Osimhen: Volare correndo
Osimhen quando corre accarezza il terreno perché prova a volare e qualche volta ci riesce.
È chi ha giocato a calcio senza scarpe in infanzia che custodisce gelosamente le scarpe con cui oggi segna goal a raffica.
È quanto Victor Osimhen, ultimo di sette figli, un ragazzo timido dal fare sfrontato, racchiude nello scrigno della sua esistenza di uomo sopravvissuto a sé stesso ed alle gravi perdite familiari, e rimurgina pensando alle giornate in cui attraversava la strada della provincia sperduta di Lagos con delle buste da 3 litri piene d'acqua sigillata in testa, in equilibrio precario come la loro vendita, ed un semaforo che aveva il timer sulla sua vita mentre evitava le macchine che lo smarcavano incuranti. Oggi che Osimhen è il simbolo dello scudetto del Napoli tutta questa storia riportata alla deriva della conquista del successo, assurge al significato di favola coeva.
Un ragazzo che appare bislacco nella sua imperscrutabile serietà, con capacità polmonari insufflate dai respiri nelle cornucopie africane, un misto di esotersmo tra terra e cielo che nel continente nero crea l'essere umano e lo getta nel mondo senza possibilità, ma solo promesse che non si sa chi dovrà mantenere. Chissà quante volte ha ripensato, ora che è tra i bomber più forti del mondo, a quelle giornate avare di contenuto, di fastidiosa arsura e scelte inevitabili.
Lo Eagle Player
Il linguaggio di Osimhen è quello del corpo: ha il fisico del circense, gambe che soppalcano il baricentro, spalle da stampella rettangolare con le braccia che si aprono a totem, e un'allegorico moto ondoso a snodarlo in corse a perdifiato, senza finire con la vista annebbiata.
Autarchico nello spazio aperto, Osimhen si sfibra negli slanci atletici - fenomeno aerobico - scatta come una lince, gambe alte sotto il petto e leve che sferzano le particelle d'aria. A tratti inghiottisce il campo e proietta la coda lunga dell'ombra sul terreno come il baluginio dei suoi colori dentro uno spettro visivo.
Victor è stato l'avanposto offensivo del Napoli con in seno una rabbia agonistica da far spavento per quanto indomita. Un centravanti non di peso - se non quello specifico - che ha sfruttato le volumetrie del suo gioco e del campo senza controindicazioni, usurandosi per la squadra, a volte sorreggendone i fardelli.
Mediante alle sue grazie smodate, il Napoli ha variato le giocate sul lungo e sul corto a campo aperto e trovato un arcigno schiacciatore sulle palle inattive sia a favore che contro. Quando prende quota è un aquila, come l'alias dei nigeriani chiamati Black Eagles (aquile nere), s'inerpica nell'atmosfera e per pochissimi secondi vi rimane sospeso con le gambe a uncino e le caviglie a 45 gradi, sotto quel fuso elongato all'estremo. Basta vederlo correre per apprezzarne l'estetica e la sinuosità, che a volte con la palla al piede quasi si guasta.
Le esperienze "pre-morte", come egli stesso le ha definite, la malaria contratta al primo rientro in Africa dall'Europa, gli infortuni seri e la frattura scomposta dell'orbita oculare nella scorsa stagione, hanno fatto di Victor un super eroe, reale, e la mascherina protettiva è una ferita mobile da brandire per il mondo, per ricordare a tutti cosa significhi scamparla più volte e farsi paladino sportivo del popolo.
Sortilegio napoletano e tanti gol
Osimhen è unanimemente riconosciuto come il centravanti che ha consegnato al Napoli lo scudetto, non solo a suon di goal se non di fervide prestazioni fatte di tenacia, lotta e coraggio, ditanziando predecessori illustri che all'ombra del Vesuvio hanno segnato più di cento goals. Il titolo di capocannoniere, così come fu per Cavani, Higuain e di un solo gol quasi anche per Mertens vale oro, dal momento che il campionario di reti spesso consecutive ha sbaragliato la concorrenza sin da principio e consacrato il nigeriano come bomber prescelto dal Napoli e dalla Serie A per applicare la legge del goal.
