Per la Treccani, la più famosa enciclopedia in lingua italiana, fare il tifo vuol dire parteggiare con accesa passione per una squadra sportiva. Vuol dire avere un atteggiamento apertamente a favore della propria squadra, sostenerla nel bene o nel male, godere dei suoi successi senza mai osteggiarla. Ma cosa succede quando pur di favorire le proprie idee si finisce per andare contro i principi stessi dell’essere tifoso?

Arrivare a desiderare una sconfitta o rammaricarsi di un risultato positivo della propria squadra contraddice l’essenza del suo significato ed è, permetteteci il termine, inaccettabile. Qualcuno ha provato a giustificare il tutto andando a razionalizzare il concetto di passione, ostentando un’astratta cerebralità intellettuale. Come se l’amore fosse argomento da salotto.

Blaise Pascal disse “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce” come a voler alzare un muro tra mente e cuore, tra ragione e sentimento.
Amare il Napoli è la consapevolezza che alzarsi il lunedì mattina per andare a lavoro è meno duro quando hai vinto, farsi ore di traffico e passarne altrettante al freddo per sostenerla dagli spalti o saltare il pasto perché lo stomaco ti si chiude quando si perde. Essere tifosi, amare, vuol dire rinunciare. Fare spazio per qualcosa che nessuno che non condivida lo stesso sentimento potrà mai capire.

Violata la sacralità dei novanta minuti

E invece c’è chi prova a quantificarlo mettendo sul piatto della bilancia il costo del biglietto, l’abbonamento alla pay-tv o la scelta dell’allenatore. Domenica sera, tra il primo e il secondo tempo di Napoli-Milan, c’era chi sfregava le mani, con ghigno compiaciuto, pregustando un’amara dolce sconfitta.

Tanto era il desiderio di poter dire “l’avevo detto”. E non provate a dire che amare è anche questo, perché le storture tossiche con le quali qualcuno convive non sono una giustificazione. C’è chi sceglie di fare il tifo per il Napoli e chi per le proprie idee, proiettando il proprio ego al di sopra dei colori azzurri.

Presumendo di essere in possesso della ricetta vincente. Come se vincere, giocare bene, sia argomento attinente al ruolo di tifoso.
Svilire un sentimento ad una forma di concetto. Ingabbiare l’amore in una prigione in cui il pensiero definito e il senso pratico ne sono gli aguzzini.

Domenica la sacralità dei novanta minuti è stata oltraggiata. Domenica parte di Napoli, la solita, ha perso.

https://youtu.be/vdHfOQMj3CE?si=9EZm-CJRhqK7cNA6
Intervista a Massimo Vignati, curatore Museo Maradona. Iscriviti al nostro canale Youtube.