Il calcio è una bestia infame. Ancora di più, lo sono i calciatori. Non tutti, almeno. C'è chi pensa meno al portafogli, chi si è ambientato talmente tanto bene da aver trasformato il proprio luogo lavorativo nella personale comfort zone.

Piotr Zielinski è vicino al rinnovo col Napoli fino al 2026, accettando quindi il taglio (o, per meglio dire, la diluizione) dello stipendio e rifiutando le ricchissime offerte arrivate dal nuovo paese dei balocchi chiamato Arabia Saudita. Addirittura alcuni soventi esperti di mercato parlavano di un Piotr con tantissima voglia di andare alla Lazio, oppure di un esubero da scaricare alla Juventus insieme a Giuntoli.

Zielinski-Napoli: un amore mai compreso

Quello di Zielinski per il Napoli è stato sempre un amore poco compreso, forse perché non rumoroso come quello riservato ad altri. Ad esempio nei confronti di chi dice di difendere la città, salvo poi andare a fare il secondo al Bayern Monaco, oppure di chi, da ultratrentenne, destina noni partenopei alla propria prole però chiede ancora la Luna per il rinnovo.

Zielinski no. Rare sono state le sue dimostrazioni di affetto, ma ha sempre fatto parlare il campo. Nell'immaginario collettivo di ogni napoletano, a questo Scudetto resterà sempre correlata l'immagine in testa all'articolo: quella di Piotr che, al gol di Raspadori contro la Juventus, si è fatto carico di tutta la sua napoletanità mai mostrata abbastaza e si è lasciato andare, così come avrebbe fatto qualsiasi tifoso del Napoli.

Zielinski non è stato Reina. E nemmeno Mertens. Zielinski è stato Piotr Zielinski: e forse è questo il motivo per il quale, senza proclami, con testa bassa e tanto lavoro, alternando prestazioni maiuscole a minuscole, pur con tutti i suoi difetti e i tantissimi pregi, è riuscito a essere ciò che gli altri non hanno fatto. Una bandiera azzurra. Reale, non soltanto sui social.