I social network sono un buon termometro per misurare la febbre del tifo nonché un efficace strumento per fotografare certe dinamiche. Ve n'è una singolare che dà la cifra di cosa sia attualmente il Napoli inteso come equipe tecnica e società. Quella strana e un po' stravagante ammucchiata che non aspettava altro di osservare l'angelo cadere. Ebbene, anzi male per noi, ieri sera l'alato nunzio-messaggero ha passato un brutto quarto d'ora alla Scala del Calcio visto che è uscito un po' ammaccato dalle mazzate e dalla fisicità degli alfieri nerazzurri. Una sconfitta che non fa malissimo – è nell'ordine delle cose cedere prima o poi il passo – ma che di converso pare aver fatto benissimo all'umore delle tifoserie avversarie che si sono unite in un amorfo conglomerato antipartenopeo (sportivamente parlando) che, al triplice fischio dell'arbitro Sozza, s'è concesso ai baccanali immaginando di aver scrutato chiarissimi segnali di resa. Onirici desideri.

Inter – Napoli è stata or dunque la partita della speranza. Quella altrui di vedere il campionato riaperto. Ma, ci domandiamo, è mai stato chiuso nonostante il distacco importante raggranellato dagli uomini di Spalletti prima del mondiale mediorientale? La risposa è un secco no. A questo giochetto non c'eravamo mai piegati, ben consci dell'importanza del gap aperto ma mai illusi che questo potesse bastare per arrivare fino al traguardo in scioltezza, con il braccio fuori dal finestrino a reggere la sigaretta d'ordinanza e il volume dell'autoradio a palla a sparare canti di gioia estatica.

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Victor Osimhen

Napoli: un'imprevista striscia da sogno

La verità è che il Napoli, nonostante la sconfitta tutto sommato meritata, ha chiuso una striscia pazzesca in cui ha fatto il suo dovere con le medio-piccole ed ha annichilito, a casa loro, sotto gli occhi del pubblico prima in visibilio e poi ammutolito, tutte le avversarie più solide: Lazio, Roma, Milan e Atalanta. Ha capitolato contro la franchigia milanese e attende di ospitare i bianconeri tra le mura amiche per tracciare un bilancio ancor più indicativo. Gennaio è il mese-verità ed era inimmaginabile superarlo a punteggio pieno. La cosa avrebbe significato preparare i festeggiamenti in vista di giugno sin da oggi. E qua tutto siamo fuorché fessi poiché avvezzi a masticare amaro. Un popolo descritto come scanzonato e sognatore è invece quello più realista e pragmatico che esista quando si tratta di pallone e derivati. I piedi ce li abbiamo ben piantati su un plateau di cemento armato, altro che voli perigliosi intorno al sole. L'entusiasmo pre-Qatar non ci ha mai sottratto facoltà di discernimento e lucidità.

Se ci avessero detto, durante la torrida estatate 2022, che gli azzurri, dopo 16 giornate, avrebbero guidato le operazioni con cinque punti sul Milan campione d'Italia, sette sulla Juve regina dei “bilanci allegri” (date a questa immagine il senso che più vi aggrada), otto sull'Inter del riscatto e undici nei confronti delle due romane che ad ogni avvio di campionato debbono lottare per l'iride per poi accontentarsi di una corsa al ribasso fatta di sogni europei minori, ci saremmo fatti una grassa risata. Mentre la guerra degli #A16 impazzava a suon di striscioni, uscite irricevibili ed altre assortite bassezze lessicali, i semi venivano piantati per poi produrre un bellissimo arbusto che non si lascia sconquassare dai venti di Tramontana. Siamo qua, tosti e freschi nonostante la brutta prestazione di San Siro.

Gennaio dirà chi è il Napoli e dove andrà. Senza sperticarci in tabelle e statistiche il girone di ritorno potrebbe sorridere agli Azzurri per come il calendario si svilupperà. La Champions League sarà una dolce afflizione che dovranno affrontare anche Inter e Milan. La Juve avrà la fastidiosissima Europa League (sempre che la Uefa non ritenga si sbatterla fuori per la gestione trotterellante dei conti) coi quei giovedì spezza-preparazione. Insomma, è tutto aperto ed in ballo e l'1-0 di ieri sera deve essere metabolizzato come un necessario sacrificio da scontare in nome delle statistiche. Quel principio dei grandi numeri che tutti citano ma che pochi conoscono. Compreso lo scrivente.

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Uno dei momento chiave del cammino del Napoli in campionato: la girata di testa di Giovanni Simeone con la quale gli azzurri hanno espugnato San Siro

Il Napoli è una forza antisistema e come tale va combattuta

Chiudiamo ritornando al concetto d'apertura: il gaudio magno che serpeggia tra i supporter delle altre squadre, quelle abituate a marchiare a fuoco la Serie A con la loro forza tecnica, economica e storica, dovrebbe dare la misura di cosa è il Napoli in questo momento e di come venga percepito dall'Arno in su dove il calcio italiano alloca titoli, capitali ed onorificenze. Il Napoli è la macchia, il granello di polvere che inceppa l'ingranaggio multimilionario, l'elemento antistorico e anti consuetudinario. La spina nel fianco che rende inconfortevole la comfort zone. La spinta antisistema per eccellenza che il sistema vuole espellere. Chi fino a ieri si torceva preso dai crampi del veleno partenopeo spera di aver trovato l'antidoto salvifico. Una ventata d'ottimismo in un mare di lacrime sostenute da certa stampa.

Quei media che non attendono altro che raccontare la solita tediosa litania. "Yes it's that same old story" cantava Phil Collins in "Inside and Out", un brano "minore" che chiudeva l'epoca d'oro dei Genesis (nessuno s'azzardi a dire che il meglio è giunto negli Anni '80). Ricordate le parole proferite da Stefano Barigelli, direttore della Gazzetta dello Sport? Vi rinfreschiamo i neuroni. “Perché non aprite la prima pagina sul Napoli? - fu chiesto all'esimio professionista dopo la vittoria contro la Lazio - “Se facessimo tutti la stessa pagina sarebbe finita – argomentò Barigelli – Ogni giornale ha la sua storia. Io, tra l’altro, sono romano e sono stato al Corriere dello Sport e ogni giornale ha la sua natura. La Gazzetta risponde soprattutto alle tifoserie di Milan, Inter e Juventus che sono il nostro core business. Oggi col digitale sappiamo benissimo cosa vogliono e chi sono i lettori, poi non significa non riconoscere il lavoro di Spalletti o De Laurentiis e di una squadra simpatica e che gioca un bel calcio”.

L'epitaffio sulla libertà di informazione che si piega alla ragione economica. E il Napoli che vince è anti-economico, inopportuno e fastidioso. Invendibile. La Seria A è terreno arato a strisce verticali? Il Napoli impari ad essere un dito nel sedere all'ordine costituito.


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