Joe Marrazzo: quarant'anni fa la morte del giornalista anti-camorra
Quarant’anni fa, moriva all’età di 56 anni, a seguito di un’emorragia cerebrale, nella sua casa romana in via dei Giuochi Delfici, il giornalista Giuseppe, detto Joe, Marrazzo

Quarant’anni fa, moriva all’età di 56 anni, a seguito di un’emorragia cerebrale, nella sua casa romana in via dei Giuochi Delfici, il giornalista Giuseppe, detto Joe, Marrazzo.
Eppure ancora oggi sono in tanti ad essere fermamente convinti che non fu la malattia, per quanto improvvisa, a stroncare il cronista di origini nocerine ma la criminalità organizzata.
“Quelli che lo pensano, andando contro la realtà dei fatti, non dicono una cosa del tutto sbagliata. Perché mio padre era destinato a finire di morte violenta”.
A parlare è il figlio, Piero Marrazzo (in un'intervista al Corriere del Mezzogiorno), giornalista come lui, lunga militanza in Rai e breve parentesi politica dal 2005 al 2009 come presidente della Regione Lazio.
Qual è il messaggio ancora valido, dopo 40 anni, che ha lasciato Joe Marrazzo?
“Aveva un grande amore per quello che faceva, si concentrava sul servizio che doveva portare a casa, cercando la notizia e valorizzandola. Ha lasciato un grande messaggio per i giovani: non avere mai paura nel fare il proprio lavoro, devi arrivare al tuo obiettivo anche sporcandoti le mani, lui ci riusciva quasi sempre”.
Che giudizio avrebbe dato del modo di fare giornalismo oggi, molto seduto davanti al pc e poco consumando le scarpe?
“Lui non era di quelli che lodavano il passato anzi quando sentiva qualcuno che diceva “ai miei tempi...” si incavolava. Mio padre ha insegnato che bisogna credere nei giovani e che non si possono togliere le speranze ai giovani. Guai ad affrontare il presente con un occhio diverso dal loro. E infatti erano soprattutto i giovani ad amarlo”.
Chi sono gli eredi di Giuseppe Marrazzo?
“Tutta la generazione di Sandro Ruotolo, ma penso anche a Michele Santoro, allo stesso Roberto Saviano che una volta in un’intervista ha detto di aver scelto di fare il mestiere di giornalista e scrittore perché aveva letto Il camorrista, il libro dal quale fu tratto il film di Giuseppe Tornatore che purtroppo mio padre non riuscì a vedere. Morì prima”.

Ma è vero che suo padre voleva fare il cinema?
“Verissimo, da ragazzo venne a Roma con l’intenzione di studiare sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia. Lavorava in nero ai copioni, proponeva soggetti. E questa sua passione è rimasta evidente nel lavoro di giornalista: quando preparava i servizi per il Tg 2 Dossier li scriveva come se fossero sceneggiature, da una parte la scena, l’immagine e dall’altra il testo dell’intervista. Lavorava come se fossero film, non è un caso che nelle interviste prevaleva l’aspetto umano, entrava sempre in empatia con il suo interlocutore”.
A proposito di interviste, resta memorabile quella al capo della Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo, ‘o professore. Ma come fece ad ottenerla?
“Fu nel maggio del 1981, attraverso il braccio destro di Cutolo, Vincenzo Casillo, detto O Nerone, che mi spiegò la questione della trattativa sul rapimento di Ciro Cirillo. E che poi sarebbe saltato in aria a Roma davanti alla sede dei servizi segreti. Cutolo stava andando a deporre a un processo dove era imputato e accettò di essere intervistato. Quell’incontro fu un vero e proprio duello di comunicazione, senza toni violenti, anzi tra lui e mio padre ci furono solo stoccate di fioretto. D’altra parte Cutolo era un personaggio, aveva intorno a sé una corte di criminali e in carcere gli arrivavano aragoste e vestiti. Lo capì bene qualche anno dopo Fabrizio De André dedicandogli una canzone che fu un enorme successo”.
C’è anche un altro aspetto meno conosciuto di Giuseppe Marrazzo e riguarda il coinvolgimento nella politica.
“Lui la politica la fa ma sapendo bene che il suo lavoro è un altro, il giornalismo, che non avrebbe mai lasciato. Nel 1980, prima del terremoto, si candida come consigliere regionale della Campania e fa una campagna elettorale che sembra un’inchiesta giornalistica, io stavo con lui, lo seguivo e mi divertiva vederlo così preso a capire come stava il territorio. Però non ce la fece ad essere eletto”.
Ci restò male?
“Macché, invece ne fu felice. Nella stessa tornata è candidato anche al Comune della sua città, Nocera Inferiore, e viene eletto. Fu consigliere comunale, da indipendente nel Pci”.
Quarant’anni senza Joe Marrazzo. Non crede che la memoria di questo grande giornalista stia un po’ vacillando?
“Certamente se fosse stato ucciso sarebbe stato ricordato di più, cambiava del tutto la narrazione. Io però non smetto di sperare in un’iniziativa che gli dia il giusto risalto”.
Da figlio qual è il ricordo che le è rimasto impresso di suo padre?
“È rimasto il ricordo di un padre che è morto tra le mie braccia, in questo modo mi ha legato per sempre a lui in un rapporto indissolubile”.