Vive nel campo come un tuono, quando vuole sa fare tremare la terra. La sua grandezza è facilmente denotabile nell'ambito del rettangolo di gioco soprattutto per il reparto offensivo dove si consuma per la squadra, corre in orizzontale e in verticale, fa da perno sui trascinamenti del centrocampo verso l'alto, si muove con celerità sui repentini cambi di fronte e fa da boa per i compagni che lo attraccano in area.
In Francia e Germania dicevano che sapesse solo correre più veloce della palla, ma oggi la musica Osimehniana non ha più note stonate. La caratteristica peculiare di Osimhen è attaccare lo spazio libero a palla scoperta sui 40-metri e superare i difensori in velocità, ma eccelle nel tiro dritto per dritto sempre sullo scatto, e anche in quello di diagonale, ma soprattuto sa segnare nel gioco aereo.
E' abile a scambiare di prima anche con tocchi di pregevole fattura, si stappa come una bottiglia per andare ad accaparrarsi palloni verso la linea di fondo campo e fa spesso la mezzaluna guardando la palla per poi andarla ad accalappiare nella profondità scavata dai lanci lunghi di difensori e centrocampisti. E'un Terminator di testa, bravissimo ad impattare la palla in cielo, regale nel direzionarla anche se preferisce colpirla sul salto lungo più che in avvitamento; nell'ultima stagione ha maturato un invidiabile senso della posizione rispetto alla cadenza di alcuni palloni eplosivi ed è un mattatore indissolubile nell'ultimo quadrante dell'area di rigore, quando appena vede la porta scaglia saette da buttarla giù seppur sbilenco col corpo.
Victor ha costruito un 'ensamble' tutto nuovo di possibilità di offendere prima d'egli inesistenti, con quello sbracciare istrionico, i plateali corpo a corpo nei duelli in corsa, i contrasti leoncini, le botte subite e le giocate di un sensazionalismo singolare. Nei primi tempi taglia il campo a ripetizione, controlla continuamente i posizionamenti avversari, si defila poi ritorna verso il centro nevralgico dell’azione, e ne esegue lo svolgimento; altre volte getta le gambe in cielo sopra la testa e lascia pensare che sia una cosa normale, poi va in scivolata, si rialza e corre; si risistema con il corpo e va a difendere. Sembra ancora un bambino che gioca a calcio, pensando di star correndo a piedi scalzi per non farsi male le piante, vola sul prato con intrascurabile lievità.
I numeri di Osimhen
25 Goal in Campionato, 32 in Stagione in tutte le competizioni (nazionale compresa), un goal ogni 100 minuti; una precisione poco minuziosa sui tiri dai 30 metri che non trova ampio bersaglio, con appena il 51% dei gol refertati rispetto ai tiri eseguiti.
Ha segnato 16 volte di destro 2 volte di sinistro e 7 di testa; tutti e 25 i Goal realizzati in campionato sono stati marcati dentro L'aria di rigore.
Ha completato 25 dribbling ed è cascato per 31 volte nella trappola del fuorigioco. Sono 4 gli assist messi a disposizione dei compagni su un totale di 345 passaggi precisi al 70%, con una media di 12 passaggi a partita. Ogni trenta palloni che tocca fa un gol e quando è andato in fascia ha crossato 19 volte con una precisione del 15% per l'accogliente.
Ha totalizzato quattro infrazioni da cartellino giallo sul 39 falli totali commessi e ne ha guadagnati 36; ha vinto 10 contrasti di cui il 60% nell'altra campo contendendo 308 palloni con una percentuale di vittorie dei contrasti del 43%. Ha battagliato nel gioco aereo con il 55% dei duelli vinti e chiuso 29 palloni sulle traiettorie innescate dagli avversari, con un tiro respinto e 6 palle totali recuperate.
Osimhen ha scelto il posto più difficile per vincere, ma essendoci riuscito ora gli sarà tutto più facile, planando nell'olimpo del calcio.