Quante volte abbiamo sentito Spalletti parlare del grande valore umano del gruppo che allena? Il mister non perde mai occasione per rimarcare la bontà dei suoi ragazzi e quanto questi siano sensibili a fattori esterni, pensiamo ad esempio allo sciopero del tifo che ha coinvolto le due curve qualche settimana fa. Certo lo fa per tessere lodi che vanno oltre le capacità puramente tecniche della squadra, ma in qualche circostanza ha fatto intendere come questa emotività abbia inciso negativamente in qualche prestazione non proprio all’altezza.

Sia chiaro, non stiamo cercando il pelo nell’uovo in una stagione da ricordare, ma adesso che si è ad un passo dal tricolore crediamo che, oltre ai doverosi tributi, si possano analizzare quei punti su cui lavorare per migliorarsi in vista delle prossime stagioni.

Il Napoli ha approcciato al mese di aprile a corto di energie mentali, piuttosto che fisiche, scarico dal punto di vista delle energie nervose, pagando questo deficit in Champions e rimandando la festa scudetto, non andando oltre il pareggio nell’ultimo impegno casalingo con la Salernitana. Battute d’arresto che in fondo si sarebbero potute comunque evitare con un briciolo di malizia, quella cazzimma di cui spesso si sente parlare e che non sembra proprio appartenere alla compagine azzurra.

Servirebbe quel briciolo in più di cattiveria agonistica che ti fa stendere l’avversario a centrocampo per evitare una ripartenza e che ci è mancata nel doppio confronto europeo col Milan, ma anche in occasione del gol di Dia domenica scorsa, quando Osimhen non è riuscito a fermare il collega senegalese che lo aveva superato con un irridente tunnel.

Se ripensiamo alla finale dell’Europeo vinta dall’Italia non possiamo non ricordare un’immagine che è diventata iconica, la trattenuta di Chiellini ai danni di Saka. Un intervento plateale del difensore che, una volta superato, ha preferito pagare col giallo piuttosto che rischiare una ripartenza a campo aperto. Piccoli particolari che spesso fanno la differenza e che il Napoli ha puntualmente pagato nell’ultimo mese, nonostante prestazioni poco brillanti, ma comunque sempre all’altezza.

Sappiamo dell’esistenza di un regolamento interno, voluto dai vertici societari, in cui si esige un’etica comportamentale in campo rara di questi tempi. Infatti, quasi mai abbiamo assistito, da parte di Di Lorenzo e compagni, ai fastidiosi capannelli che accerchiano il primo ufficiale in occasione di decisioni arbitrali discutibili e lo stesso Spalletti, anche davanti alle telecamere, ha sempre evitato la polemica. Cosa che non si può dire di altri suoi colleghi, sempre pronti a presentarsi davanti alle telecamere per recriminare al minimo torto subito e qualche volta anche per nulla.

Ma se da un lato questo atteggiamento è assolutamente apprezzabile e merita un plauso, il rovescio della medaglia va ricercato in quei momenti dove non sempre si può essere superiori all’avversario al punto da rinunciare alla giusta dose di malizia per portare a casa il risultato. Una qualità, se così si può chiamare, che ancora non appartiene ad un gruppo che probabilmente paga anche la giovane età di alcuni dei suoi principali interpreti o che ha preferito puntare esclusivamente sul gioco, anziché ricorrere a certi mezzucci.

Come sempre riteniamo che il giusto vada ricercato nel mezzo, nella capacità di coniugare più aspetti, di non tralasciare il minimo particolare e avere l’intelligenza di adeguarsi ad un sistema che non esclude questa componente. Visto che spesso ci si ritrova ad affrontare squadre che fanno del fallo sistematico una propria caratteristica o arbitri che permettono un gioco oltremodo maschio.

Ma siamo convinti che mister Spalletti e il suo staff siano perfettamente a conoscenza di questo punto e delle opportunità sulle quali concentrare il loro lavoro per un Napoli sempre più forte. Anche perché come diciamo da queste parti “buoni si, ma fessi no”.