentre in caso di una più che probabile cessione, l'idea potrebbe essere quella di prediligere un elemento capace di destreggiarsi anche come perno del reparto.

Di fronte a questi interrogativi il tempo assume un valore prezioso, da sfruttare a proprio vantaggio evitando di rincorrere chi crede che essere in anticipo sia un beneficio e dimentica che ritardare non è altro che una forma d'arte.