Alex Meret: la solitudine dei numeri uno
In una partita manifesto per il calcio moderno, capace di condensare tutta l’amara dolcezza che questo sport secerne, con due squadre che si sono affrontate a viso aperto, ma pur sempre nei limiti di un diligente spartito tattico, stridono le accuse ad Alex Meret per non aver impedito che la saetta di Valverde risultasse indigesta al popolo azzurro. Con gli dei del calcio a strizzare l’occhio ai fuoriclasse del Real, premiandoli oltre i loro meriti, considerando anche la melina finale non degna dei Galacticos.
La chiamano la solitudine dei numeri uno, quella di essere un corpo estraneo e allo stesso tempo indispensabile ai fini del gioco. Un ruolo troppo spesso chiacchierato, sarà perché sconosciuto ai più, visto che sin da piccoli era quello affidato al meno capace del gruppo. Diciamocela tutta, nessuno che si affacci a questo sport sogna di fare il portiere, con tanti professionisti che oggi ammettono di aver iniziato giocando in avanti per poi ritrovarsi a difendere i pali. Lo stesso Buffon divenne portiere pochi anni prima del suo esordio, anche lui che se non il più forte è di diritto tra i primi tre estremi difensori della storia. Forse ieri ci sarebbe stato bisogno di un suo prodigio per evitare quella rete, perché chiamatela come vi pare: prodezza o miracolo, era l’unica maniera per alzare quel pallone sopra la traversa.
Eppure nell’arco dell’incontro era stato il collega spagnolo l’autore di un maldestro intervento grazie al quale il Napoli, con Ostigard, aveva sbloccato la partita, ma per qualcuno oggi più che le magie di Vinicius e Bellingham, trova in Meret il capro espiatorio, il colpevole per non essere riusciti a portarsi a casa almeno un punto.
Ma Alex ormai è abituato, da rappresentante della scuola friulana, sa come non lasciarsi scalfire da certe insinuazioni, dopo una stagione che lo ha visto protagonista dello storico scudetto con una spada di Damocle pronta a trapassarlo sin dai primi minuti della passata stagione. Sarà che paga l’essere un ordinario in un mondo fatto di eccessi, senza tatuaggi e particolari vezzi, una compagna che non sembra appena uscita da un set fotografico, una vita social priva di ostentazioni. "Non parla", si mormora. Ma poi si viene a scoprire che fa parte di quella lista di calciatori che hanno peso nello spogliatoio e che conferiscono col mister.
Oggi Meret paga il non essere riuscito a essere straordinario, sia dentro che fuori dal campo, a non essere uno che si vende alla platea, andando magari ad enfatizzare un tuffo, ma rimanendo sempre pulito, essenziale, nel gesto tecnico. Cose che ti insegnano a scuola calcio, lui che è stato uno studente modello e che tutti i suoi preparatori definiscono un top del ruolo.
Ma forse, sì, gli manca il “miracolo”. Quell’intervento impossibile, fatto al momento giusto, che sposta le sorti di una partita. Come quando a Milano, l’anno scorso, evitò di capitolare su Giroud, anche se poi alla fine gli onori andarono tutti alla splendida girata di cabeza del Cholito Simeone. La verità è che Meret non piace ai più, convinti che un qualsiasi altro numero uno della Serie A sarebbe capace di sostituirlo senza battere ciglio, con qualcuno che addirittura gli avrebbe preferito già Caprile. Sarà quella faccia pulita da bravo ragazzo, un fisico all’apparenza minuto, il non avere la stessa empatia di altri suoi predecessori, ma sta di fatto che su di lui ci sarà sempre uno sguardo critico e accusatorio.
Sia chiaro: quello del portiere è un ruolo dove poter intervenire andando ad alzare il livello, ma oggi chi potrebbe dare maggiori garanzie? Portieri ben più quotati, come Donnarumma e Onana hanno spesso fatto parlare di se per partite non impeccabili, con errori marchiani, questo per far capire quanto sia ingrato il ruolo di ultimo baluardo.
“Gli altri giocatori possono sbagliarsi di brutto una volta o anche di più, ma si riscattano con una finta spettacolare, un passaggio magistrale, un tiro a colpo sicuro: lui no. La folla non perdona il portiere. E’ uscito a vuoto? Ha fatto una papera? Gli è sfuggito il pallone? Le mani di acciaio sono diventate di seta? Con una sola papera il portiere rovina una partita o perde un campionato, e allora il pubblico dimentica immediatamente tutte le prodezze e lo condanna alla disgrazia eterna. La maledizione lo perseguiterà fino alla fine dei suoi giorni.”
Eduardo Galeano