Dopo l'esclusione di Francesco Acerbi dalla Nazionale, impegnata negli Stati Uniti, le parole di Juan Jesus sul suo profilo Instagram hanno fatto in pochi minuti il giro del mondo.

Quelle parole sul social network sono state perfette. Nei tempi, nei modi, nell'eleganza. Sono una sentenza senza appello. Sono il gancio del KO in un incontro di box. Sono il rigore decisivo in una finale. Sono, purtroppo, ancora troppo importanti in un paese fermo al palo.

Sono aria, acqua, terra e fuoco. Sono la risposta a chi ha provato a minimizzare e a chi ha pensato di lavarsene le mani col fare furbesco e del tutto italico.

Sono la risposta a Umberto Calcagno, presidente AIC che, come sempre, ha sottolineato velatamente la zona franca di questo sport. Sono la risposta finanche a Luciano Spalletti, che è restato nel limbo solito del "dico non dico".

Sono la risposta a chi non ha mosso un dito in campo, ai tifosi che minimizzano (fortunatamente una piccola parte), segno che questo paese vuole crescere ma chi comanda è troppo impegnato a guardare altrove.

Il calcio italiano è finito, ma lo è da tempo. Si vede da chi, e soprattutto da come, rispetta le regole del gioco. Chi lo fa, passa per pazzo, incompetente. Da debellare senza appello. Chi non lo fa è l'eroe di cui avevamo bisogno. Il punto di riferimento. Il modello da seguire e proteggere.

In questo marasma generale di inquietudine, tristezza e fango, il razzismo è sempre un qualcosa da minimizzare. Ma poi arriva Juan Jesus. Un uomo, prima che calciatore, intelligente, pacato, esperto. Che con un post su un profilo social schiaccia anni di luoghi comuni.

Non si sa come finirà, probabilmente a "tarallucci e vino". Ma il calcio, quello vero, ha bisogno di molti Juan Jesus. E che lui sia un tesserato del Napoli non può altro che rendere fiero chi segue il club azzurro con passione e amore.