Cari tutti: le rivoluzioni si fanno, non si annunciano. Mentre nell’iperuranio si continua a celebrare il modello De Laurentiis, nel mondo reale il Napoli comincia la stagione come l’aveva conclusa. Prendendo schiaffoni indecenti e indecorosi che proiettano la stagione nella disperazione.

Sul piano tecnico, a ben vedere, la disamina l’ha fatta Conte ieri: la conferenza di presentazione del match del Bentegodi si presta a essere un perfetto commento post gara. Fotografa una realtà di una squadra, due punti: scarsa e incapace di reagire.

Il risultato, un 3-0 all’esordio, resterà negli annali, incastonato tra le peggiori umiliazioni di sempre; e, bisogna dircelo, rischia di segnare un’epoca. Perché i segnali di ripresa, sinceramente, appaiono vanesi come quelli di fumo.

La Cura Conte sembra già improduttiva, pare incompatibile con la dimensione del club e con la materia prima a disposizione, sia pure incompleta e forse malvalutata.

Ma le rivoluzioni, piuttosto che annunciate, vanno fatte. Con sudore e fatica, certo. Ma anche con pianificazione e strategia. Un Napoli ostaggio di un calciatore che ha deciso di pagare più di quanto poteva sostenere, e che oggi non può schierare nemmeno in campo. Il non plus ultra della cattiva pianificazione, figlia di una presunzione che racconta dei limiti strutturali, tra provincialismo e vanità, e che oggi ci regala la peggiore squadra dal ritorno in A.

Questa squadra andava rivoltata come un calzino, senza tentennamenti di sorta; senza indugiare un secondo per introitare tot milioni. Senza progetti di recupero che la stagione scorsa ha dichiarato insostenibili.

Il rischio di una debacle che metta a repentaglio non solo i prossimi mesi ma tutto ciò che a fatica s’è costruito è dietro l’angolo. E ad oggi, nel marasma di idee sconclusionate, come quelle messe in pratica in campo, paradossalmente, il 3-0 del Bentegodi si candida ad essere la triste epifania di un destino, non so fino a che punto inevitabile, ma, certamente, crudele.