Rudi Garcia: analisi della carriera
Rudi Garcia sarà il nuovo allenatore del Napoli per la stagione 2023/24, per lui biennale con opzione per il terzo anno, l’annuncio è arrivato dai profili social del presidente Aurelio De Laurentiis nei giorni scorsi. Il francese fresco dell’esperienza all’Al-Nassr, è pronto a ripartire dall’Europa dopo le numerose stagioni passate tra Francia e Italia.
La carriera di Rudi Garcia
Garcia inizia la sua avventura in Francia, come collaboratore tecnico al Saint-Étienne, diventando poi allenatore nel 2001, successivamente ha avuto ulteriori esperienze in Francia, fino ad arrivare al 2008 quando si siede sulla panchina del Lille, nel 2011 arriva il primo titolo, battendo in finale di Coppa di Francia il PSG (1-0), nella stessa stagione arriva anche la vittoria del campionato francese, i due titoli gli valgono il premio come allenatore dell’anno in Ligue 1 per la stagione 2010-11.
Nel 2013 arriva la prima panchina al di fuori del territorio francese, firmando un biennale con la Roma, approdando in Serie A. Al termine della prima stagione nella capitale raggiunge il record di punti del club posizionandosi al secondo posto con 85 punti, record poi battuto da Spalletti (87 punti). Nella stagione successiva bissa il secondo posto ma nel 2016 viene sollevato dall’incarico, concludendo la sua esperienza con 61 vittorie, 35 pareggi e 22 sconfitte in 118 panchine. Nel 2016 torna in Francia, al Marsiglia, chiudendo la prima stagione al quinto posto, nel 2017-18 arriva il grande risultato in Europa, raggiungendo la finale di Europa League, poi persa contro l’Atletico Madrid, nel 2019 lascia il club.
L’avventura al Lione inizia il 14 ottobre 2019, chiude la stagione al settimo posto, raggiunge la finale di Coppa di Lega e la semifinale di Coppa di Francia, ma il traguardo più importante arriva in Champions League, dove eliminando Juventus e Manchester City raggiunge la semifinale, perdendo poi dal Bayern Monaco (futuri vincitori). Nell’ultima stagione il tecnico francese ha allenato in Arabia, all’Al-Nassr, salvo poi risolvere il contratto consensualmente con la società.
Gli inizi e l’evoluzione tattica di Rudi Garcia
La storia tattica di Garcia negli anni è chiara, cambiano gli interpreti e il tecnico francese ha dimostrato di essere camaleontico in tal senso, partiamo dall’esperienza a Roma, che ha inevitabilmente segnato il nuovo allenatore del Napoli, portandolo al 433 con un’impronta offensiva ben chiara, sbagliato però farsi ingannare dai numeri, il modulo infatti nel triennio nella capitale mutava in base agli interpreti e alle situazioni di gioco, bisogna specificare infatti che il francese nonostante la proposta offensiva fosse tra le migliori in Italia è stato un tecnico capace anche di adattarsi ai differenti avversari e infatti sono diversi gli spunti che possiamo ricavare dall’ultima (e finora unica) esperienza italiana.
In primis guardando le formazioni notiamo subito una caratteristica comune del triennio 2013-16, la fase offensiva, infatti gli interpreti pur cambiando avevano caratteristiche simili che precludevano una costruzione sugli esterni ma esigevano di portatori di palla sulla metà campo, per innescare le corsie laterali.
Salah, El Shaarawy, Iturbe, Gervinho, Florenzi, questi i giocatori che hanno caratterizzato le corsie laterali dei giallorossi di quel periodo, giocatori in grado di saltare l’uomo e di aggirare in velocità i terzini avversari, ma mai abituati a giocare dentro al campo e neppure a portare palla favorendo l’inserimento delle mezz’ali, Garcia allora si adattò costruendo attorno ai suoi esterni un sistema ad hoc, capace di valorizzarne le caratteristiche, Totti prima, e Dzeko poi, sono stati fondamentali in tal senso, entrambi punte atipiche, capaci di venire incontro per portare via l’uomo facendo uscire un difensore, a quel punto lo schema prevedeva un portatore di palla sulla metà campo (Strootman o Nainggolan) con Pjanic e De Rossi a formare una linea a 2, in particolare il numero 16 era posizionato sul centro destra per coprire il lato debole dove Maicon (e Florenzi poi) erano in spinta dentro al campo, al contrario sulla sinistra, Garcia richiede comunque densità e spinta in avanti, ma mai dentro al campo, bensì andando sul fondo coprendo maggiormente la corsia laterale.
