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Roberto Mancini
Roberto Mancini

L’ex CT della Nazionale Italiana Roberto Mancini, in vista dei suoi 60 anni, si è raccontato in una lunga intervista rilasciata a Il Giornale. Di seguito i tratti salienti dell’intervista:

L’esordio in Serie A con il Bologna e il primo gol 

”Bologna-Cagliari. Avevo 16 anni e nove mesi. Alla quarta di campionato, Bologna-Como 2-2, ancora non avevo 17 anni. Arriva una palla filtrante: esce il portiere, che mi pare fosse Giuliani, e io mi trovo faccia a faccia con lui. Decido di tentare il numero. Faccio il pallonetto. E vedo la palla che scavalca Giuliani, e poi seguo la traiettoria e la vedo entrare in porta e gonfiare la rete, alla fine del campionato feci nove gol. Nove gol negli anni in cui il capocannoniere ne faceva 15. Eravamo in tre suppergiù di quell’età che giocavamo in serie A, non esistevano giocatori così giovani”.

Il passaggio alla Samp e Mantovani

”Sono rimasto 15 anni. Abbiamo raggiunto tutti i record possibili e immaginabili con la Samp, quando giocavo io. È stata la mia vita. Mantovani un presidente meraviglioso. Mise su una squadra incredibile: eravamo uniti, vivevamo tutti per la maglia. Abbiamo vinto uno scudetto, siamo arrivati in finale di Coppa Campioni, 15 anni di vita stupenda. Non posso non citare il direttore sportivo Paolo Borea che dal Bologna mi ha portato a Genova”.

La Lazio con Eriksson

“Anche lì furono tre anni importanti da giocatore. Sette trofei. Dopo aver vinto lo scudetto e la Coppa Italia ho smesso di giocare e ho iniziato a fare l’assistente di Eriksson in panchina per sei mesi, nel frattempo ho preso il patentino d’allenatore”.

Una nuova carriera da allenatore

“Prima la Fiorentina, mi chiamò Cecchi Gori. Uomo straordinario che ha avuto dal calcio e dalla vita molto meno di quanto meritasse. Io ero un allenatore ragazzino, i miei giocatori avevano più o meno la mia stessa età. Poi di nuovo la Lazio, poi in Inghilterra con il Manchester City, che non era lo squadrone di adesso, però lo diventò. E poi l’Inter, che riportai dopo tanti anni a vincere lo scudetto. Ho vinto molto da allenatore: Coppe Italia, Supercoppe, campionati”.

La chiamata della Nazionale

“Per un allenatore diventare CT della Nazionale è il sogno più grande. Si stava realizzando. Luca (Vialli ndr) mi disse di accettare subito. E così feci. Dopo un anno arrivò anche lui. Un’avventura straordinaria condivisa insieme. Il miglior coronamento di un’amicizia unica. Riportare l’Italia dopo cinquant’anni anni sul tetto d’Europa è stata un’emozione indescrivibile”.

Rapporto con Gravina e addio alla Nazionale

”Come le dissi in un’altra intervista, quel saldo rapporto di fiducia che avevo con la Federazione si era reciprocamente incrinato. Mettiamola così: se potessi tornare indietro affronterei tutto in modo diverso. Se io e il presidente Gravina ci fossimo parlati, spiegati, chiariti, probabilmente le cose non sarebbero andate così. Fra noi c’è sempre stato un rapporto basato su una grande stima e dialogo. E la volta che forse era necessario parlare con chiarezza, non è stato fatto. Lasciare la Nazionale italiana è stata una scelta sbagliata che non rifarei”.

L’esperienza in Arabia Saudita

“Personalmente, nonostante le cose non siano andate come avrei sperato, sono soddisfatto. Ho lavorato bene con il gruppo. I ragazzi mi hanno seguito e credo di avere lasciato loro buone basi su cui costruire qualcosa di positivo”.

La possibile chiamata della Roma

”Mi ha fatto piacere leggere che molti tifosi romanisti ne sarebbero stati felici e molti laziali incazzati. Se ci fossero state le condizioni di un bel progetto da portare avanti insieme, avrei risposto di sì”.

Il sogno di tornare in Nazionale

”Appena diventai ct della Nazionale dichiarai i miei due obiettivi: vincere un Europeo e un Mondiale. Vorrei alzare la Coppa del mondo. Ho ancora un conto in sospeso”.


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