Il Napoli di Conte è morto: sta nascendo il Napoli di Antonio
Nella conferenza stampa pre Atalanta Napoli, ci pensa Antonio Conte a stoppare la polemica tra risultatisti e giochisti: “È difficile vincere campionati senza produrre un bel gioco”.
Nella conferenza stampa pre Atalanta Napoli, ci pensa Antonio Conte a stoppare la polemica tra risultatisti e giochisti: “È difficile vincere campionati senza produrre un bel gioco”.
Il Napoli, da qui in avanti, non avrà più l'ambizione di diventare un club di plastica. Non scimmiotterà format gestionali, comunicativi e tattici, che hanno funzionato in piazze che fanno della vittoria l'unica ragione di esistere. Se ne facciano una ragione gli editorialisti ancorati a un pallone che non rotola più nella loro direzione da troppi anni. Il bel calcio non è ideologia, ma realpolitik. A Napoli più che mai.
È ufficialmente morto il Napoli di Conte. Ma ne sta nascendo uno ancora più forte: il Napoli di Antonio. L'utopia dell'infallibilità lascia spazio al realismo della fragilità. Finalmente.
Il nuovo corso comunicativo lo ha inaugurato proprio Antonio Conte, con la giocata più bella dell'anno. In conferenza stampa pre Napoli Verona, ammette di essere stato presuntuoso nel giudicare gestibile una situazione delicata come il recupero di un calciatore che nella testa ha solo la voglia di arricchirsi. Non è bastato il suo curriculum. Non è bastato il lavoro. Non è bastato il progetto tattico. Non è bastato essere a metà campionato e trovarsi di nuovo a lottare per il massimo trofeo nazionale.
Non sono bastati quaranta anni di calcio ai massimi livelli vissuti da protagonista assoluto per gestire Kvaratskhelia, come non sono bastati diciannove anni di gestione economica e tecnica pressocchè perfetta da parte di De Laurentiis per gestire un'ira di dio, in campo e fuori, come Victor Osimhen nell'anno del post scudetto. Nel calcio, come nella vita, non si smette mai di imparare.
Per il post Kvaratskhelia c'è un solo comune denominatore: gioventù e talento
Con l'addio di Kvaratskhelia il Napoli perde l'ultimo scontento della rosa. Ora Conte non ha più ostacoli emotivi e gestioni psicologiche che possano appesantire la sua opera di ricostruzione. Qualche malizioso direbbe che are si sia tolto un peso, il mister. Ma le buone notizie non finiscono qui e riguardano il futuro del club.
Siamo in pieno calciomercato e i candidati per la sostituzione del georgiano hanno tutti un comun denominatore: giovinezza e talento. Giovanni Manna ha impostato i nuovi filtri di ricerca. È arrivato il momento di pensare al futuro. Se il club può tornare a concedersi questo lusso lo deve in gran parte alla gestione pressocché perfetta di Conte che, in meno di 5 mesi, ha riportato all'ombra del Vesuvio una tenuta mentale degna della storia recente del Napoli di De Laurentiis.
Il Napoli ha deciso di tornare a vestire sartoriale. Un progetto su misura che vada ad armonizzare i difetti strutturali del club. Sembra aver abbandonato la strada del main stream per ritornare a un percorso esclusivo, meno garantista sull'immediato presente, ma decisamente più prospettico.
Non sappiamo se questa fosse la fase due del business plan iniziale di Conte, ma sappiamo con certezza che il mister è un uomo troppo intelligente per illudersi che i layout che hanno funzionato nelle sue esperienze di Milano e Torino possano garantirgli vita lunga e vincente a Napoli.
Il destino del Napoli passa attraverso il bel gioco
A differenza del suo fan club, Antonio sa bene quale squadra è venuto ad allenare. E, dopo un primo periodo di ambientamento, inizia a uscire dalla comfort zone del risultatismo e del mercato dell'usato garantito. Se ne faranno una ragione illustri opinionisti che spacciavano vittorie episodiche come marchio di fabbrica di Conte, dimostrando così di aver idealizzato un tecnico che in realtà non è mai esistito.
Ci ha pensato lo stesso Conte, in ogni post partita, a ricordare quali fossero le sue intenzioni tattiche: baricentro alto, recupero immediato e dominare il match attraverso il possesso pallla. Parole inutili, ormai l'idea che il Napoli fosse diventata una squadra cinica aveva già oltrepassato i confini dell'oggettività.
La voglia di attaccare questa etichetta al progetto Conte deriva da complessi di inferiorità ideologici che parte della piazza fatica a superare. Il calcio è cambiato tanto tempo fa. Il valore dei singoli aumenta solo se inseriti in un contesto virtuoso. Non esiste una sola squadra al mondo che riesca a competere ai massimi livelli esprimendo un calcio che punti a non prenderle.
La prima parte di stagione è stata una trappola nella quale i risultatisti sono cascati mani piedi e editoriali. Una sorta di eiaculazione precoce dovuta alla necessità mai evasa di aver ragione almeno una volta. Niente, sarà per la prossima. Il Napoli di Antonio punta al futuro con rinnovato entusiasmo proseguendo sulla rotta tracciata da Aurelio De Laurentiis 20 anni fa.