I numeri di Rudi Garcia
Ecco alcuni numeri che analizzano le prestazioni e il modo di interpretare il ruolo dei giocatori di Garcia a Roma, partendo dai terzini, Florenzi era chiamato a giocare maggiormente dentro al campo, 70.5 i tocchi di media, 1.3 i passaggi decisivi, 79% la precisione, 1.4 le conclusioni. Dal punto di vista offensivo, il discorso sulla punta che funge da incontrista viene confermato dai numeri di Totti e Dzeko, entrambi con oltre i 35 tocchi di media e 1.1 passaggi decisivi, a centrocampo invece la regia era affidata a De Rossi, reso da Garcia un vero e proprio giocatore di interdizione, capace di leggere il gioco e coprire il campo viste le mezz’ali impegnate nel portare palla, inoltre in fase di riconquista creava grande densità sul centro destra per poi ripartire sul lato debole (dove gli avversari attaccano e di conseguenza è più facile trovare l’inserimento), per lui oltre 70 tocchi di media, 0.7 passaggi decisivi, 89% di precisione, oltre il 55% nei contrasti vinti e 2.3 recuperi e intercetti di media.
Al suo fianco Pjanic, il bosniaco non nasce regista, ma mezz’ala, che a differenza di Nainggolan (o Strootman) non era destinato a portare palla ma era incaricato nell’ultimo passaggio, questo perché alle sue spalle Florenzi spingeva dentro al campo e di conseguenza il numero 15 giocava maggiormente avanzato e il più delle volte era chiamato a finalizzare con un assist o una conclusione l’azione, 2.1 le conclusioni di media, 84 i tocchi, 2.5 i passaggi decisivi di media, 85% di precisione, 40% i contrasti vinti, aiutato infatti da De Rossi sul centro destra in fase di non possesso. Questi due giocatori erano fondamentali per un concetto a Garcia molto caro negli anni in Italia, l’aggressione anche in zone rischiose di campo e l’immediata verticalità sugli esterni, caratteristiche che descrivono bene due giocatori come De Rossi e Pjanic.
Dopo il triennio a Roma il suo calcio si sposta in Francia, dove torna con tutt’altre certezze, firmando con il Marsiglia, avventura che durerà fino al 2019, alla prima stagione si posiziona quinto, 57 gol fatti e 41 subiti in 38 partite ed evidenziando un grosso limite fuori casa, infatti in 19 partite sono 19 i punti conquistati, con ben 8 sconfitte. Cambia modulo, passando dal 433 al 4231, questa volta incentrando il gioco su un giocatore in particolare, Dimitri Payet, il concetto di riaggressione visto a Roma viene a perdersi, in favore di una difesa a 4 più statica con i terzini che spingevano meno e con una maggiore copertura in mediana con la coppia Sanson-Luiz Gustavo, è in attacco che Garcia sfoderò la sua arma vincente, quella che lo portò fino alla finale di Europa League, poi persa per mano dell’Atletico Madrid, la mezz’ala portatrice di palla vista nella capitale scompare, molti più lanci lunghi (21.6 di media), e grande libertà lasciata in avanti, questa volta con due esterni che non facevano della rapidità la loro arma principale, al contrario erano soliti venire dentro il campo e creare triangolazioni con la prima punta (Germain), che così come a Roma, fungeva da falso 9 per liberare spazio, non un caso se arrivò la definitiva consacrazione di Thauvin, che nella stagione 2017/18 chiuse con 22 gol e 11 assist, 3.7 conclusioni di media, 72 tocchi, 2.2 passaggi decisivi e il 78% di precisione, Payet invece che era posizionato sulla trequarti, arrivando a coprirla interamente, chiuse la stagione con 6 gol e 13 assist, ben 4 le occasioni da gol create in media su 65.8 tocchi per partita. Questo tipo di attacco che prevedeva lo scambio degli esterni e l’assenza di mezz’ali di inserimento per favorire la fantasia offensiva dei francesi portò ad 80 gol (2.1 di media) in 38 partite, ma la staticità della difesa e un centrocampo che sapeva bene come gestire palla ma era troppo leggero in fase di non possesso visto il peso offensivo messo in campo portarono a prestazioni in fase difensiva estremamente negative, furono infatti 47 i gol subiti in 38 partite, peggiorando il record dello scorso anno.
