A quella stella cadente
Ho iniziato pezzi con citazioni tratte da canzoni del passato e del presente. Spesso e volentieri per eludere l'argomento principale e cercare di creare empatia col lettore.
Sapete, se hai in testa una canzone è tremendamente facile lasciarsi trasportare dalle sue vibrazioni.
Questa volta, però, non saranno De André e Kid Yugi, non saranno Schopenhauer e un supplente a tracciare il sentiero che le mie parole dovranno percorrere. Questa volta purtroppo tocca a me.
Tocca a me e a quella stella cadente.
Permetterete e perdonerete la vertiginosa differenza tra le mie frasi e quelle del più umile tra i sopracitati.
Ne sono sicuro.
Quella stella cadente e quel 3
Guardare il cielo non è un gesto o una scelta. È istinto primordiale dell'intero genere umano, la ricerca di risposte nell'immensità di ciò che si trova ben più in alto delle proprie teste. Lasciarsi rincuorare dall'amara certezza d'esser un granello di sabbia che presto o tardi sarà nient'altro che facile preda della brezza marina dell'eterno, dell'ineluttabile, dell'Infinito.
E voi, lo ricordate quando avete guardato il cielo per la prima volta?
Ah, indipendentemente dalle vostre credenze e dalle vostre personalissime divinità personali, lasciate che vi dica una cosa: il cielo è davvero un gran signore.
Se domandi, Lui schietto risponde.
Se guardi, Lui manifesta.
Ad avercene di esseri umani così.
Ad averceli di nuovo, dieci anni appena compiuti e la certezza che sarebbe accaduto qualcosa di indimenticabile a breve. Il coraggio di rispondere a chi diabolico ricordava la vicina fine dell'estate con "eh vabbé comincia il Napoli".
Ferragosto era passato e s'era divertito a portarci nuvole e disagi, di mezzo un playoff di Champions League che tracimò gioia e rivoluzione.
Era saturo, ce n'eravamo resi conto tutti.
Cominciammo a sentirne l'odore dopo aver liquidato un rispettabile Nizza, quel 19 agosto toccò al malconcio Verona.
Steso su una sdraio più grande di me, pensai che avremmo vinto lo S...
Uh, una stella cadente. Pensavo fossero più luminose. O forse era l'inquinamento luminoso.
Erano le 23:33.
Quella coincidenza mi mandò in visibilio.
Cinque anni dopo
Non so se il tempo è relativo, se davvero ci sono anni che passano più in fretta d'altri o che pesano di più. Solitamente queste frasi me le dicono quando la nostalgia dei tempi passati deve superare il rimpianto della loro valorizzazione.
So però che dal falò di Ferragosto del 2022 a qualche mese dopo avrei vissuto quanto non avevo vissuto mai in precedenza.
Altro che favoriti, altro che profumo d'impresa, gioia e rivoluzione: quella volta, perlomeno per i più, la brezza estiva s'era lasciata dietro un certo fetore, con un calciomercato tutto da completare.
In un momento di recupero, dopo una sfrenata partenza e una rapida chiacchierata con la polizia locale intenzionata a schedare un'intera spiaggia per il caldo tepore dei vari focolari archebugiati a mano e qualche alcolico di sospetta provenienza, mi ritrovai disteso sulla sabbia inerme, sfinito.
Guardai l'orologio, erano le 3:33.
"OOOOOOOEEEE TOMMAAASO NA STELLA CAREEEENT", tuonò angelica una voce nei paraggi.
Alzai lo sguardo e vidi lo stesso bagliore visto dalla mia sdraio qualche anno prima. Nella stessa posizione in quella distesa blu che si specchiava nell'altra distesa blu.
A far le coccole alla Luna.
Qualche ora dopo, un ragazzo georgiano decise di mandare a nanna proprio il Bentegodi di Verona.
Che strano.
La stella cadente è tornata
Dinanzi alle sequenze numeriche che contengono cifre ripetute, l'attenzione s'inviperisce quasi naturalmente. C'è chi crede che questi numeri, detti numeri angelici, siano modi per l'universo o per entità superiori di mandarci segnali.
A me piace pensare che il cielo abbia scelto un singolarissimo modo per avvisarmi delle emozioni che sarebbero venute dal segnale in poi. E non chiedetemi perché proprio a me.
E sempre restando sul filone "non è vero ma ci credo": no, non ve lo dico cosa ho visto a Ferragosto alle ore 3:33.