Lo scudetto passa anche da qui.

Napoli è al centro del Mediterraneo come il mese di Maggio in mezzo all'anno. Quello che potrebb'essere eterno nella nostra memoria.

Il ricomincio da tre della partenope teatrale vive da settimane sull'onda emotiva di un traguardo storico da raggiungere in questa stagione, nello specchio della magnificenza che la squadra e la tifoseria hanno ostentato intemeratamente sin dal primo momento e senza favori del pronostico.

Ma cosa significhi vincere a Napoli lo narrano gli oracoli poetici e dicono ch'è come riesumare una sofferenza universale per liberarsene per sempre. Gli artisti direbbero che è come tratteggiare in maniera incrociata la velatura della Guernica di Picasso ed unire la filigrana di figure, ovvero realizzare un capolavoro sopraffino nel capolavoro olistico.

Perché la millenaria culla del tempo dell'antichità napoletana, ha innestato la città nella caldera dell'umanità, incapsulata in un folclore viscerale, dentro un crocevia di culture apartenenti ai più inventivi tarantolati della terra, annodando radici indisunibili che partono dall'ombelico del Mediterraneo.

L'orogenesi del nome dice tanto sulle ragioni di rilievo artistico. Napoli si chiama così perché primoldialmente doveva essere 'Neapolis', cioè città nuova e senza nome in attesa di un appellativo che le si addicesse; ma con abitanti specializzati ad unicizzare tutto, così da renderla tanto diversa da tutte le altre fintanto a divenire leggendaria, un misto di splendore accecante e nera atrocità. Invasa da tanti popoli, conquistata da nessuno.

I Napoletani hanno ereditato un corredo di catastrofi tramutatesi in virtù, tra cui la telluricità del Vesuvio, illustrato a iosa in eruzione, che segmenta la striscia divisoria tra la terra e i pesci, e guardano al mare con monito di salvezza e affidamento, rifugio anche nella burrasca e connessione con il cielo, anch'esso azzurro. Il Vesuvio è un farò piantato nella mente dei napoletani, la stella polare della città, l'equatore tra la vita volutamente agitata e una morte annunciata.

Come se non bastasse c'è l'inferno buono: il sotterraneo, misterioso e smisurato perché profondo, come una crosta di superficie di un baratro immenso, che nasconde saperi immanenti. Nelle sue catacombe si sfibrano i bradisismi dell'area flegrea e isolani.

È l'esoterismo del calcio che a Napoli sintetizza la vita e ne amplifica il senso; sentimento popolare che diventa umanizzato all'inverosimile. Qui la gente ha trovato un riscatto, con l'incanto Maradoniano, ma anche con la celebrità nel mondo, e non esiste angolo della terra dove la vecchia "Neapolis" non sia ammiccamento e storpiamento in lingua straniera. Tutti i popoli sanno di Napoli e tutta Napoli accoglie i popoli trascinanti dalle onde e trasportati dal vento.

La squadra di calcio attuale è un enclave di culture impastate a produrre un dolce delizioso, e tutti gli stranieri-napoletani la vengono a vedere da vicino, questa meraviglia pericolosamente inconfondibile.

Da alcuni anni, non di rado si registrano a Napoli popoli asiatici e sud americani, africani e del freddo nord Europa, un crogiolo di viandanti che apprezzano il cibo e la gente, monumenti e clima, vizi e qualità napoletane intrinseche. Flussi turistici senza precedenti, con la misura della grandezza che a Napoli si colma e attraversano la città con satollo barlume di stupore.

Quest'anno il clamore mediatico della forza dei risultati del Napoli calcio ha calamitato addirittura turisti-tifosi, stanziati nella città stabilmente per assistere di persona alle gesta sportive dei propri rappresentanti nazionali.

In era di globalizzazione differenziale, inconsciamente i diciotto stranieri del club partenopeo, sono divenuti i ciceroni della propria città adottiva.

E tutte queste virtù le ritroviamo nel garbo e la disciplina di Kim.
La spontaneità ed il senso del dovere di Elmas.
La metodica e l'austerità di Rrahmani.
La taciturnità e l'ardore di Anguissa.
L'indomità e il coraggio di Osimhen.
L'attaccamento ai valori familiari e la dedizione di Lozano.
La determinazione e la giovialità di Oliveira.
La serietà e la temerarietà di Mario Rui.
La cultura del lavoro e la perseveranza di Kvaratshkelia.
La costanza e la dedizione di Østigaard.
L'allegria ed il perbenismo di Juan Jesus.
Il sarcasmo e la sornionità di Ndombelè.
La serietà e la destrezza di Zielinski e Bereszynski.
La tradizionalità e la grinta di Simeone.
La caparbietà e la generosità di Demme.
L'introversia e la costanza di Lobotka.

A cui vanno aderite le qualità morali e professionali degl'italiani Di Lorenzo, Raspadori, Meret, Politano, Gollini, Zerbin e Gaetano, in un calibrato coacervo di etnie e religioni diverse, perfettamente conniventi per un obiettivo unico: vincere il campionato.

Tutte queste caratterisriche hanno permeato i meandri di Napoli e provincia. Il flusso incrementale dei visitanti ha irrorato anche le vie più strette e anguste dei quartieri, restituendo a tutto l'ambiente cittadino e anche all'interland, la dignità che anni di mala propaganda nel primo decennio del nuovo millennio avevano esacerbato.

Tanta di questa massa etnica da fuori confine é stata certamente incanalata dal riferimento sportivo del Napoli e dalla promiscuità dei suoi giocatori internazionali nel corso del tempo. Si é iniziato con gli argentini e gli slovacchi nel 2007 grazie ad Hamsik e Lavezzi, gl'uni in pellegrinaggio ascetico nella città di D10S -ormai consolidato, gli altri curiosi di vedere il proprio giocatore di maggior talento che posto avesse scelto per affermarsi.

Poi sono arrivati nel 2013-14 i Senegalesi in gran numero, Koulibaly ne é stato sicuramente il modello ispirazionale. Fin ad arrivare ai tempi più recenti con orde di Belgi per Mertens e quest'anno Koreani, Nigeriani, Macedoni e Georgiani che vivono le partite dei propri idoli con dovizia e trasporto emotivo quasi esagerato.

In tal ottica, tutti gli istituti di cultura e le ambasciate - avamposti istituzionali dei paesi stranieri in Italia o a Napoli - si sono attivate per erogare informazioni e servizi sempre più curati versi i connazionali accorrenti in Campania, ingenerando un indotto turistico ed economico a beneficio della comunità nazionale.

Il percorso fluorescente verso lo scudetto tricolore passa anche da queste dinamiche connaturate alla vita nella capitale del Mediterraneo, con i suoi atavici problemi sociali, ma ormai inconfutabilmente di fama mondiale.

Ad incoronare Napoli come Regina del turismo esperienziale e culturale è stata l'eminenza giornalistica americana: 'Time', il quale ha eletto Napoli World's Greatest Place 2023. Un insignimento densisissmo di significato, considerate le difficoltà che il contesto urbano vive quotidianamente e malgrado ciò polarizza attenzione e interesse.

Responsabilità di rappresentare e difendere Napoli, di cui i calciatori azzurri sono investiti naturalmente, con l'unico obbligo morale di far vincere Napoli nel mondo, mischiando ethnos, razza e stirpe, per un futuro di legami transnazionali.

Ad oggi l'unica certezza è che lo scudetto sarà festeggiato ovunque, come la vera Napoli milionaria.