Successivamente passa al Lione, in un biennio contraddistinto da due idee completamente diverse, il primo anno infatti, memore probabilmente della grande fatica in fase difensiva, cambia totalmente visione, passando alla difesa a 3, con Cornet e Dubois sugli esterni a tutta fascia, la media gol subiti si abbassò sullo 0.9, ne risentì ovviamente anche la fase offensiva, lontana parente di quella a Marsiglia, con 1.5 gol realizzati di media, torna però il concetto di verticalità tanto cercata a Roma, in questo caso però, il gioco di Garcia non si basò sugli esterni che andavano a formare una difesa a 5 in fase di non possesso, ma sulla punta, Memphis Depay, giocatore dal talento eccezionale che si esaltava nell’uno contro uno e che a differenza degli attaccanti avuti sino a quel momento rappresentava un punto di svolta nello schema del francese, dando un’alternativa ai triangoli col numero 9 e gli esterni, alternativa che però se è vero che portò grandi risultati in Europa, come la semifinale di Champions, è anche vero che durò poco, questo perché usare la prima punta come fulcro e non coinvolgendo minimamente gli esterni e i centrali di difesa in costruzione rendeva la formazione prevedibile e senza un piano b, a quel punto il cambiamento. Ed è qui infatti che si torna al trequartista come punto fermo del gioco di Garcia, con Lucas Paqueta, peggiora la fase difensiva nuovamente (43 gol subiti) e migliora quella offensiva (81 gol fatti) con 3.2 occasioni da gol di media, migliorano i numeri degli attaccanti più coinvolti nella manovra e con meno nel sacrificio senza palla, in particolare Depay deresponsabilizzato dal ruolo di unica punta che deve creare gioco, chiude la stagione con 20 gol e 12 assist. Come detto in precedenza ruolo fondamentale lo avrà Lucas Paqueta, il brasiliano, così come Payet all’Om svaria sull’intera trequarti fungendo da portatore di palla nel 4231, chiudendo la stagione con 9 gol, 5 assist, 1.5 passaggi decisivi di media e 81% di precisione.
Dopo l’esperienza all’Al-Nassr, calcio troppo distante dal nostro per valutazioni di questo tipo, il tecnico francese torna in Italia, questa volta sulla panchina del Napoli, pesante l’eredità lasciata da Spalletti, anche se Garcia ci ha abituati a non temere piazze così calde come quella partenopea. Da un punto di vista tattico alla luce di quanto visto finora e delle sue esperienze passate, sicuramente è un tecnico capace di adattarsi senza snaturare troppo il contesto, certo è che non dovremo stupirci se vedessimo in alcune fasi del match un Napoli più basso, maggiormente attendista, in attesa della riaggressione in zona palla con il raddoppio del centrocampista, altro aspetto su cui lavorare sarà riguardante gli esterni, Garcia ha dimostrato di andare in verticale quando aveva velocisti sulla fascia, e di costruire maggiormente con triangoli offensivi quando al contrario aveva a disposizione esterni che venivano dentro il campo, come nel caso di Kvaratskhelia o Politano. Punto in comune con il calcio visto a Napoli con Spalletti è sicuramente l’utilizzo del terzino destro, così come a Roma (con Florenzi) con ogni probabilità Di Lorenzo continuerà il suo lavoro da mezz’ala aggiunta dentro il campo, con al suo fianco Lobotka, l’uomo perfetto per Garcia, che chiede al suo regista un importante fase di interdizione. Per finire è importante specificare che il nuovo tecnico del Napoli ha espresso per gran parte della sua carriera un gioco piacevole da vedere e allo stesso tempo pragmatico, ma che tende a valorizzare i suoi talenti al massimo del proprio potenziale, la fase difensiva sarà da attenzionare, ma la fase offensiva vivrà, dopo le verticalizzazioni dei difensori e della regia, di lampi improvvisi e di giocate per uno schema tattico messo a totale servizio del talento, come sempre ha fatto in carriera, con tutto quello che comporta questa visione di calcio, nel bene e nel male.