Luciano Spalletti canta l'inno della Nazionale
Luciano Spalletti canta l'inno della Nazionale

Luciano Spalletti crede di essere diventato il tredicesimo Presidente della Repubblica e non il ventunesimo CT della Nazionale Italiana. Dal quartier generale di Coverciano è tornato, dopo una sosta strategica post disfatta agli Europei, a parlare a reti unificate alla nazione.

La prima parte del suo mandato, pre disfatta agli Europei, aveva avuto come leitmotiv del suo piano comunicativo quello di completare l'opera di manipolazione per spingere l'opinione pubblica napoletana a cristallizzare il suo addio come conseguenza di un comportamento non adeguato da parte del Presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che lo stesso Luciano paragonò a un film horror in una delle sue infinite apparizioni mediatiche da CT che, però, continuava a ritirare premi su premi per la stagione 22/23, quella del suo primo scudetto in carriera.

La vanità gioca un brutto scherzo al toscano. Spalletti impegna tante energie nel tentativo di stravincere una battaglia inutile contro l'ego del suo ex datore di lavoro, a tratti, dando anche l'impressione - ai più maliziosi s'intende - di surfare delicatamente sull'unica stagione disgraziata in venti anni del Napoli, coincisa proprio con il suo addio.

Così tante energie sprecate da sottovalture che il CT sia un mestiere diverso dall'allenatore di club e presenta all'Europeo una delle Nazionali più confuse e moralmente sfilacciate degli ultimi già deludentissimi anni.

Nel frattempo il Napoli prende Antonio Conte, fa un mercato da 130 e rotti milioni senza incassare niente, e si rilancia con ambizioni non diverse da quelle degli ultimi 15 anni. De Laurentiis, nel sentiment dei tifosi, passa da essere incudine a martello nel giro di pochissimo.

Non c'è più sponda per Luciano: il consenso sarebbe poco reattivo. In città ci sono solo poche vedove alle quali non resta che esultare per delle buone prestazioni in Nations League, quello che è pur sempre un torneo percepito ancora come un insieme di amichevoli ben organizzate.

Il Presidente della Nazionale di Calcio Italiana punta dunque a cambiare target. Nel suo segretissimo e inseparabile diario del rancore nota che due righe sull'Inter non fleggate con una spunta verde ci sono ancora e decide di entrare in gamba tesa su Simone Inzaghi e il suo eventuale coinvolgimento in dinamiche ancora poco chiare con gli Ultras di Milano arrestati nei giorni scorsi. 

'Io riattaccherei' è il discorso alla Nazione di Spalletti che inaugura la seconda parte del mandato da Presidente in carica: "Inzaghi e gli ultras? Io non ho mai ricevuto chiamate. E so riattaccare...". L'Inter fa filtrare di essere rimasta spiazzata dalle parole del Ct, che in esclusiva a Raisport, dichiara: "Una novità che mi ha sorpreso, se uno ti chiama e non lo conosci è difficile poi scambiarci parole..". 

Un intervento che di diplomatico non ha nulla. Una boccata d'aria fresca. L'omertà di cui si traveste da anni il movimento calcistico italiano ha fatto solo danni. Chi ha il coraggio di uscire dalla comfort zone del politicamente corretto merita un plauso.

Anche se un'affermazione così perentoria potrebbe stridere con l'incontro che lo stesso Luciano ebbe, a Castelvolturno nel 2023, con una ventina di ultras che arrivarono al centro sportvo con il viso coperto da dei passamontagna, sedicenti autori del famoso striscione “La Panda te la restituiamo, basta che te ne vai”.

In quell'occasione, come poi successivamente sulla vicenda Fagioli - Tonali, l'ex tecnico del Napoli preferì invece far lavorare la diplomazia: sposò il garantismo per lo scandalo scommesse e acconsentì all'incontro con gli ultras mariuoli (così firmarono lo striscione, ndr).

Nulla neanche lontamente paragonabile a quello per cui è stato interrogato il tecnico dell'Inter, sia chiaro. Spalletti, quindi, non ci ha pensato su due volte, ha fatto sfoggio del suo ditone moralizzatore indossando di nuovo lo smoking immacolato donatogli da Gravina il giorno in cui ha deciso di fare la guerra al Napoli di De Laurentiis pur di assicurarsi l'allora tecnico campione d'Italia e dargli i gradi di Presidente. 

O da CT, come preferite. In questo paese alla deriva fa poca differenza.


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